Tutti i cambiamenti in atto nell’e-commerce stanno assecondando i trend imposti dalle nuove generazioni. Cosa ha detto il Netcomm Forum 2022
La comunità del futuro è quella del cambiamento: è la Generazione Z, che nel processo di acquisto non persegue il possesso, ma l’esperienza. Potrebbe essere un tweet alla vecchia maniera, sufficiente a dire dove sta dirigendosi il mondo del commercio, che laddove sembra essere ancora fisico, ormai è anche digitale, perché se non altro crea continuamente dati.
“Stanno nascendo nuove economie, da scoprire: parliamo di e-commerce, ma è già un’altra era. Perché la generazione Z ha già dimostrato con l’ambiente cosa fare del futuro, ora lo fa con il digitale”.
A dirlo non è stato un rivoluzionario digitale della West Coast, ma Roberto Liscia, presidente di Netcomm, oggi, in apertura del Netcomm Forum di Milano.
Ma la rivoluzione del customer journey, che comunque c’è ed è palpabile, riguarda prevalentemente il pagamento, che è il momento topico, quello in cui si fanno le scelte finali.
Ed ecco che si staglia, prepotente, il fenomeno del Buy Now Pay Later, con cui presto o tardi tutti faremo i conti.
L’e-commerce, ha ricordato Liscia oggi rappresenta il 20% del totale retail. In Italia ci sono 33 milioni di acquirenti online, +9,6 milioni dal pre pandemia, con un indice di soddisfazione esagerato: 8,8 su 10.
Il 27% di chi compra nei negozi fisici compra anche online presso lo stesso venditore: è così che si crea l’ingaggio multi canale, ibrido.
Cosa sta accadendo nel mondo
Per spiegare il momento Liscia ha dipinto il nuovo contesto in cui ci muoviamo.
C’è il remote working, che da un lato ha ridotto il numero dei negozi, dall’altro ha fatto aumentare il prezzo delle case nelle città.
La sostenibilità ha creato nuovi modelli di domanda e offerta e si sono affermati nuovi modelli di consumo. Cresce il digital entertainment e il search di prodotti: il digital research online oramai è un trend indefettibile.
Si sono indebolite le filiere della supply chain, tanto che ora si parla di friendshoring: il commercio che si basa sulla fiducia, non più tanto relazioni contrattuali.
E poi c’è il grande ritorno dell’inflazione, che riduce i consumi e i margini.
Perché il modello della Generazione Z ha già vinto
Dicevamo della Generazione Z. Parola di Liscia, “ora rappresenta il 5%, ma presto o tardi sarà il 100%. È social, connessa, smart, trasparente, informata, resiliente, pragmatica, incisiva, lotta per i diritti, si schiera contro omofobia e razzismo, ricerca unicità, autenticità e sostenibilità, con stile e esperienze personali”. Qualcuno ha voglia di dargli torto?
I cambiamenti introdotti da queste spinte sono una manna per i marketer, i digital relailer, le piattaforme e i sistemi di digital payment.
Per la Generazione Z il video è il formato per eccellenza di comunicazione, così come i social lo sono per i contenuti.
Preferisce fare acquisti online, ma ama vedere i prodotti in negozio: prodotti esclusivi, fatti di esperienza, contenuti e design.
“Ma questi sono valori per tutti, non solo per la generazione Z”, ha osservato Liscia.
Per esempio, per Simone Zucca, director sales retail fashion luxury e finance di Google Italia, intervenuto al Netcomm Forum, si sta passando dal "semplice” digital commerce al live commerce, con i brand che creano storie con la collaborazione dei cosiddetti creator.
L’immersività chiede però conoscenza diretta con il consumatore, per fornire messaggi personalizzati, graditi da 2 acquirenti su 3. E la Corporate Social Responsibility non basta più: il 90% della Generazione Z compra e comprerà solo da chi rispetta i suoi valori. È la nuova accountability.
Le trasformazioni in atto
Nel comune denominatore ci sono due trasformazioni. Quella digitale, basata sull’omnicanalità, il social commerce, l’ultimo miglio come fattore di competitività e il pagamento esperienziale.
E quella green, con interesse per la produzione sostenibile ed etica, per la tracciabilità dei prodotti, per un nuovo volto phygital della città, con impegno per la vita locale.
Tutto e solo online, quindi? Nemmeno per sogno. La reazione del retail tradizionale è quella del negozio va al cliente, della spesa in 10 minuti, della logistica che diventa negozio, del negozio non presidiato, della robotizzazione del delivery, del live streaming dello shopping.
Tutto questo con un metaverso all’orizzonte: nel 2026 il 25% delle persone spenderà un’ora al giorno nel metaverso per lavoro, shopping, istruzione, intrattenimento. E chi saranno i leader del mercato? Le aziende del gaming, di software, i social.
La tecnologia di base
In questo scenario i Big data servono per personalizzare i messaggi verso i clienti, fare modelli di marketing predittivi e modelli di attribuzione per allocare meglio le risorse.
La Customer Data Platform è l’evoluzione di tutto quanto fatto sinora: tesse tutti i fili di conoscenza del cliente, unifica i dati con una vista unica. Questa è la vera sfida per tutte le imprese.
Riassumendo, le sei sfide in atto per il retail ricordate da Liscia sono: creare una struttura cross channel, senza farraginosità, veloce ed esperienziale; umanizzare la relazione nel digitale; innovare la logistica; perseguire la sostenibilità e la circular economy; avere l’eccellenza nella data analytics; acquisire competenze digitali.
Buy Now Pay Later, il trend
Per Maria Teresa Minotti, country director di PayPal, intervenuta al Netcomm Forum, il Buy Non Pay Later è il trend che le aziende non possono più ignorare, anche se in Italia è arrivato in ritardo rispetto agli altri Paesi.
Il 76% dei consumatori italiani è propenso ad acquistare di nuovo da un e-commerce se gli viene offerto il BNPL, il 63% abbandonerebbe il carrello se non fosse presente il BNPL.
L’utilizzo di PayPal tra la Generazione Z è aumentato nel 2022, a 18,5%. In questo ambito il BNPL è un elemento di attrazione
Il BNPL, ha ricordato Minotti a Money.it, “è un prodotto differente rispetto al credito al consumo. Noi abbiamo seguito un processo severo di accreditamento, siamo un istituto finanziario. La soluzione va comunicata in maniera sana ai consumatori, facendo scelte anche etiche. Per esempio noi non offriamo la soluzione BNPL per la vendita dell’alcol. C’è un aspetto positivo, ed è la flessibilità. Abbiamo come clienti le utility e il government, come PagoPA: così andiamo incontro alle necessità attuali”.
Rateizzare una bolletta della luce può far comodo a molti, quindi ben venga il BNPL, che così nei dimostra essere trasversale al tema generazionale.
A conferma, il ceo di Paypal, ci ha ricordato Minotti, usa lo slogan “democratizing financial services".
Ed ecco perché, come ha spiegato Laura Furlan, direttore generale di PostePay, che sta lanciando il wallet, “se vogliamo raggiungere le nuove generazioni bisogna partire dai valori: pertanto la soluzione deve essere digitale al 100%, non è una prepagata online, ma uno strumento integrato con i conti e le carte di terzi e ai servizi di Poste, e integrato con l’identità digitale Spid".
Paolo Picazio, country Lead di Shopify, ha osservato che “l’e-commerce sta migrando sui social, il live selling è in continua crescita, ce lo dicono i plug sulle app dei merchant: è un modo sempre più forte per ingaggiare la propria community. A proposito di community: bisogna investire nel giusto team, associare obiettivi di business alla community per dar un motivo chiaro alle persone per tornare. Fondamentale in un mondo cookieless: non ci sono problemi a dare i propri dati se si percepisce che dall’altra parte ci sono persone corrette”.
Alessandro Bocca, ceo di Axerve, ci ha ricordato che oggi “i pagamenti digitali con le carte sono complessi da gestire, per via di alti numeri e normative, che possono mettere a rischio la conversion. Quando un e-commerce manager sceglie una piattaforma fa una scommessa. E se non va bene? Ragioniamo allora sul pagamento. Gli elementi sono la sicurezza della transazione e la conversion: serve avere una piattaforma per accedere all’intero ecosistema di pagamento. Axerve lo fa in qualità di istituto di pagamento, dando come commodity la tecnologia. La logica è dare un customer journey fluido”.
Quanto vale oggi l’e-commerce in Italia
Valentina Pontiggia, direttore osservatorio e-commerce B2C della School of Management del Polimi ha detto che l’commerce B2C in Italia nel 2022 vale 45,9 miliardi di euro (+14% rispetto all’anno precedente), di cui 34 fatti dai prodotti e 11,9 dai servizi.
A crescere di più è il settore food e grocery, mentre rallentano la crescita i prodotti maturi. Il tasso di penetrazione degli acquisti online è dell’11% e il 55% degli acquisti avviene tramite smartphone.
Il tutto al netto delle incertezze di contesto, che si chiamano Covid, guerra russo-ucraina, crisi della supply chain e su fenomeni economici come il costo dell’energia, che ha inciso sul conto economico e sulla riduzione del potere di acquisto delle persone, e che fa rivedere le stime di fatturato ai merchant.
Il contesto internazionale e le minacce
Per Bruno Basalisco, Direttore di Copenhagen Economics, la regolamentazione dell’e-commerce globale è una questione multidisciplinare.
“Ci sono due mega trend: approfondimento della globalizzazione e trasformazione digitale. Oggi Internet funziona con cavi sottomarini che tengono unito tutto il mondo, sulla base di poche linee fondamentali: chiediamoci se siamo sufficientemente sicuri delle nostre connessioni”.
I motori di efficienze e profitti partono dai benefici nello scambio fra nazioni, per poi fare incontrare domanda e offerta.
Per esempio, l’Italia è un paese esportatore (intra Ue il 51%), con 3 milioni di posti di lavoro in più che sono trainati dall’export, di cui il 48% nei servizi.
Il B2C cross border ha dato modo ai clienti italiani di fornirsi ovunque e alle aziende di sfruttare il made in Italy.
In un mondo a blocchi ci sarà ancora questa convergenza?
I rischi che corriamo, secondo Basalisco, sono quelli di una internet balcanizzata, catene frammentate, divergenze di esperienze di consumo, peso delle barriere al commercio, come sanzioni, embarghi.
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