Con circa 30mila nuovi soldati russi schierati al confine ucraino cosa dobbiamo aspettarci? Occhi puntati sulla «Union Resolve 2022».
Oggi, giovedì 10 febbraio, hanno avuto inizio le operazioni della «Union Resolve 2022», la campagna di esercitazioni militari delle truppe russe e bielorusse schierate nella regione di Brest, al confine con l’Ucraina.
I portavoce di Minsk e Mosca non hanno specificato il numero di soldati e di mezzi che partecipano a queste manovre, ma secondo fonti occidentali per l’occasione sono state inviate circa 30mila nuove unità portando a quota 100mila il numero di soldati impegnati al «fronte».
La notizia non può passare inosservata perché, è ormai evidente, il pressing di Putin sulla NATO assume forme via via più concrete, intercettando solide alleanze strategiche e intaccando i punti deboli dell’organizzazione.
L’attività congiunta di queste forze, non a caso, desta l’attenzione di diversi governi occidentali che guardano ancora al futuro prediligendo la via della diplomazia ma vengono messi sempre più alle strette dal Cremlino e dai suoi fedeli sostenitori. Alla luce di questi eventi, passiamo in rassegna le interpretazioni degli analisti per capire se il conflitto ha veramente spazio per concretizzarsi e, se sì, quali sono le tempistiche stimate.
Perché proprio la Bielorussia?
La Bielorussia di Alexander Lukashenko non si è fatta conoscere esclusivamente per i disordini interni causati dalle proteste cittadine contro l’autocrate, ma anche e soprattutto perché dietro la forza di questa figura c’è quasi sempre l’ombra possente di Mosca.
Da questo sodalizio Lukashenko però sa di non uscirne alla pari: i ricatti economici di Putin, ben mascherati in nome della vicinanza ideologica stabilitasi tra i due leader, sono solo un’efficace strumento per implementare il potere negoziale russo.
La Bielorussia infatti è un territorio di forte interesse geopolitico. La sua collocazione geografica la rende un ottimo candidato per un agevole ingresso in Ucraina mentre, da punto di vista commerciale, ci sono delle controversie sul fronte delle esportazioni.
La Lituania infatti ha recentemente imposto il divieto di utilizzare il porto della città bielorussa Klaipeda. Questa roccaforte degli affari di Minsk vede quindi andare in fumo il suo export annuale di 12,5 milioni di tonnellate di fertilizzanti, la principale fonte di entrate per il paese.
Come se non bastasse la Lituania ha poi concesso ai porti russi il controllo di queste spedizioni dando quindi a Mosca un ulteriore leva sul presidente Lukashenko.
Il conflitto potrebbe aprirsi a breve?
Il ministero della Difesa russo ha confermato in un comunicato l’inizio delle manovre in Bielorussia e come queste siano in programma fino al 20 febbraio, un lasso di tempo in cui le truppe si concentreranno sulla «soppressione e il respingimento di aggressioni esterne».
L’interpretazione di queste parole non è univoca ma la Casa Bianca ha definito le esercitazioni una vera e propria «escalation» delle tensioni in Ucraina. A fomentare questa visione c’è l’invito russo rivolto al personale non essenziale nella sua ambasciata a Kiev; lasciare temporaneamente il Paese è la comunicazione che è stata diffusa in queste ore.
D’altro canto c’è chi non interpreta i 10 giorni di attività previsti in alcuni campi di addestramento e aeroporti bielorussi come un segnale di attacco imminente.
Secondo la NATO questa mossa rappresenta sì il più grande dispiegamento di forze militari russe in Bielorussia dai tempi della Guerra fredda ma, al contempo, non è realistica una mobilitazione prima della fine dei Giochi Olimpici.
Quest’aspetto è infatti particolarmente interessante: settimana scorsa, Russia e Cina hanno annunciato una serie di accordi commerciali ed energetici che, tra le altre cose, comprenderebbe anche un nuovo gasdotto per aumentare le forniture di gas russo alla Cina. Per non far saltare l’accordo, Putin è ovviamente disposto a non mettere in ombra il momento di gloria di Xi Jinping con le Olimpiadi di Pechino.
Altra informazione chiave è la perfetta corrispondenza della fine dell’operazione Union Resolve 2022 e la chiusura della manifestazione sportiva.
Insomma, secondo il Washington Post se ci sarà un principio d’invasione in Ucraina non sarà mai prima di questa data.
A che gioco sta giocando Putin?
La risposta è semplice: si punta al logoramento psicologico degli avversari.
In queste ore circolano infatti molteplici letture sulle nuove mosse strategico-militari messe in atto dalla Russia per aumentare il pressing ucraino al confine, ma la più accurata con molta probabilità è quella del corrispondente da Mosca del New York Times Anton Troianovski. Il giornalista ha detto infatti che la crisi ucraina “è qui per restare” perché Mosca sembra non avere alcuna fretta di risolvere l’impasse.
Aumentare la pericolosità potenziale di questo avvicinamento forzato è il vero obiettivo di Putin. Come spiega anche Andrei Sushentsov, preside della scuola di relazioni internazionali del MGIMO “per troppo tempo l’Europa occidentale si è cullata nel pensiero che una nuova guerra nel continente fosse impossibile. Per Putin quel punto di vista deve cambiare”.
Il Cremlino punta quindi a “mantenere costante la minaccia di una guerra, in modo da imporre negoziati che i funzionari occidentali hanno evitato fino ad ora”.
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