Credit Suisse ammette di aver aiutato i milionari americani ad evadere le tasse e paga una multa di 2,6 miliardi di dollari. Altri due grandi istituti a rischio, mentre BNP Paribas si prepara a patteggiare. Il Fisco americano punisce le banche internazionali
Un’ ammissione di colpa che potrebbe cambiare il destino di moltissime banche internazionali. Tremano in Svizzera, per quel segreto bancario al quale per anni non si è voluto rinunciare. Ma tremano anche negli Stati Uniti, perché questa decisione potrebbe essere solo la prima di una lunga serie. A vacillare adesso tre istituti di fama globale: Jp Morgan Chase, Citigroup, ma soprattutto BNP Paribas.
Credit Suisse ha fatto mea culpa e si è dichiarata colpevole di associazione a delinquere. La banca elvetica ha aiutato per anni migliaia di americani ad evadere le tasse. Per questo motivo dovrà sborsare 2,6 miliardi di dollari e accettare un controllore indipendente che monitori la situazione per i prossimi due anni.
Il Fisco americano non lascia scampo. Neanche se ti chiami Credit Suisse e hai filiali sparse in 50 Nazioni.
Dopo le aspre critiche ricevute in passato, le Autorità statunitensi si riscattano. Saranno anche esistite le “too big to fail”, ma non ci sono banche “too big to pay”, troppo grandi per pagare, per ricevere accuse penali e non ci sono banchieri troppo potenti per finire in prigione.
L’accordo
Credit Suisse ha ammesso le proprie colpe. Per decenni ha aiutato i milionari americani a nascondere i propri asset offshore allo scopo di evadere le tasse.
Non accadeva da 20 anni che una banca confessasse un reato negli Stati Uniti.
L’accordo prevede che l’istituto elvetico versi 1,7 miliardi di dollari al Dipartimento di Giustizia, 715 milioni al Dipartimento Servizi Finanziari di New York e 100 milioni alla Federal Reserve. Totale: 2,6 miliardi di dollari.
Ma non solo. Arriverà presto un controllore indipendente che per due anni analizzerà la condotta passata e presente di CS e farà raccomandazioni per sistemare la situazione. Salteranno infine tre teste: Markus Walder, Susanne Ruegg Meier e Marco Parenti Adami, già accusati di evasione fiscale.
Voci di corridoio parlavano di “pena capitale”, vale a dire impedire alla banca di operare negli Stati Uniti. Ma alla fine Procura, Federal Reserve e Dipartimento dei Servizi Finanziari hanno deciso di alleggerire la punizione.
Soddisfatto il Segretario di Giustizia Americano, Eric Holder:
«La redditività o la quota di mercato di una banca non possono e non saranno mai usate come scudo dall’essere perseguite o punite. Questo caso mostra come nessuna istituzione finanziaria, qualunque sia la sua dimensione, è al di sopra della legge. Credit Suisse ha cospirato per aiutare i cittadini americani a nascondere i propri asset offshore al fine di evadere le tasse. Quando una banca è impegnata in una tale cattiva condotta, deve attendersi ci essere perseguita penalmente dal Dipartimento di Giustizia».
Secondo lui, Credit Suisse avrebbe “volutamente e coscientemente” aiutato i ricchi americani a nascondere i propri soldi. Per questo motivo, il conto sarà salato.
Gli effetti
Nel frattempo, nella sede newyorkese dell’istituto si fanno già i calcoli degli effetti di questa punizione: nel secondo trimestre del 2014, gli oneri saranno pari a 1,6 miliardi di franchi svizzeri, anche se “l’impatto materiale” sull’attività rimarrà limitato. Partirà inoltre un piano di riduzione asset che includerà anche quelli immobiliari. Lo scopo è sollevare i requisiti di capitale.
Si prevede inoltre la perdita di alcuni fondi pensione che non possono fare affari con entità colpevoli di reati, ma anche altri soggetti potrebbero ridurre la loro esposizione al gruppo per ripararsi dalle incertezze.
Le accuse passate
È la prima volta in due decenni che una banca si dichiara colpevole. L’ultima era stata la giapponese Daiwa Bank che nel 1995 ammise di aver nascosto 1,1 miliardi di perdite. Più recenti le vicissitudini di Credit Lyonnais (2004), che fece false dichiarazioni alla Fed.
Cambiano, crescono enormemente, anche gli importi delle multe. Nel 2009 infatti, Ubs fu costretta a pagare al Fisco americano 718 milioni di euro per lo stesso motivo. Il gruppo però non ammise mai la propria colpevolezza.
Le banche a rischio
Il patteggiamento e l’ammissione di Credit Suisse potrebbero essere i primi di una lunga serie. Secondo la stampa americana, un’altra big sarebbe pronta ad affrontare l’ira delle istituzioni statunitensi. Stiamo parlando di BNP Paribas che nelle prossime settimane potrebbe riconoscere le proprie malefatte. Le accuse sono gravi: l’istituto francese avrebbe infatti fatto affari con Sudan e Iran, Paesi inseriti da anni nella black list americana. La multa in questo caso potrebbe arrivare a 5 miliardi di dollari.
Nel frattempo si attende il risultato delle indagini relative ad altre due importanti banche statunitensi, Jp Morgan e Citigroup. La decisione arrivata ieri dunque, potrebbe essere solo l’inizio.
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