Nonostante il tonfo dei mercati, dei dati macro e della liquidità, le minute indicano rialzi da 50 punti base ai prossimi due meeting e misure restrittive contro l’inflazione. Tradotto, Qe alle viste
Aumenti dei tassi da 50 punti base ai prossimi due meeting (14-15 giugno e 26-27 luglio) e una discussione sul tavolo che vede la maggioranza dei membri del Comitato monetario favorevole a discutere misure maggiormente restrittive per contrastare l’inflazione, nonostante gli indicatori sembrino confermare con un peggioramento ulteriore del trend sia da escludere. Insomma, la solita Fed. Le solite minute.
Perché come mostra questo grafico,
relativo all’indicatore di Bloomberg del sentiment di mercato rispetto ai contenuti delle minute dei FOMC sulla serie storica, il termometro dell’attitudine da falco registrata immediatamente dopo la pubblicazione appare in linea con quella degli ultimi 30 anni. Come mai nessuno sembra spaventato da un’ipotesi così drastica di normalizzazione delle condizioni monetarie? Paradossalmente, perché tutti sanno che è impossibile. E lo mostrano plasticamente questi grafici,
i quali mostrano nell’ordine il peggioramento del Citi Surprise Index relativo alle condizioni macro dell’economia Usa, la conseguente prezzatura dei futures rispetto a un più che probabile reverse verso nuovo allentamento e il livello estremo delle condizioni finanziarie sul mercato statunitense. Il tutto, giova sottolinearlo, in simile caduta libera solo dal board del 3-4 maggio scorso.
Insomma, nessuno può pensare che la Fed possa davvero spingere l’acceleratore in una situazione di pre-recessione come quella attuale. Ad ecco, quindi, il cattivo pensiero: forzare la mano ai prossimi due meeting con rialzi da 50 punti base, ammesso e non concesso che realmente accada, potrebbe sostanziarsi come l’estremo atto di auto-sabotaggio, la fase terminale dell’esperimento di incidente controllato necessario per mostrare come, parafrasando il motto di El Alamein, non mancò il coraggio di normalizzare ma la fortuna di un contesto globale addirittura di contrapposizione bellica fra blocchi. Come dire, noi avevamo le migliori intenzioni, blame on Putin. E guarda caso, se davvero si arrivasse a un punto di aumento da qui a due mesi, entrando in modalità above neutral sui tassi, un eventuale crash si sostanzierebbe nell’arco di tempo del mese che intercorre fra il board di luglio e il simposio di Jackson Hole, fissato quest’anno per il weekend del 25-27 agosto.
Late summer surprise dopo la cruel summer, come nella hit anni Ottanta delle Bananarama? Apparentemente, sì. Perché in condizioni di mercato e macro come quelle appena descritte nei grafici e con un’inflazione che, se anche avesse raggiunto il picco, difficilmente tornerebbe in un range di normalità entro l’appuntamento di inizio novembre con le elezioni di mid-term, la Fed opera con il pilota automatico. Non può che forzare le dinamiche e aspettare che il fantasma della recessione divenga più spaventoso di quello dell’inflazione, sperando che l’accelerazione cinese nelle politiche espansive garantisca un effetto freezer ai prezzi interni. E nel frattempo, cosa si fa?
Con ogni probabilità, pulizia nei bilanci. Ripulendo, scaricando, svendendo se serve. Perché le minute della Fed, nei fatti, rappresentano il corrispettivo di politica monetaria della prova costume in vista dell’estate: esattamente come i rotolini da far sparire a tempo di record per presentarsi al meglio sulla spiaggia, così una Wall Street conscia di un Qe bellico in arrivo just in time per il voto autunnale intende snellire i Level 3 e gli stati patrimoniali da tossine e anti-estetici accantonamenti e pompare sul ritorno al leverage, pronti al nuovo El Dorado del margin debt. Jerome Powell ormai non si pone nemmeno più il problema di intervallare il ruolo di poliziotto buono e cattivo, si limita a recitare a soggetto. In un teatro dell’assurdo che pare non voler smettere di andare in scena e macinare repliche, nemmeno fosse Cats o I miserabili. Perché finché il pubblico applaude e il trucco pare reggere, vige la regola di Hollywood: lo show deve continuare.
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