Cos’è l’internazionalizzazione? Scopriamo definizione, come funziona e cause di un processo sempre più importante per le imprese nel mondo globalizzato.
Tra gli obiettivi di un’azienda che vuole crescere c’è sicuramente l’internazionalizzazione. Nel mondo della globalizzazione e delle multinazionali è diventata non solo un’aspirazione da «grandi», ma per certi versi anche una necessità per i più «piccoli».
In questo senso, sono anni che i governi italiani parlano di promozione del made in Italy nel resto del mondo, dove per made in Italy - di nuovo - non si intende solo quel gruppo di nomi famosi e già grandi e internazionali, ma anche le PMI, che occupano circa il 90% del tessuto imprenditoriale italiano.
L’obiettivo nasce vecchio: è dagli anni ’20 che l’Italia, con la cosiddetta «Mostra campionaria itinerante», l’antenato dell’Agenzia Ice, cerca d’internazionalizzare i propri prodotti e le proprie imprese.
Ma cos’è l’Internazionalizzazione? E perché un’impresa dovrebbe ambire a realizzarla?
Cos’è l’internazionalizzazione
Un’impresa si internazionalizza quando:
- produce, esporta o vende i suoi prodotti al di fuori dei confini nazionali;
- stringe alleanze con imprese straniere;
- importa capitali dall’estero;
- realizza delle unità produttive altrove rispetto al paese d’origine.
L’internazionalizzazione è quindi quel processo per cui un’impresa crea dei legami, dei rapporti con un mercato estero - che si tratti di semplice vendita, o di una vera e propria delocalizzazione produttiva poco importa. In sintesi, quando parliamo d’internazionalizzazione, facciamo riferimento a un’apertura verso i mercati internazionali.
Perché internazionalizzare?
A prescindere dalla fama, ciò che spinge un’impresa a investire sull’apertura verso l’estero sono i benefici strettamente economici che ne ricava, tra cui due su tutti:
- aumento delle entrate: conquistare un mercato estero di per sé è una manna dal cielo per i ricavi di un’impresa. Vendere altrove i propri prodotti, banalmente, aumenta la platea dei potenziali clienti, e dunque aumenta il numero delle potenziali vendite. Ciò può avvenire per una vocazione innata all’internazionalizzazione, oppure per una saturazione del mercato interno, magari pieno di concorrenti, o già ampiamente «conquistato»;
- abbattimento dei costi: si sente spesso parlare di delocalizzazione. Quest’ultima è parte del processo d’internazionalizzazione e consiste nello spostare la produzione (anche interi stabilimenti) da un paese a un altro. La motivazione è spesso molto semplice: nel nuovo paese, il costo del lavoro è più basso, dunquei prodotti saranno più competitivi. Talvolta lo spostamento riguarda la propria sede fiscale, manovra che non intacca la produzione e il costo del lavoro, ma che va a snellire il peso delle tasse da pagare, in certi casi rendendolo talmente irrisorio da risultare trascurabile.
Nel mondo della globalizzazione è consentito produrre in un paese, pagare le tasse in un altro, e vendere i propri prodotti in un altro ancora, potendo quindi scegliere l’assetto più conveniente all’azienda di modo da pagare di meno e guadagnare di più.
Come internazionalizzare la propria azienda?
Gli obiettivi raggiungibili per mezzo dell’internazionalizzazione sono sicuramente allettanti per un’impresa. Tuttavia, anche l’internazionalizzazione ha un costo, o meglio dei requisiti. È sconsigliata alle imprese sprovviste di una solidità economico-finanziaria, mentre è consigliata a quelle che hanno a disposizione prodotti qualitativamente buoni e adatti al mercato estero in cui si vuole allargare il proprio orizzonte.
Non è da trascurare una rete di conoscenze e informazioni con il paese in cui ci si vuole allargare: avere contatti diretti con gente del posto, se non proprio dei partner commerciali; conoscere la situazione socio-economica, come la distribuzione del reddito, la situazione demografica e quella ambientale.
In concreto, chi vuole aprirsi ai mercati internazionali può fare riferimento all’Agenzia ICE, che opera di concerto con la Farnesina e il MEF; ed è incentivato, soprattutto se piccolo imprenditore, a creare consorzi, o reti d’impresa, grazie alle quali si ottengono facilitazioni, sia dal punto di vista organizzativo, sia in termini fiscali. Può inoltre contare su finanziamenti agevolati messi in campo dall’Italia e dall’Unione europea.
L’internazionalizzazione può avvenire in più modi:
- semplice esportazione, vendita diretta dei propri prodotti sul mercato estero;
- retailing, ossia vendita dei propri prodotti tramite rivenditori locali;
- self sale, che consiste nell’apertura di una propria base di vendita nel paese di approdo;
- base development, cioè la creazione di una società di diritto estero, autonoma ma legata alla principale che si trova nel paese di provenienza;
- direct offshore investment, il grado più alto d’internazionalizzazione, che si verifica quando l’azienda non si limita a vendere all’estero, ma decide di delocalizzare la propria produzione.
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