Come difendersi dalla volatilità del momento, costruendo un portafoglio a prova di crisi. Alcuni gestori di importanti case d’affari provano a creare portafogli equilibrati, in grado di resistere a eventuali nuovi shock sui mercati
La volatilità di inizio anno non è poi così tanto lontana da quella fatta registrare nel periodo di crisi più acuta del 2008, quando lo scoppio della bolla dei mutui subprime e il crack di Lehman Brothers misero in ginocchio milioni di investitori in tutto il mondo. Costruire un portafoglio finanziario equilibrato, in grado di resistere alla volatilità estrema nelle fasi di maggiore turbolenza, è un esercizio molto complicato e di solito appannaggio soltanto di pochi esperti di money management.
La maggior parte dei gestori di fondi di investimento sono concordi sul fatto che i picchi di volatilità torneranno a scuotere i portafogli degli investitori, con pericolose ricadute sui rendimenti nel caso in cui non fosse stato realizzato un adeguato paracadute d’emergenza. A tal proposito qualche money manager di grande talento, che ha vissuto in prima persona esperienze in tempi di crisi, ha provato ad elaborare precise strategie di risk management per evitare di farsi sopraffare da eventuali nuove ondate di panic selling. Come sempre il segreto sta nella diversificazione degli asset.
Intervistato da CorrierEconomia, il responsabile investment management di Banca Aletti, ovvero Generoso Perrotta, ha suggerito un all’allocazione delle risorse con approccio multi-asset che prevedesse, in chiave tattica, una buona diversificazione valutaria. L’esperto è convinto che almeno un 30% del portfolio deve avere un’esposizione long sull’azionario europeo, che dovrebbe essere favorito dal proseguimento della politica monetaria ultra-espansiva della BCE (pronta a tagliare ancora il tasso sui depositi e a rafforzare il piano di QE). L’investimento in equity potrebbe poi comprendere il Giappone e gli Stati Uniti.
Per quanto riguarda i singoli settori, il consiglio di Perrotta, ma anche di altri money manager, è quello di puntare sui titoli ciclici e sugli industriali, che dovrebbero garantire buoni ritorni sotto forma di dividendi. Alla Ersel, invece, ritengono che l’esposizione sull’azionario non dovrebbe andare oltre il 20% (per lo più destinata ai paesi sviluppati), mentre una buona fetta del portafoglio dovrebbe essere riservata all’obbligazionario, in particolare i tassi a breve termine di emittenti con buon rating. Una quota del 25-30% potrebbe riguardare, infine, gli asset alternativi.
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