Ormai alle porte di Kabul i talebani continuano la loro avanzata. Sale la tensione in Medio Oriente: c’è il rischio che questi salgano al potere.
Cade anche Kabul nelle mani dei talebani.
La presa della capitale afghana era solo questione di tempo. L’avanzata dei talebani si è infatti rivelata inarrestabile. Gli studenti coranici sono entrati nella capitale, notizia di sole poche ore fa, dopo aver attaccato la città su due fronti.
I talebani, in un comunicato ufficiale, promettono una «amnistia generale» per chi ha collaborato con il governo afghano e le «forze occupanti» e assicurano che i diplomatici stranieri «non verranno toccati»; intanto le ambasciate hanno predisposto l’evacuazione dei loro cittadini lasciando solo un presidio presso l’aeroporto di Kabul.
Il rientro in Italia del personale dell’ambasciata italiana dovrebbe avvenire, secondo le fonti, verso le 21,30 tramite un volo dell’Aeronautica Militare, che riporterà in Italia i concittadini.
Il clima di preoccupazione è dilagante in tutto il paese: la capitale è diventata rifugio per chi scappava dai taliban, mentre il governo afghano ha avanzato in questi giorni una proposta di condivisione del potere con gli studenti coranici.
Una situazione che ricorda gli anni Novanta, quando gli jihadisti instaurarono il loro regime nel Paese: cerchiamo di capire cosa sta accadendo e cosa accadrà adesso che i talebani hanno preso Kabul.
Cosa sta accadendo in Afghanistan: la presa di Kabul
È caduta Kabul, dopo che le milizie degli studenti coranici hanno lanciato un assalto su più fronti:
- A Nord-Ovest i talebani sono riusciti a impadronirsi del distretto di Paghman, un importante snodo della rete elettrica, distante solo 20 chilometri dall’aeroporto.
- A Est, a solo 10 chilometri dal centro della capitale, è stata espugnata la prigione di Pul-e-Charki, la più grande dell’Afghanistan. I 5 mila detenuti liberati, sono fuggiti e presumibilmente si sono uniti ai talebani.
- A Sud si trova invece un altro contingente d’islamisti che ha preso il controllo del distretto di Char Asyab.
Inoltre, i talebani controllano tutti i valichi di frontiera del Paese e solo l’aeroporto di Kabul è rimasto come unica via di fuga dall’Afghanistan. I talebani hanno, inoltre, preso il controllo del centro del distretto di Bagram, sede della base aerea riconsegnata alle milizie afghane dagli Usa e Nato all’inizio di luglio. Armi e attrezzature sono quindi nelle mani delle milizie talebane.
Con la presa del potere, fonti interne danno per imminenti le dimissioni del presidente Ashraf Ghani. Secondo la televisione internazionale al Arabiya i talebani e Ashraf Ghani starebbero trattando.
Cosa accadrà adesso che Kabul è nelle mani dei talebani?
Il capo militare degli insorti, il mullah Yaqoob, figlio del mullah Mohamed Omar, ha promesso un’amnistia per chi ha collaborato con il governo di Kabul e l’Occidente e ha garantito la sicurezza di chi si arrende all’avanzata delle milizie talebane.
Il presidente afghano Ashraf Ghani in un discorso, tenuto i giorni scorsi, aveva elogiato le forze di sicurezza e difesa nazionali afghane (Andsf) per il loro sforzo per difendere la nazione e aveva annunciato di aver avviato trattative e consultazioni con leader politici internazionali, per cercare una soluzione diplomatica: l’ipotesi era un governo di coesione con i talebani stessi.
Adesso il presidente, su cui l’Occidente aveva puntato per dare forma a un nuovo Afghanistan, è messo alle strette e potrebbe dimettersi da un momento all’altro, una delle condizioni che i talebani, sembra, avessero imposto.
La situazione appare più complessa: nonostante la rapida avanzata delle milizie jihadiste, i talebani non controllano tutte le regioni conquistate, in quanto non hanno lasciato guarnigioni per controllare tutte le aree e non hanno alcuna intenzione di ripetere gli errori commessi durante la guerra civile tra il 1992-1996, quando presero Kabul senza essersi prima assicurati di controllare il settentrione dell’Afghanistan (che non erano mai riusciti a espugnare).
Con la vittoria a Mazar-e-Sharif, si sta quindi compiendo il disegno talebano. Gli insorti, intanto, in una nota ufficiale affermano di non voler prendere con la forza la Capitale:
La vita, la proprietà e la dignità di nessuno saranno danneggiate e la vita dei cittadini di Kabul non sarà a rischio.
Molti abitanti, però, non sembrano credere alle promesse di chi in passato ha commesso molteplici atrocità. A Herat, città che fino a qualche mese fa ospitava i militari italiani; infatti, è stato nominato un ministro degli affari femminili: un religioso della linea dura, noto per essere contrario ai diritti delle donne. Si teme il ritorno all’applicazione Sharia.
Rischio di una crisi umanitaria
Davanti alla capitolazione, a Kabul si nascondono i libri, si tirano fuori i Burqa. Centinaia di Ong temono che vada in fumo il lavoro durato vent’anni per garantire la sicurezza dei diritti fondamentali, come l’accesso all’istruzione, l’emancipazione delle donne.
C’è il rischio concreto di una nuova crisi umanitaria: secondo l’ONU, più di 250mila persone sono state costrette a lasciare le loro case, 400mila sono gli sfollati dopo l’avanzata talebana che cercavano rifugio alla Capitale.
A peggiorare il quadro c’è il divieto dei talebani, in diverse aree del Paese a proseguire la campagna di vaccinazione. Una minaccia globale che per adesso è messa in secondo piano davanti al pericolo per la propria vita e di un Paese intero.
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