Lavoratore con Covid: è l’INPS a pagarlo oppure la tutela spetta all’INAIL? Dipende dalle circostanze in cui si è venuti a contatto con il coronavirus.
Lavoratore contagiato dal Covid: paga l’INPS o l’INAIL? In questo articolo faremo chiarezza su quando il contagio da Covid viene considerato come malattia del lavoratore - e quindi è pagato dall’INPS - e quando invece è ritenuto come fosse un infortunio sul posto di lavoro e di conseguenza spetta all’INAIL farsi carico dell’indennità sostitutiva.
Come noto, spetta all’INPS riconoscere al lavoratore che si ammala, e quindi è costretto a sospendere l’attività lavorativa, l’apposita indennità di malattia; l’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), indennizza invece il lavoratore nei casi di infortunio avvenuto sul posto di lavoro, o comunque nel tragitto casa-lavoro.
A tal proposito, ci si chiede a quale organo - tra INPS e INAIL - compete la tutela del lavoratore contagiato dal Covid. Ebbene, ciò dipende dal luogo in cui è avvenuto il contagio: qualora sussistano gli elementi per pensare che il lavoratore sia venuto a contatto con il coronavirus sul posto di lavoro, o comunque nel tragitto casa-lavoro, allora sarà l’INAIL a pagare. Diversamente, la tutela del lavoratore ammalato spetterà comunque all’INPS.
Lavoratore con Covid: lo paga l’INPS o l’INAIL?
Il contagio da Covid nel luogo di lavoro o nel tragitto casa-lavoro è ritenuto a tutti gli effetti come infortunio. Sono infortuni sul lavoro, infatti, non solo quelli causati da eventi violenti che coinvolgono il lavoratore, ma anche quelli che dipendono da malattie infettive e parassitarie come il Covid.
Vista la straordinarietà della situazione, è stato il Governo a fare chiarezza su questo aspetto. Lo ha fatto ad inizio pandemia, con l’approvazione del Decreto Cura Italia nel quale si legge che il contagio sul lavoro - o quello in itinere - è trattato come infortunio. Un principio poi confermato dalla circolare INAIL 13/2020 del 3 aprile 2020.
A tal proposito, l’articolo 42 - comma II - del Decreto Cura Italia, stabilisce che - qualora sia accertata l’infezione da Covid-19 sul posto di lavoro - il medico redige il certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL, il quale assicura la relativa tutela del lavoratore infortunato.
Attenzione: per essere infortunio sul lavoro è necessario che ci sia un nesso causale tra il lavoro e il verificarsi del rischio cui può conseguire l’infortunio. Il rischio considerato è quello specifico, determinato dalla ragione stessa del lavoro.
Non è un caso, quindi, che i settori in cui in questi mesi è intervenuto maggiormente l’INAIL per la tutela del lavoratore contagiato sono stati quelli in cui si è più esposti al contatto con il pubblico. Si pensi, ad esempio, al personale della Sanità, come pure alle Forze dell’Ordine o agli operatori del trasporto, come anche gli insegnanti. E non si è trattato di casi sporadici: nel 2020, infatti, ogni cinque denunce di infortunio sul lavoro ce n’è stata una che riguardava il contagio da Covid (la maggior parte di queste riferiva proprio al settore sanitario).
Diversamente, ovvero quando non è possibile accertare il nesso di causalità tra il lavoro e il contagio, sarà l’INPS a farsi carico della tutela del lavoratore. Si pensi, ad esempio, a chi pensa di aver preso il Covid lavorando in ufficio (senza che sia previsto il contatto con il pubblico): non esiste, in tal caso, il rischio specifico determinato dalla ragione stessa del lavoro e per questo motivo non è possibile riconoscere l’infortunio.
Covid-19: tutela INPS e INAIL, le differenze
Spetta la tutela da infortunio quando il lavoratore subisce un’inabilità permanente o temporanea, con la conseguente assenza per più di tre giorni. Nel caso del Covid l’indennità viene erogata anche durante la quarantena o l’isolamento fiduciario.
Nella maggior parte dei contratti collettivi al lavoratore spetta il 100% della retribuzione nel caso di infortunio. Nei primi novanta giorni il 60% viene erogato dall’INAIL, mentre - laddove previsto - il restante 40% è di competenza del datore di lavoro. Successivamente al 90° giorno, e fino alla completa guarigione, l’INPS riconosce il 75% della retribuzione media giornaliera (per il calcolo della stessa si considera quanto percepito dal lavoratore nei 15 giorni precedenti l’infortunio). Il lavoratore non può essere licenziato per tutta la durata del periodo di comporto (indicata dal contratto nazionale di categoria), salvo il caso in cui il contagio dipenda dalla mancata tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro da parte del lavoratore. In quest’ultimo caso il lavoratore non può essere mai licenziato.
In caso di decesso del lavoratore, la famiglia ha diritto ad un’indennità una tantum erogata dal Fondo per le vittime di gravi infortuni sul lavoro.
Qualora invece non si tratti di infortunio ma di malattia, l’INPS riconosce un’indennità sostitutiva pari al 50% della retribuzione media giornaliera dal 4° al 20° giorno e del 66,66% dal 21° al 180° giorno. Tuttavia, in caso di ricovero di persone che non hanno familiari a carico, l’indennità è ridotta ai 2/5 per tutto il periodo della degenza ospedaliera.
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