Criptovalute: chi è l’uomo dietro alla maxi-truffa BitGrail da 120 milioni di euro?

Pierandrea Ferrari

22 Dicembre 2020 - 15:40

La Polizia Postale di Firenze è riuscita a risalire all’identità dell’uomo che, grazie ad un team di hacker, ha sottratto 120 milioni di euro a 230.000 risparmiatori sulla piattaforma BitGrail: i dettagli.

Criptovalute: chi è l’uomo dietro alla maxi-truffa BitGrail da 120 milioni di euro?

Dopo una intensa sessione di indagini, la Polizia Postale di Firenze – coadiuvata anche dall’Fbi - è riuscita a mettere le mani sull’uomo che ha architettato la truffa BitGrail, gioiello italiano nel settore delle criptovalute dal quale sono stati sottratti 120 milioni di euro a 230.000 risparmiatori.

L’autore di quello che è stato definito dagli inquirenti “il più grande attacco cyber-finanziario mai compiuto in Italia” sarebbe il titolare della società, Francesco Firano, sul quale ora pendono accuse che vanno dalla frode informatica alla bancarotta fraudolenta: i dettagli.

Truffa BitGrail: il titolare della società dietro al buco da 120 milioni di euro

Le indagini avevano preso piede nel febbraio del 2018, quando l’amministratore unico della piattaforma BitGrail, Francesco Firano, denunciò il furto di un ragguardevole volume di criptovalute Nano (allora chiamate XRB), pari a 120 milioni di euro.

Nell’arco dei successivi mesi, poi, gli inquirenti avevano iniziato a nutrire alcuni dubbi sull’estraneità del titolare dell’exchange alle transazioni illecite. Sospetti, questi, confermati dal supplemento di indagine effettuato con l’ausilio dei detective dell’Fbi, che aveva evidenziato un arco temporale dell’hackeraggio ben più ampio rispetto a quello denunciato in un primo momento da Francesco Firano.

Infatti, le analisi informatiche dei database di BitGrail hanno rilevato delle prime incursioni nella piattaforma risalenti al giugno del 2017, mentre i risparmiatori ignari utilizzavano i servizi dell’exchange per convertire i loro Bitcoin nella criptovaluta Nano. Il tutto senza un intervento tempestivo del titolare della società, che pure poteva rafforzare la sicurezza della piattaforma attingendo agli strumenti offerti dallo stesso team che produce la valuta virtuale.

Ma la svolta nelle indagini è avvenuta solo in seguito alla scoperta di alcuni movimenti operati dallo stesso Firano pochi giorni prima di denunciare il furto alle autorità. L’informatico aveva infatti trasferito nel conto di una società maltese a lui riconducibile 230 Bitcoin, un flusso di critpovalute – presumibilmente sottratto agli utenti di BitGrail – che all’epoca dei fatti corrispondevano a 1,7 milioni di euro. Di questi, stando alle indagini, una parte sarebbe stata convertita in denaro contante grazie a delle operazioni di trading (circa 514.000 euro).

Il resto del malloppo, invece, giace sul conto di Firano, quest’ultimo bloccato da due anni per impedire al titolare dell’exchange di far sparire i proventi della truffa. Sulle sue spalle pesano le accuse di frode informatica, auto-riciclaggio e bancarotta fraudolenta: gli arresti sono al momento esclusi, ma l’indagato non potrà esercitare attività d’impresa o ricoprire uffici direttivi aziendali. L’identità degli hacker che lo hanno aiutato nel piano truffaldino, invece, resta ancora ignota.

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