Coronavirus in Italia: 100.000 contagi, altro che 30.000, spunta uno studio

Anna Maria Ciardullo

19/03/2020

I dati ufficiali dei contagi in Italia sono stati smentiti da uno studio secondo cui in realtà i positivi al coronavirus in tutto il Paese sarebbero oltre il triplo.

Coronavirus in Italia: 100.000 contagi, altro che 30.000, spunta uno studio

Secondo uno studio, le persone contagiate da coronavirus in Italia sarebbero molte di più di quelle dichiarate dalle stime ufficiali.

Il numero attualmente conteggiato supera di poco le 31mila unità totali, tenendo conto di infetti, guariti e defunti, mentre per la ricerca sarebbero in realtà almeno 100.000 gli italiani che hanno contratto la COVID-19.

Coronavirus, in Italia già 100.000 contagi? Lo studio

Gli studi che sostengono la tesi per la quale in Italia ci sarebbero oltre 100.000 casi di coronavirus sono due. Il primo è stato pubblicato da Livio Fenga dell’Istat sul sito MedRxiv ed è basato sui dati relativi ai malati e ai decessi resi noti dai bollettini della Protezione Civile.

L’analisi prende in considerazione le persone che, pur avendo l’infezione, sono asintomatiche, in tutte le 20 regioni d’Italia, stimando che i malati dovrebbero essere almeno 8 volte superiori rispetto a quelli basati sul campione dei pazienti sintomatici.

Lo studio calcola, in via statistica, anche coloro che sono in isolamento a casa, suddivisi regione per regione. Tra l’altro, i dati sono aggiornati al 12 marzo, e fatto salvo il margine d’errore possibile nei calcoli, sia per eccesso sia per difetto, la cifra ad oggi potrebbe essere anche più alta di 100mila. Più presumibilmente, è vicina alle 85mila unità, si legge nella ricerca.

Restituiscono una fotografia interessante anche i dati delle singole regioni, soprattutto le più colpite: in Lombardia, ad esempio, lo studio ipotizza oltre 40.000 contagi, mentre la stima della Protezione civile è di poco più di 16.000.

I veri numeri secondo la fondazione Gimbe

Anche un secondo studio, condotto da Gimbe, è giunto a risultati simili. La fondazione, presieduta da Nino Cartabellotta, ha valutato il livello di gravità e il tasso di letalità del virus nel Belpaese, rilevando che questi ultimi sarebbero stati ampiamente sovrastimati.

Gimbe sostiene che ciò è dovuto al fatto che i tamponi vengono fatti solo ai soggetti sintomatici e ipotizza che siano almeno 70.000 i casi lievi o asintomatici non identificati in Italia.

Perché tali stime sono importanti?

Tenere conto di stime come quelle presentate da queste ricerche è importante per riuscire a prendere misure di contenimento adeguate, poiché il picco dell’infezione nel nostro Paese non è ancora stato raggiunto e i sistemi sanitari rischiano il collasso, se la diffusione non verrà efficacemente rallentata.

Inoltre, dovrebbero essere utilizzati anche dagli altri Paesi europei e non solo, che stanno sperimentando con qualche giorno di ritardo la stessa sorte dell’Italia e che non devono sottovalutare l’importanza di una lotta coordinata a livello internazionale.

Gimbe, infine, ha sottolineato che i modelli predittivi utilizzati per ricerche del genere, non sono in grado di prevedere la fine di questa pandemia, ancora imprevedibile sia dal punto di vista della diffusione, asincrona nelle varie aree del mondo, sia a causa dell’assenza di un progetto condiviso a livello globale per contrastarla.

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