Steve Jobs è stato licenziato dalla Apple, la sua stessa casa, per poi ritornare e portarla ai livelli stellari e al brand worldwide che è oggi. A Beethoven avevano detto che sarebbe stato un compositore fallito e ad Albert Einstein che non si sarebbe mai realizzato.
Cosa vuol dire fallire e perché quasi sempre si rinasce
A volte il successo è una conseguenza di un insuccesso. Robert Dilts uno dei massimi esperti della PNL sostiene che tutte le persone che una volta erano considerate fallite dalla società, che poi sono riuscite a riscattarsi e ad avere successo, hanno avuto questo riscatto per via della loro forte connessione a qualcosa che andava oltre la loro persona e grazie alla convinzione che nutrivano per la loro visione, che gli ha permesso di superare le difficoltà iniziali. Secondo Dilts le persone di successo non vivono i fallimenti come degli scogli insormontabili, ma piuttosto come dei feedback, talvolta è addirittura necessario fare qualcosa anche si sa già che probabilmente non funzionerà, solo per ottenere il feedback e andare avanti. Una metodologia usata da Dilts è quella del “try and error”, è infatti vitale commettere errori per capire quale sia la strategia migliore da seguire, fallire non rende le persone “fallite”, bensì le fa crescere.
I più grandi della storia e non solo ci insegnano che fallire è umano
L’idea che tutto il percorso debba essere perfetto, senza mai inciampare, senza mai incontrare difficoltà, non è altro che una favola da Baci Perugina. La vita è fatta di lezioni e di sbagli, più si cresce e più ci si rende conto di come siano proprio gli sbagli stessi a renderci più grandi. Albert Einstein, oltre ad aver iniziato a parlare molto più tardi rispetto alla media, a scuola non eccelse mai, tanto che uno dei suoi insegnanti gli disse che “non avrebbe mai combinato nulla nella vita” e dopo il diploma, dovette accettare un lavoro come impiegato all’ufficio brevetti anziché fare l’insegnante come avrebbe desiderato, poiché nessuno dei suoi professori era disposto ad aiutarlo. In maniera analoga, anche Thomas Edison, padre dello sviluppo dell’elettricità, l’inventore della lampadina, fu classificato da un suo insegnante come “troppo stupido per imparare qualcosa”.
Oltre a queste due grandi menti, ci sono altri mille esempi di personaggi che sono partiti dal loro “lowest point”, per poi arrivare ad avere un incredibile successo e fare addirittura la storia. Jk Rowling, autrice della saga di Harry Potter, miliardaria, prima di diventare la JK che tutti noi conosciamo oggi, era una mamma single e disoccupata, ora è forse una delle autrici più famose al mondo se non la più famosa in assoluto. Walt Disney: i suoi cartoni di Topolino furono respinti e considerati inadatti per un pubblico femminile e la sua prima attività imprenditoriale Laugh-O-Gram finì in bancarotta, oggi è il nome e il brand più famoso nel settore cinematografico ed è amato da intere generazioni, dai più piccoli sino ai più grandi. Per non parlare di Abraham Lincoln, considerato il padre della costituzione americana, e uno dei presidenti degli Stati Uniti d’America: ha perso ben 10 elezioni prima di vincere quella per il ruolo di Presidente degli Stati Uniti.
Sempre restando in tema di elezioni politiche, giungendo proprio ai giorni nostri, Donald Trump 45esimo presidente degli USA (ormai uscente), prima di assumere tale carica e prima di riprendere in mano la sua impresa, ancora negli anni 90’ era stato dato per spacciato, con debiti che ammontavano a 1 miliardo di dollari, la stessa cosa accadde alla star di Hollywood Sylvester Stallone: prima del suo debutto cinematografico, era un addetto al banco frigo e anche incredibilmente povero, tanto da dover arrivare a vendere il suo cane ad uno sconosciuto in un negozio di alcolici per 25 dollari, che poi in seguito con il suo primo compenso da star di Hollywood, ricomprò per 15.000 dollari.
Infine Michael Jordan ha definito il suo fallimento come la scintilla che lo ha fatto lavorare più duramente in assoluto. Dopo essere stato scartato dalla squadra di basket alle superiori, continuò ad allenarsi, diventando il Michael Jordan che tutti noi oggi conosciamo. Analizzando la sua carriera atletica personale ha dichiarato:
“Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte ed è proprio per questo che alla fine ho vinto tutto”.
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