Come andare a lavorare in Portogallo: documenti, burocrazia e professioni più richieste

Claudio Garau

24 Novembre 2021 - 12:30

Il Portogallo offre interessanti opportunità ma prima di partire, occorre sapere quali sono i documenti da avere e gli step burocratici da rispettare. Ecco alcuni dettagli essenziali.

Come andare a lavorare in Portogallo: documenti, burocrazia e professioni più richieste

Forse non tutti sanno che il Portogallo oggigiorno è una delle mete più ambite dagli italiani, e non soltanto per motivi di ordine turistico. In tanti si recano in questa terra per ragioni di opportunità, legate allo studio o al lavoro.

In considerazione della popolarità del Portogallo negli ultimi anni, appare opportuno dare qualche utile informazione in merito all’iter da compiere per andare a lavorare in modo stabile da quelle parti.

Quali sono i documenti da possedere? Quali gli adempimenti burocratici? Quali invece i settori lavorativi in cui gli italiani possono avere più chance di inserirsi e vivere in Portogallo? Vediamolo di seguito.

Come andare a lavorare in Portogallo: il contesto di riferimento

Come accennato, i motivi che suscitano l’interesse dei nostri connazionali non mancano. Oggi andare a lavorare in Portogallo conviene per una serie di motivi.

Il Portogallo è una democrazia parlamentare con un presidente e una sua costituzione, uno Stato che ha molto da offrire e che ultimamente è stato meta di consistenti flussi migratori da tutto il continente, non solo dal nostro paese. Ma cos’è che piace effettivamente di questa terra?

Ebbene, ciò che attira gli italiani è il basso costo della vita e un regime fiscale molto più favorevole che da noi, non solo per quanto riguarda gli stipendi ma anche per quanto attiene alle pensioni. Inoltre, ha rilievo anche il clima, che è generalmente mite tutto l’anno, mentre le bellezze paesaggistiche ed artistiche del paese non sono poche.

Tradizionalmente conosciuto per il mare, il Portogallo ha anche molte aree interne di oggettivo fascino, con siti d’interesse storico-culturale, città dalla ricca storia, castelli, opere architettoniche notevoli e reperti archeologici degni di nota.

Proprio con riferimento alle pensioni, negli ultimi tempi, si è avuto un considerevole incremento dei pensionati italiani trasferitisi in Portogallo. In effetti, la detassazione della pensione, se ricorrono specifiche condizioni, è un beneficio che non è passato inosservato, ma c’è anche il fattore rappresentato dall’assistenza sanitaria gratuita in strutture dallo standard di qualità proporzionato a quello degli altri Stati europei.

Andare a lavorare in Portogallo certamente offre
vantaggi sia dal punto di vista economico, che per lo stile di vita più tranquillo e rilassato. Non a caso, il popolo portoghese è conosciuto per sua cordialità, gentilezza e ospitalità verso i forestieri.

Insomma, gli elementi per considerare l’ipotesi del trasferimento in Portogallo, di certo non mancano. Ma è necessario fare chiarezza circa documenti da possedere e adempimenti burocratici da rispettare, onde non farsi trovare impreparati nel caso si decida davvero di andare a vivere in terra iberica.

Andare a lavorare in Portogallo: lingua, documenti e burocrazia, ecco cosa serve sapere

Anzitutto colui che vuole partire per andare a vivere e lavorare in Portogallo, deve ricordare che per inserirsi stabilmente da quelle parti, è auspicabile almeno avere una conoscenza base della lingua portoghese. E ciò per un motivo molto semplice: in questo paese l’inglese non è molto diffuso. Questo fattore è molto importante perché permette di relazionarsi con gli abitanti del luogo fin dall’inizio e di completare con minori difficoltà l’iter burocratico necessario al trasferimento.

Ecco perché è molto utile frequentare un corso di lingua portoghese prima della partenza dal nostro paese. In alternativa, è auspicabile iscriversi ad un corso di lingua subito dopo essere arrivati in terra iberica.

Ma per chi volesse andare a vivere in Portogallo, è opportuno sapere qual è la documentazione necessaria per trasferirsi.

Sul piano della burocrazia e dei documenti, il Portogallo è uno dei paesi UE, perciò il cittadino italiano che intende andare a lavorare da quelle parti deve avere con sé un valido documento di riconoscimento, mentre per il lavoro non è richiesto un vero e proprio visto.

Gli italiani sono liberi di trasferirsi e cercare lavoro in Portogallo, ma devono ottenere una serie di documenti se il soggiorno supera i tre mesi. Insomma, chi intende lavorare in Portogallo, e dunque vivere stabilmente da queste parti, dovrà seguire la trafila burocratica del paese, che implica quanto segue:

  • segnalazione della propria residenza al Servicio de estrangerios e fronteiras (Sef), dopo i primi tre mesi di permanenza in Portogallo. Per la registrazione al Sef non va esibito alcun documento ad hoc, essendo in possesso della cittadinanza europea, ma basta soltanto rendere nota la propria presenza in terra iberica;
  • richiesta del NIF, ossia il codice fiscale portoghese per stranieri e che l’interessato potrà fare in ogni ufficio della finanza portoghese, avendo con sé passaporto o carta d’identità. In un primo tempo il NIF è provvisorio, ma dopo aver preso la residenza, diverrà definitivo con il nuovo indirizzo in terra portoghese. Il NIF è necessario per lavorare, avere un reddito, sottoscrivere un contratto di locazione, per pagare le tasse e i contributi;
  • richiesta del cd. documento di residenza, presso il Comune nel quale è situata la nuova abitazione. Per ottenerlo, l’interessato deve però sapere che saranno obbligatori i seguenti documenti: il citato NIF (provvisorio); la carta d’identità o passaporto; un contratto d’affitto registrato; documenti comprovanti la capacità di mantenersi in Portogallo e/o l’iscrizione al IEFP, ossia il servizio pubblico di impiego nazionale; un utenza a nome del richiedente (ad es. bolletta del gas);
  • domanda di iscrizione all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) in Portogallo. Per effettuare l’iscrizione all’Aire occorre aver con sé la carta di identità, compilare un modulo ad hoc con i propri dati all’ufficio del Consolato italiano e esibire la prova della nuova residenza.

Inoltre, l’italiano che intende andare a vivere e lavorare in Portogallo, deve ricordare di aprire quanto prima un conto corrente portoghese. Come al solito, in questo campo è opportuno valutare le offerte di più banche al fine di individuare quella più opportuna per le proprie esigenze.

Andare a lavorare in Portogallo: quali sono le professioni più richieste?

Il punto iniziale per la ricerca del lavoro in Portogallo è rappresentato dal centro per l’impiego (Centre de emprego Portugal), che si trova in quasi tutte le città. La struttura dà informazioni e dettagli sulle tipologie di lavori ricercati e su possibili corsi professionali da frequentare, per incrementare le possibilità di trovare un impiego. Ovviamente è attivo anche il sito web del centro per l’impiego, i cui contenuti in lingua portoghese, possono essere facilmente tradotti con le moderne tecnologie.

Non stupisce affatto che i settori lavorativi più gettonati, anche per gli italiani che scelgono di andare a lavorare in Portogallo, siano quelli del turismo e della ristorazione. Molto note le località dell’Algarve e le grandi città come Lisbona e Porto, in cui non è così difficile trovare un impiego come cuoco o cameriere.

Ma se ci si chiede quali sono altri settori in cui non mancano opportunità lavorative, ecco di seguito quali sono: informatico-elettronico, industriale, farmaceutico, logistica, petrolchimico e agricolo. Inoltre, proprio a causa dell’incremento del numero dei pensionati, che scelgono di vivere in Portogallo per il clima e la minor pressione fiscale, sono interessanti altresì le offerte di lavoro per operatori socio-sanitari (OSS) e infermieri.

Certamente aver ottenuto una laurea potrebbe garantire maggiori chance di ottenere un impiego fisso e ben retribuito, considerato anche che in Portogallo il livello degli stipendi è medio-basso. Quest’ultimo elemento è però compensato dal fatto che in terra iberica il costo della vita è inferiore rispetto all’Italia.

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