Dal 4 maggio dovrebbe prendere il via la Fase 2 con quasi 3 milioni di persone che torneranno a lavoro: con le scuole chiuse, specie quelle per l’infanzia, per le famiglie questo potrebbe essere un problema non da poco, ma soluzioni da parte del governo finora non sarebbero all’orizzonte.
La Fase 2 finalmente è pronta a scattare in Italia dal prossimo 4 maggio, ma ancora sono tanti gli aspetti da chiarire per questo primo step di riaperture che inizialmente riguarderà soprattutto la sfera lavorativa.
A inizio maggio si calcola che saranno 2,8 milioni gli italiani che torneranno sul proprio posto di lavoro, una situazione che ha subito allarmato i sindaci che devono fare i conti anche con le direttive in materia sanitaria.
Soltanto nelle ultime ore però Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, ha sollevato la questione della problematica di quei genitori che tornando a lavoro si troveranno a dover sistemare i figli vista la chiusura delle scuole.
Una questione non di poco conto sulla quale il governo appare essere in clamoroso ritardo: nelle ultime settimane il Ministero dell’Istruzione ha speso fiumi di parole su tematiche come l’esame di maturità, cosa molto delicata ci mancherebbe, ma è rimasto silente sul destino di asili nido, materne e scuola primaria.
Finora il governo ha tamponato la situazione con il congedo parentale di 15 giorni che ora dovrebbero diventare 30 con la Fase 2, oltre al bonus babysitter da 600 euro mentre adesso sarebbe in arrivo anche con il decreto Aprile l’assegno universale per chi ha figli minori di 14 anni.
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Fase 2: cosa faranno i lavoratori con figli?
Ormai appare chiaro che in Italia le scuole riapriranno a settembre. In che modo ancora non è dato sapere anche perché tutto dipende da come evolverà la curva del contagio da coronavirus, una conditio sine qua non per ogni discorso relativo alla Fase 2.
Tutte quelle famiglie con entrambi i genitori lavoratori e che hanno figli che non possono essere lasciati a casa da soli, da maggio a settembre dovranno trovare qualcuno che si occupi dei bambini.
Per chi lavora full time il bonus da 600 euro non è assolutamente adeguato a coprire la spesa mensile per una babysitter, senza contare il fatto che per la sicurezza sanitaria si dovrà trovare una persona che magari si è fatta un tampone al momento spesso introvabile anche per chi ha i sintomi del coronavirus.
Non tutti poi hanno la possibilità di affidarsi ai nonni che comunque sono la fascia più a rischio per il COVID-19. Anche essere in smart working da casa non vuol dire poter badare a un figlio piccolo: come può una mamma o un padre lavorare otto ore da casa in maniera efficiente se deve pensare a un bambino piccolo?
“Utilizziamo i centri famiglia, i campi scuola, coinvolgiamo il Terzo settore” ha proposto il sindaco di Bari Antonio Decaro, mentre Virginia Raggi ha parlato di una riapertura a luglio di scuole come centri estivi.
Ipotesi queste ancora tutte da vagliare mentre il 4 maggio, fortunatamente, si avvicina sempre più. Anche aprendo centri estivi o scuole, come si potrà garantire che dei bambini di tre anni possano rispettare la distanza di sicurezza? Come si potrà soddisfare tutta la domanda di posti? Chi ne avrà diritto a usufruirne?
Mentre si discute in maniera accesa sulle interrogazioni online, tutte queste domande al momento non sono state minimamente affrontate dal Ministero dell’Istruzione con tutto il governo in generale che è in tremendo ritardo sulla tematica.
Come spesso accade in Italia ci si troverà ad affrontare il problema soltanto quando questo esploderà sotto gli occhi di tutti, cercando di mettere le proverbiali pezze promettendo qualche bonus quando invece quello di cui si avrebbe bisogno sarebbe una linea programmatica e dei servizi adeguati.
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