Crisi della benzina o panico da benzina? Quella in Gran Bretagna è sicuramente una crisi dovuta all’assetto della Brexit, ma qualcosa di simile potrebbe accadere anche in Italia. Perché?
La “crisi della benzina” in Gran Bretagna ha tutti i connotati della Brexit, ma non solo. Ci sono stati molti errori che hanno portato il Paese ad avere penuria di carburante e l’azione dei giornali, allarmisti per natura, non è stata di poco conto. Lo ha reso noto il Governo: i depositi sono pieni.
Il problema quindi sembra risiedere, più che nella crisi sanitaria come scritto da alcuni, alla crisi politica e umanitaria (nel senso di fuga dal Paese) dovuta alla Brexit, ovvero la porta di uscita della Gran Bretagna dall’Europa. Gli inglesi erano stati avvisati: l’uscita dal mercato del lavoro della comunità avrebbe portato dei danni. I primi segnali si erano verificati con le lunghe code chilometriche di camion verso l’Eurotunnel.
A causare la crisi della benzina è stata la mancanza di dipendenti del settore trasporti, una carenza che anche il nostro Paese ha vissuto e continua a vivere. Gli stessi motivi che hanno fatto fallire la chiamata al volante in Inghilterra si sono presentati in Italia questo anno. Non è tanto lo stipendio, che per quanto più basso rispetto ad altri Paesi è comunque “adeguato”, ma la difficoltà economica e tecnica nel prendere la patente. Insomma, non è un lavoro che si inventa da un giorno all’altro.
Gran Bretagna: crisi e panico da benzina
Più che crisi della benzina quella in Gran Bretagna è un “panico” da benzina. Il carburante non manca, lo ha ribadito George Eustice. Ministro dell’Ambiente e dell’Agricoltura del Regno Unito, che ha confermato: “I depositi e le raffinerie sono piene”. Il problema infatti è la distribuzione su terra.
Senza lavoratori del settore trasporti, senza i camionisti, la benzina non va dal punto A al punto B e questo ha causato la vera e propria crisi della benzina. Molto del lavoro però, come detto in apertura, è stato fatto dall’informazione giornalistica. Questa ha dato la notizia in chiave allarmistica e ha spinto migliaia di persone a mettersi in fila per fare il pieno di carburante. La conseguenza è stata l’impossibilità di rifornire in tempo tutti i distributori.
Crisi benzina e la richiesta vana di camionisti dell’eurozona
Da tempo le associazioni del settore, come la Road Haulage Association, chiedevano di poter avere il permesso di reclutare lavoratori dall’eurozona. Non è un problema nuovo infatti, la carenza di lavoratori specializzati nella guida di mezzi pesanti era già in corso e pandemia e Brexit hanno fatto il resto. C’è chi parla di 25 mila richieste, ma in verità i numeri di camionisti mancanti è più vicino ai 100 mila.
Il Governo però aveva inizialmente negato l’apertura ai lavatori stranieri, richiamando le associazioni a cercare camionisti nel Paese. Esperti che non si sono trovati, almeno non in tempo, causando quella che oggi è stata appunto battezzata “crisi della benzina”.
Soluzione alla crisi della benzina: far tornare i camionisti europei
Davanti all’evidenza persino il Premier britannico ha dovuto ammettere la necessità di concedere dei visti lavorativi agli europei. Era impossibile infatti addestrare i camionisti in tempo, la Logistic UK ha fatto notare che solitamente ci vogliono circa 9 mesi. Un tempo ovviamente troppo ampio per superare la crisi.
Così Boris Johnson ha ripiegato sulla prima soluzione, quella di concessione di visti lavorativi per camionisti ed esperti del settore trasporti. Si vociferava di appena 5 mila visti, a fronte di una richiesta di quasi 25 mila guidatori. Alla fine si è giunti a un compromesso con l’ala più anti-europeista con la concessione di 10.500 visti lavorativi.
La crisi della benzina può verificarsi anche in Italia?
Lo scenario inglese è spaventoso. In questi giorni arrivano foto di file chilometriche, di serbatoi vuoti, ma soprattutto di supermercati con carenza di ogni genere di bene, anche di prima necessità. Prima di dover affrontare lo stesso tipo di crisi dovremmo porci una domanda.
In Italia può verificarsi una crisi simile? La riposta è sì e non è neanche così lontana dalla realtà attuale. Ad agosto la direttrice di Anita (Associazione Nazionale Imprese di Autotrasporto) Giuseppina della Pepa ha confermato che nel nostro Paese mancano all’appello circa 5.000 camionisti esperti (non patente C, ma patente CE).
La crisi del settore perdura da diversi anni, ben prima dello scoppio della pandemia. Molte aziende hanno creato annunci online, alzato lo stipendio e proposto di pagare parte della spesa di acquisizione della patente, ma nulla.
Attualmente l’Italia fa grande affidamento di lavoratori stranieri, un po’ come succede per la Gran Bretagna, ma la richiesta di camionisti per trasporti pesanti continua a crescere. Cresce pari passo al commercio digitale, alla globalizzazione dei prodotti e alla domanda.
Servirebbe invogliare disoccupati e giovani a intraprendere questo mestiere, oppure aprire le porte a lavoratori stranieri regolari. La richiesta è sempre più alta, tanto da spingere le associazioni nazionali a chiedere al Governo di creare una quota di visti lavorativi per reclutare gli immigrati. Questa soluzione, insieme a una maggior capacità di attrarre giovani, dovrebbe portare a una soluzione della crisi del settore e, insieme, impedire che nel nostro Paese si verifichi la stessa “crisi della benzina” della Gran Bretagna.
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