In Russia il governo sta valutando la possibilità di impiegare il gas naturale per minare Bitcoin e altre criptovalute. Com’è possibile? Quali scenari si aprono?
Il gas naturale è una delle grandi risorse della Russia, Paese che anche lo scorso anno si è confermato il primo esportatore mondiale di questa importante fonte energetica. Nel 2020 le esportazioni complessive di gas russo hanno superato i 210 miliardi di metri cubi.
In Russia il gas naturale non viene interamente impiegato come fonte energetica locale o di esportazione - una parte consistente viene spesso letteralmente bruciata nel corso dei processi di estrazione del petrolio, altra materia prima sulla quale il Cremlino può fare affidamento. Stando a quanto riportato dal giornale russo Kommersant, le autorità di Mosca starebbero pensando di sfruttare questo quantitativo di gas al fine di minare Bitcoin e altre criptovalute.
La Russia vuole sfruttare il gas per il mining di criptovalute
Secondo quanto riportato dai giornalisti russi del Kommersant, i ministeri russi del commercio, dell’industria e dello sviluppo digitale starebbero riflettendo se concedere ad alcuni poli petroliferi russi la possibilità d’impiegare il gas naturale presente nei giacimenti di petrolio (il così detto «gas associato») per l’alimentazione dei data center tramite i quali si minano le criptovalute.
Come anticipato nel paragrafo introduttivo, il gas associato viene spesso disperso nell’ambiente mediante combustione quando viene estratto il petrolio. La combustione del gas di scarto assume il nome di «Flaring» ed è una delle principali forme di inquinamento correlate ai processi di estrazione degli idrocarburi. Stando ad alcune stime della Banca Mondiale, in tutto il mondo si bruciano circa 150 miliardi di metri cubi annui, equivalenti al 30% del consumo annuo di gas nei Paesi dell’UE.
Il Flaring pertanto non solo produce inquinamento, ma comporta anche la dissipazione di un quantitativo non indifferente di risorsa energetica. In quest’ottica, l’impiego del gas associato per alimentare le mining farm potrebbe sia rappresentare una buona fonte energetica per processi notoriamente energivori, sia aiutare a combattere le emissioni nocive derivanti dall’estrazione dei combustibili fossili.
La Russia diverrà il leader mondiale del mining?
Alla luce delle recenti notizie, molti osservatori russi e internazionali hanno espresso un parere positivo riguardo la possibile regolamentazione delle criptovalute e del mining nel Paese.
Parlando proprio di mining, la Russia al momento sta diventando sempre più attraente per i miner di tutto il mondo, specialmente quelli cinesi. Come ricordiamo, la Cina ha dichiarato illegale il mining diversi mesi fa nell’ottica di un più ampio giro di vite che mirava a rendere illegale anche l’offerta al pubblico di investimenti in cripto-asset. In Cina era presente circa il 45% delle mining farm mondiali, alcune delle quali erano anche in parte finanziate da importanti nomi dell’imprenditoria cinese.
Con l’introduzione delle restrizioni è iniziato un esodo verso Paesi quali gli USA e il Canada, i quali hanno manifestato interesse nell’accogliere le aziende cinesi operative nel mining. Tuttavia sembra che al momento le maggiori migrazioni si siano concentrate in Russia e nel Kazakistan, probabilmente a causa della vicinanza con la Cina. In virtù di ciò, la Russia potrebbe divenire non solo uno dei Paesi con maggiori mining farm sul suo territorio, ma potrebbe persino fungere da esempio per quanto riguarda la riduzione dell’impatto ambientale legato alla creazione di criptovalute.
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