Uno studio sul coronavirus pubblicato sulla rivista Nature Medicine rivela che si è contagiosi già 2-3 giorni prima della comparsa dei sintomi caratteristici.
Si diventa contagiosi già qualche giorno prima della comparsa dei sintomi: ad affermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine che aggiunge un dettaglio inquietante su ciò che sappiamo sul coronavirus.
La contagiosità in fase pre-sintomatica sarebbe uno dei fattori che contribuisce alla rapida diffusione del virus, visto che chi non sta male tende a muoversi più in tranquillità.
La ricerca potrebbe avere risvolti importanti sulle modalità di isolamento dei pazienti infetti e in generale sull’intero meccanismo delle misure restrittive.
Coronavirus, contagiosi prima dei sintomi: lo studio
Una delle caratteristiche che stanno rendendo il coronavirus un avversario ostico da battere è la sua elevata contagiosità e la sua rapida diffusione. Questa secondo studio condotto dal team di Eric Lau dell’Università di Hong Kong, Centro collaboratore dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’epidemiologia e il controllo delle malattie infettive, potrebbe essere favorita anche dal fatto che i pazienti siano contagiosi già prima della comparsa dei sintomi della COVID-19.
Sì, perché secondo quanto rivelato dalla ricerca pubblicata su Nature Medicine si è contagiosi 2-3 giorni prima, quindi si contribuisce a diffondere il virus facendo meno attenzione ai propri comportamenti.
I ricercatori hanno analizzato 94 tamponi e hanno potuto verificare che la carica virale più alta si riscontri all’inizio dei sintomi. Tuttavia, modellando i profili di infettività di 77 coppie di trasmissione, ogni coppia formata da due pazienti infetti e un legame epidemiologico (uno dei due aveva avuto elevate probabilità di aver infettato l’altro), si è visto che la contagiosità precede di 2 giorni e mezzo la sintomatologia. Il picco della stessa arriverebbe 0,7 giorni prima della manifestazione della malattia e andrebbe scemando nei successivi 7 giorni, riducendosi notevolmente.
L’impatto sulle misure di isolamento
La scoperta del team di Lau può rivelarsi fondamentale per ricalibrare le misure di controllo e di isolamento degli individui. L’efficacia delle restrizioni risentirebbe altamente di questo fattore, considerando che vengono attuate spesso con sintomi evidenti. Per il tracciamento dei contatti inoltre si dovrebbe risalire a diversi giorni prima.
Il 44% dei casi secondari è stato infettato durante la fase pre-sintomatica secondo lo studio, che però presenterebbe diversi limiti. Uno di questi è il ritardo nel riconoscimento dei sintomi che potrebbe aver influenzato la raccolta dei dati e le conseguenti conclusioni. L’intento dello studio era quello di mettere in luce l’esistenza “un periodo finestra” in cui un paziente è già contagioso anche se non sa di essere malato.
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