La Corea del Sud ha bloccato rapidamente la seconda ondata di contagi da coronavirus: ecco come ha fatto e il rigoroso metodo applicato.
La Corea del Sud blocca la seconda ondata di contagi, avvenuta dopo una settimana dall’allentamento delle misure restrittive, fornendo un caso unico: la notizia di un nuovo aumento del numero di infetti aveva destato preoccupazioni nelle scorse settimane, a seguito anche dei zero casi raggiunti a fine aprile.
Il timore di una nuova epidemia nel Paese era concreto e reale, eppure la Corea del Sud è riuscita a evitare che il virus si diffondesse nuovamente in tutto il territorio. Ecco come.
Corea del Sud: bloccata nuova ondata di contagi
Dopo il verificarsi di nuovi casi di contagio, il governo sudcoreano in poco tempo è riuscito a individuare il nuovo paziente zero all’origine del focolaio: un ragazzo di 29 anni positivo al coronavirus che a Seul aveva contagiato diverse persone dopo essere stato in alcuni locali notturni durante il primo weekend di maggio. Il 9 maggio nella capitale si erano registrati addirittura 89 nuovi casi.
Secondo i dati rivelati dal Corriere della Sera, l’efficace intervento del governo pare abbia portato a una riduzione dei casi di contagio già a partire dal 18 maggio. I positivi sono tornati a scendere a circa una decina al giorno nel giro di poco tempo. Per farlo le autorità sono ricorse nuovamente al cosiddetto “modello Corea”, ovvero la combinazione di strategie di controllo con tamponi a tappetto sulla popolazione e l’applicazione di un sistema di tracciamento capillare e rigido sui contagi.
Sistema di tracciamento: i 7 strumenti per bloccare il virus
Per quanto riguarda il sistema di tracciamento, sono stati in particolare 7 gli strumenti a cui la Corea del Sud ha fatto ricorso per sventare un’altra massiccia ondata di contagi:
- Chiusura dei locali: una volta identificato il ragazzo infetto e i luoghi da lui visitati, il sindaco di Seul ha disposto di chiudere immediatamente tutti i luoghi di ritrovo della città, come bar e discoteche;
- SMS governativi: sono stati inviati messaggi a tutta la popolazione: i cittadini venivano esortati, qualora si fossero trovati tra il 30 aprile e il 5 maggio nei club o nelle vicinanze dei locali frequentati dal “super diffusore”, a sottoporsi gratuitamente al tampone anti-coronavirus, compreso chi non aveva riscontrato alcun sintomo;
- Massiccio tracciamento degli individui che avevano avuto contatti diretti con il nuovo paziente zero. Attraverso la ricerca dei cittadini che avevano frequentato il ragazzo positivo tra la fine di aprile e i primi di maggio, le forze dell’ordine e le autorità sono risalite all’identità di 46mila soggetti. Sottoposti tutti quanti a test, sono stati scoperti 160 nuovi contagiati;
- Registro dei clienti nei locali: in questa situazione di emergenza, bar e discoteche a Seul richiedono ai loro frequentatori di lasciare dati personali e informazioni di contatto prima di entrare nei locali, di cui si possono servire le forze dell’ordine per effettuare eventuali controlli;
- Collaborazione tra polizia e compagnie telefoniche: le forze dell’ordine hanno richiesto alle compagnie telefoniche di ottenere i dati dei cellulari e confermare chi si trovasse nel quartiere da cui è partito il contagio quel fine settimana. La polizia ha fatto ricorso inoltre a interviste, localizzazioni GPS e registrazioni di carte di credito;
- Uso del sito governativo: una volta ottenute abbastanza informazioni sono stati pubblicati sul sito ufficiale del governo tutti i dati, in forma “anonima”, affinché i cittadini potessero verificare di essere o meno a rischio contagio;
- Azione congiunta delle app di tracciamento. Quando le persone raggiungono i 100 metri da un luogo visitato di recente da una persona infetta, viene loro inviato un avviso di allarme. Il sistema consiglia inoltre agli utenti anche i percorsi più sicuri per andare a lavoro.
Tuttavia se da un lato questa serie di misure di controllo sta permettendo pian piano alla Corea di fronteggiare l’epidemia e ritornare nuovamente a una situazione di zero contagi, dall’altro sono evidenti i problemi legati alla privacy di questo modello di tracciamento. L’ingerenza governativa nel privato dei cittadini per certi versi appare estrema.
Inoltre si corre spesso il rischio di criminalizzare chiunque si scoprisse positivo al virus. L’app Corona 100 m, ovvero il sistema di tracciamento utilizzato nel Paese, è anonima eppure non è difficile rintracciare precisamente l’identità dei positivi segnalati. Sui social inoltre non è passato troppo tempo prima che del 29enne super diffusore si conoscessero nome e cognome.
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