Gli aspiranti poliziotti potranno avere giustizia: il ricorso al TAR contro il cambiamento dei requisiti concorsuali ammette la pronuncia della Corte costituzionale. Possibile lo scorrimento della graduatoria.
Decisione storica del TAR Lazio riguardo al concorso pubblico per 893 agenti di Polizia: cambiare i requisiti di ammissione in corso di scorrimento della graduatoria potrebbe essere incostituzionale. Per questo i giudici amministrativi hanno ammesso il coinvolgimento della Corte costituzionale.
Una pronuncia significativa che finalmente rende giustizia a tutti quei partecipanti esclusi a posteriori per superamento del limite di età o mancanza del diploma di scuola superiore, nonostante avessero ottenuto un buon punteggio nella prova scritta.
Infatti il Dl Semplificazioni ha cambiato i criteri di selezione dei candidati in maniera retroattiva, “tagliando le gambe” a moltissimi aspiranti poliziotto.
Una norma irragionevole e lesiva del principio di certezza del diritto, nonché contraria al principio meritocratico sul quale si fonda la Pubblica Amministrazione.
Agenti di Polizia, sul ricorso si esprimerà la Corte Costituzionale
A causa della palese ingiustizia della decisione del Governo, tantissimi partecipanti hanno deciso di aderire al ricorso al TAR.
Per giungere ad una decisione ci sono voluti quasi due anni, anche a causa dei rinvii e delle sospensioni dovuti all’emergenza coronavirus. Ma l’attesa è stata ripagata.
La Sez. I-Quater del TAR Roma (Presidente Mezzacapo e Relatore Andolfi) ha dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità dinanzi ai giudici costituzionali, in quanto la modifica dei requisiti in itinere violerebbe gli articoli 3 (uguaglianza dei cittadini davanti alla legge) e 97 (buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione) della Carta costituzionale.
“E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 11 febbraio 2019, n. 12, che ha modificato, in sede di conversione, l’art. 11, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, introducendo il comma 2 bis, con specifico riferimento alla lett. b), nella parte in cui stabilisce che si procederà all’assunzione dei soggetti risultati idonei alla prova scritta d’esame del concorso pubblico per l’assunzione di 893 allievi agenti della Polizia di Stato secondo l’ordine decrescente del voto in essa conseguito “purché in possesso, alla data del 1 gennaio 2019, dei requisiti di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, nel testo vigente alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2018, n. 145, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 2049 del citato codice dell’ordinamento militare” per violazione degli artt. 97 e 3 Cost (1).”
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Ripercorriamo la vicenda nelle sue parti fondamentali: dal bando di concorso al cambiamento dei requisiti che ha impedito il regolare scorrimento della graduatoria.
Nel 2017 il Ministro dell’Interno aveva bandito un concorso pubblico per l’assunzione di 893 allievi agenti di polizia, e tra i requisiti per partecipare comparivano titolo di terza media ed età inferiore a 30 anni.
Tuttavia, dopo lo svolgimento della prova scritta e la formazione della graduatoria, il Governo ha deciso di cambiare le carte in tavola, modificando i requisiti concorsuali in maniera retroattiva. Con il decreto Semplificazioni venne disposto lo scorrimento della graduatoria finalizzata all’assunzione di 1851 agenti ma con nuovi requisiti: diploma di scuola superiore ed età non superiore a 26 anni.
In questo modo molti dei partecipanti non soddisfacevano più i requisiti concorsuali e sono stati “scavalcati” da chi aveva ottenuto un punteggio inferiore.
Finalmente le autorità hanno accolto le doglianze e riconosciuto l’irragionevolezza e, soprattutto, l’ingiustizia del cambiamento ex post del limite di età e titolo di studio.
L’ultima parola spetta alla Corte costituzionale, ma i fatti di questi giorni fanno ben sperare in una pronuncia favorevole ai candidati.
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