Che differenza c’è tra ordinanza, sentenza e decreto? Spesso vengono usati impropriamente come sinonimi, ma non sono la stessa cosa.
Ordinanza, sentenza e decreto non sono la stessa cosa, attenzione quindi a non fare confusione. Per chi non mastica il gergo giuridico, queste definizioni potrebbero sembrare uguali ma in realtà di tratta di cosa ben diverse tra loro.
Ordinanza, sentenza e decreto sono provvedimenti pronunciati dal giudice nel corso del processo ed hanno forma, valore e contenuto differenti: la sentenza può essere di assoluzione o di condanna e ha carattere definitivo, l’ordinanza invece riguarda una sola questione processuale ma non chiude il giudizio, mentre il decreto è un atto più snello e serve in genere ad ordinare lo svolgimento di un atto propedeutico all’intero processo.
Conoscere la differenza tra questi termini è molto importante, sia per essere dei cittadini più consapevoli sia per comprendere la nostra posizione processuale. Ecco qualche delucidazione per decodificare il “giuridichese”.
Cos’è l’ordinanza
Non di rado nascono dei dubbi sulla differenza tra ordinanza e sentenza, i provvedimenti più comuni emessi dal giudice. Si tratta però di pronunce molto diverse tra loro.
L’ordinanza, a differenza della sentenza, non ha carattere definitivo e quindi non chiude il processo. Essa, infatti, serve al giudice per decidere su una questione determinata - come può essere la convalida di una misura cautelare o l’ordine di integrazione delle indagini preliminari - ma non determina la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato.
L’ordinanza una volta emessa dal giudice è imperativa, ma può anche essere revocata (cosa che non può mai avvenire con la sentenza, in quanto definitiva). Il giudice inoltre non è tenuto a particolari formalità per la redazione dell’ordinanza, anzi questa può anche essere pronunciata in forma orale e poi trascritta in calce nel verbale di udienza. Anche la motivazione non è paragonabile a quella necessaria per la sentenza.
Cos’è la sentenza
Veniamo alla sentenza. Questo senza dubbio il provvedimento tipico del giudice, infatti serve a chiudere un processo e può essere di condanna, se il giudice riconosce la colpevolezza dell’imputato, o di assoluzione se il fatto non sussiste o non costituisce reato.
In pratica la sentenza rappresenta la decisione finale su una questione e può essere contestata solo se la parte decide di fare ricorso in secondo grado di giudizio entro i termini previsti dalla legge.
Le sentenze si dividono anche in sentenza di merito e sentenze processuali:
- quelle di merito accolgono o respingono, in tutto o in parte, le domande delle parti;
- quelle processuali o di rito evidenziano la carenza di un presupposto per poter procedere alla definizione del giudizio.
Cos’è un decreto
Oltre alla sentenza e all’ordinanza, il giudice può pronunciare anche il decreto. Questo è un provvedimento più semplice e snello e in genere serve ad ordinare un atto specifico o un’azione propedeutica allo svolgimento del processo. Esempio tipico è il decreto ingiuntivo, che consiste nell’ordine di pagare il debito in favore del creditore. Il decreto serve anche a fissare la data delle udienze future o a stabilire i termini di comparizione delle parti, tutte decisioni che servono allo svolgimento del processo ma non riguardano il giudizio di innocenza/colpevolezza dell’imputato.
Di regola il decreto è irrevocabile e non può essere impugnato dalle parti.
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