Se ne sente spesso parlare ma che cos’è e come funziona l’Austerity? Con questo termine si deve fare riferimento ad una metodologia di salvataggio dell’economia di uno Stato in recessione o depressione.
Che cos’è l’Austerity? Se ne sente parlare ai telegiornali e si legge sui quotidiani ma, in effetti, non tutti conoscono cosa sia una politica considerata di austerità.
Legata al mondo della politica economica, l’Austerity non è altro che una metodologia che prevedere una politica di bilancio restrittiva messa in atto da una nazione in difficoltà.
Le misure approntate dai fautori di questa politica si sostanziano in tagli ed azioni di contenimento alle spese pubbliche, spending review, stretta sulle pensioni, innalzamento del gettito fiscale al fine ultimo di ridurre il deficit pubblico.
In questa guida capiamo meglio che significato assume l’Austerity dal punto di vista della politica economica di uno Stato, quali sono le misure e le azioni messe in atto dai Governi che decidono di ricorrere a questa metodologia di contenimento e riduzione del deficit.
La definizione di Austerity
Nel linguaggio della politica economica di uno Stato, il termine Austerity si riferisce ad una metodologia di salvataggio dell’economia di una nazione che versa in condizioni di recessione o depressione economica.
In sintesi, le banche ce e i Governi sostenitori dell’Austerity ritengono che, nel caso di profonde crisi economiche, sia necessario intervenire sulla spesa pubblica e sui salari, mediante l’impiego di misure di contenimento delle uscite.
Solo mediante lo snellimento della burocrazia, la spending review ed il downsizing si rende l’economia di uno Stato più dinamica, competitiva ed in grado di tornare a crescere.
Nonostante i numerosi economisti e politici sostenitori dell’Austerity, la realtà dimostra che questa politica economica messa in atto dai Governi non consenta di raggiungere i risultati auspicati e non sia di grande ausilio per risolvere le crisi finanziarie.
Anzi, in certi casi, l’Austerity ha aggravato le crisi economiche e recessive dello Stato che ha adottato le misure di contenimento delle spese pubbliche e dei salari nazionali.
Quindi, si deve sfatare il falso mito che una politica economica di Austerità apporti solo vantaggi e benefici economici alla nazione e, se inizialmente queste teorie economiche sembravano essere infallibili, oggi in un contesto macroeconomico mutato hanno rivelato dei profondi limiti e fallimenti.
Storia economica e monetaria: la rivoluzione Keynesiana
Le politiche economiche di Austerity, meglio conosciute come le “politiche del rigore” acquisirono una netta rilevanza durante la Grande Depressione negli Stati Uniti negli anni ’30 del XX secolo.
Il grande guru economista britannico, padre della macroeconomia, John Maynard Keynes divenne il pianificatore e fondatore delle strategie della “rivoluzione keynesiana” volte a perseguire la ripresa degli States dopo la profonda crisi del 1929.
Tra i provvedimenti Keynesiani attuati dal governo statunitense vi fu l’interruzione delle misure di Austerity dato che queste non erano in grado di far ripartire l’economia.
Di qui, i limiti delle politiche economiche dell’austerità: i neo-keynesiani ancora oggi ritengono che la ripresa economica attraverso l’austerità sia ostacolata da diversi fattori e possibili rischi.
Numerose sono le reazioni a catena che l’Austerity può scatenare: in ogni sistema economico in cui siano messe in atto troppe misure di austerità da parte dei Policy Maker, la conseguenza diretta dei troppi tagli alle spese e dell’incremento vertiginoso delle tasse ed imposte, ha come effetto collaterale l’eccessivo risparmio di denaro da parte della collettività.
Il rigore e le misure troppe restrittive dell’Austerità cagionano un taglio ed una riduzione dei consumi e del livello di spesa da parte di tutti i cittadini che diventano meno ricchi e la liquidità generale diminuisce.
Con l’adozione di misure economiche troppo restrittive e rigorose, la comunità amministrata (cittadini ed imprese) si ritrova in una trappola economica, quella che viene appellata nel linguaggio degli economisti come il «paradosso della parsimonia».
Di conseguenza, l’Austerity provoca solo esternalità negative con l’ulteriore aggravamento della recessione economica, della fiducia sui mercati finanziari e della riduzione del PIL.
Governi e ricorso alle politiche dell’Austerità: le motivazioni
Nonostante il fallimento della politica economica dell’Austerità comprovata dagli economisti, molti Governi e Policy maker continuano ad adottare misure severe e rigorose, specie nei casi in cui lo Stato corra il concreto rischio di non essere in grado di adempiere ai suoi obblighi bancari assunti.
In uno scenario macroeconomico nazionale, le banche e gli investitori perdono fiducia nella capacità della politica nazionale di risanare e di adempiere le obbligazioni statali.
In questi casi, il Governo dello Stato può essere obbligato dalle istituzioni finanziarie internazionali, quali il Fondo monetario internazionale (FMI), di implementare ed adottare immediatamente misure di Austerity come temporanea soluzione di aggiustamento strutturale dell’economia nazionale.
In tempi recenti l’austerità è ritornata ad essere una politica economica perseguita dai Governi che, in un recente passato, si erano eccessivamente indebitati in seguito alle crisi bancarie.
Perché? Secondo i sostenitori e fautori di questa politica economica, lo scopo del Governo è quello di dimostrare ai creditori la solvibilità a medio-lungo termine del Sistema Paese.
In questo modo, la politica economica di Austerità (innalzamento della pressione fiscale, stretta sulle pensioni e continui tagli alle spese pubbliche) stimola la ripresa economica grazie alla maggior fiducia degli investitori nell’acquisizione di Bond garantiti dallo Stato per risanare e ripianare il deficit.
Per quanto concerne il caso italiano, la politica economica italiana ha adottato misure di Austerità con i governi di Lamberto Dini, di Romano Prodi e di Mario Monti per far fronte ad esigenze quali l’entrata del nostro Paese nell’Unione economica e monetaria dell’UE.
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