La società romana chiede un’ulteriore proroga di 60 giorni per la presentazione del piano di ristrutturazione. Il nodo ora sono i creditori: le grandi banche fanno fronte comune mentre i retail sono divisi in tanti piccoli comitati in contrasto fra loro. La cedola del bond 2020 prevista per il 1° dicembre non verrà pagata
La crisi di liquidità della società di costruzioni Astaldi si arricchisce di nuovi particolari sconcertanti. In primis il capitolo della pubblicazione dei conti trimestrali, inizialmente prevista per il 9 novembre come da calendario di Borsa Italiana, e ora slittata così come già accaduto lo scorso settembre. Si dilatano, inoltre, anche i tempi per la presentazione del piano di ristrutturazione inizialmente previsti per il 16 dicembre, ossia 60 giorni dopo la presentazione della domanda di concordato al Tribunale di Roma.
La società guidata da Paolo Astaldi ha chiesto 60 giorni di proroga ulteriore, quindi metà febbraio, nel tentativo di cercare nuova finanza bussando alla porta di investitori, banche e fondi (clicca qui per approfondire) anche perché nel frattempo deve far fronte alle richieste di pagamento di debitori e fornitori. Ricordiamo che il 1° dicembre sarebbe in programma il pagamento della cedola del bond emesso il 4 dicembre 2013 con scadenza il 1° dicembre 2020 (codice ISIN XS1000393899). Cedola che chiaramente non verrà pagata da Astaldi. Qui si apre il capitolo obbligazionisti.
Obbligazionisti retail divisi su più fronti
La crisi di liquidità della società di costruzioni Astaldi ha spaccato in due e più fronti anche i piccoli risparmiatori che detengono, nonostante il taglio minimo molto elevato, i due bond in circolazione sui mercati regolamentati MOT ed EuroTLX.
Si tratta di due emissioni avvenute nel 2013 e nel 2017 rispettivamente per 750 e 140 milioni di euro, entrambe caratterizzate da un taglio minimo di centomila euro, non proprio adeguato ad un investitore non professionale.
Il bond emesso il 4 dicembre 2013 scade il 1° dicembre 2020 e paga una cedola del 7,125% su base annua con frequenza semestrale (codice ISIN XS1000393899). L’emissione del 14 giugno 2017 è un convertibile che scade nel 2024 e paga una cedola del 4,875% su base annua con frequenza trimestrale (codice ISIN XS1634544248).
Con lo scopo di far valere i propri diritti di creditori nei confronti di Astaldi, i piccoli risparmiatori hanno cercato fin da subito di costituire un fronte comune a tutela dei loro interessi (clicca qui per rileggere la notizia). Ben presto però gli attori principali che hanno cercato di radunare attorno a sé gli obbligazionisti retail hanno preso strade diverse con il risultato che ad oggi esistono una molteplicità di comitati nati in gran parte su forum online attraverso giri di indirizzi mail e (troppe) polemiche scatenate fra l’uno e l’altro comitato. Il rischio è che la “guerra” fra consulenti per questa sorta di business possa alla fine danneggiare gli interessi dei piccoli risparmiatori.
Diversa la strada degli istituzionali, ovvero le banche creditrici fra cui UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banco BPM, che invece hanno fin da subito fatto fronte comune e selezionato come loro unico interlocutore con Astaldi l’advisor Leonardo&Co.
Il ruolo dei creditori, siano essi retail o istituzionali, non è per nulla secondario in questa vicenda in quanto il piano concordatario che verrà presentato a febbraio da Astaldi insieme ai tre commissari giudiziali nominati dal Tribunale di Roma necessiterà della loro approvazione. In mancanza di quest’ultima per la società si aprirebbe la strada di una procedura fallimentare.
In tal senso, la priorità dei rappresentanti dei bondholder retail è quella di assicurare parità di trattamento rispetto alle banche: “se loro recuperano il 50%, anche il bond in mano ai retail deve recuperare pari percentuale”, ha dichiarato un rappresentante di un comitato di obbligazionisti contattato da Money.it. Difficile però che questo risultato venga raggiunto in mancanza di una reale unità di intenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA