Il presidente dell’associazione medici pediatri Paolo Biasci, lancia l’allarme sulle procedure attuali per l’effettuazione dei tamponi. Inoltre, indica i sintomi dei bambini per cui si deve ricorrere al test.
Il presidente della Federazione italiana medici pediatri, Paolo Biasci, lancia subito un allarme sui tempi troppo dilatati per la rilevazione della positività al coronavirus. L’illustre pediatra sostiene che cinque giorni sono decisamente troppi, riferendosi al tempo che intercorre tra la richiesta di tampone e l’esito dello stesso. Il sistema, così non può funzionare, è una grave falla a livello organizzativo che rischia di bloccare l’Italia.
In questo arco temporale, afferma Biasci, i genitori sono costretti a restare fermi con i figli in casa, salvo poi scoprire che il risultato del tampone è negativo. “E’ inaccettabile, le Regioni devono impegnare più risorse per l’effettuazione rapida dei tamponi”.
Il presidente della Fimp, fornisce un’indicazione precisa su un caso in cui si deve ricorrere al tampone per testare l’eventuale positività al COVID-19 di un bambino. Dopo aver criticato la lentezza del percorso dei tamponi, Biasci individua come sintomo di contagio anche un naso che cola, per cui il tampone va effettuato anche in questo caso.
In linea generale, Paolo Biasci indica che sintomi come la febbre, la tosse, la cefalea, i dolori muscolari e un forte raffreddore, possono essere ricondotti ad una positività al coronavirus. Nell’intervista concessa a Repubblica, il presidente dei medici pediatri evidenzia come non basta uno starnuto per allarmare gli insegnanti, è necessario riscontrare del muco e una congestione nasale. La gastroenterite è un altro sintomo di contagio al COVID-19, ma Biasci tiene a precisare che non basta un singolo episodio di diarrea o vomito per confermarla.
Biasci insiste sulla tempestività degli interventi. Se i sintomi sono tali da lasciar pensare di essere correlati a un caso positivo di coronavirus, il tampone va richiesto celermente, diversamente, il rischio è di peggiorare la condizione eventuale di positività del soggetto. Anche se i sintomi scompaiono dopo pochi giorni, il test va comunque effettuato, anche perchè, se così non fosse, il medico non può autorizzare il ritorno a scuola dell’alunno, in quanto non può certificare qualcosa non dimostrato, ovvero l’assenza di COVID-19.
Paolo Biasci, aggiunge anche che in presenza di altre patologie “si redige il certificato, dice la nuova circolare del ministero, in quelle situazioni in cui non c’è alcun sintomo di sospetto Covid, perché magari c’è stato un trauma. Sarà fatto nei bambini sopra i 6 anni se l’assenza supera i 5 giorni, e in quelli più piccoli se supera i 3. Ma ci sono regioni, dieci in tutto, che lo hanno definitivamente eliminato”.
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