Fed smorza i toni, necessari meno rialzi dei tassi di interesse nel 2016. Goldman Sachs interviene: non è così
I toni dovish della conferenza di Janet Yellen dello scorso mercoledì e la decisione da parte della Federal Reserve di rivedere al ribasso le proprie previsioni sul PIL e sui prossimi rialzi dei tassi hanno determinato l’andamento dei mercati negli ultimi giorni.
Tuttavia, alcuni economisti d’oltre oceano hanno evidenziato la possibilità che la Fed stia sottostimando la situazione dell’economia degli Stati Uniti.
Goldman Sachs interviene dubitando dello scenario presentato alla conferenza stampa, affermando che le prospettive della banca centrale non avevano motivo di essere riviste, e che quindi i rialzi dei tassi di interesse previsti per il 2016 dovessero rimanere tre.
Sulla questione il primo a intervenire è Jim DeMasi, managing director della Fixed Income Strategist, che in sostegno della banca centrale afferma:
“La Fed non ha nessuna fretta di alzare i tassi di interesse e non stava seguendo nessun piano di rialzi programmati.
L’aumento dello scorso dicembre non era da intendere come un segnale di inizio di un progressivo e programmato percorso al rialzo.”
Di parere contrastante è invece Goldman Sachs, i quali economisti sostengono di non fidarsi dello scenario dipinto dalla Fed nell’ultima conferenza, ritenendo di non vedere nessun motivo per cambiare le loro prospettive.
A dispetto delle dichiarazioni della Yellen, gli economisti della Goldman Jan Hatzius e Zach Pandl, insistono nel mantenere le loro previsioni che vedono ben tre rialzi dei tassi per quest’anno, in corrispondenza dei meeting del FOMC di giugno, settembre e dicembre.
La differenza di vedute è giustificata da un’incertezza nelle stime dell’inflazione.
Fed, tassi e prospettive: il peso dell’inflazione
C’è più di un motivo per credere che la banca centrale degli Stati Uniti stia sottostimando il ritmo di crescita dell’inflazione.
Secondo la Fed di Atlanta l’indice dei prezzi al consumo in riferimento ai settori dove si registra meno volatilità ha superato il 2,5%, ben al di sopra del target della Fed, vicino al 2%.
Mentre l’indice armonizzato sulla spesa personale degli statunitensi del FOMC è all’1,7%, quasi un punto percentuale al di sotto.
Nell’incertezza di queste stime, che si distanziano di quasi un punto percentuale, è possibile che si nascondano le future decisioni di politica monetaria.
Sono infatti gli stessi economisti della Goldman Sachs ad affermare che un minor numero di rialzi nei tassi di interesse è possibile solo nel caso in cui l’inflazione non riesca a raggiungere i livelli voluti.
Ogni scenario rimane per ora aperto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA