Lo stato in cui versa la nostra forza armata mostra numeri decisamente preoccupanti in termini di efficienza. Ecco perché.
Qualche giorno fa una circolare dello Stato maggiore dell’Esercito che ha messo in stato di pre-allerta i militari italiani alla luce del conflitto in Ucraina, ha fatto molto discutere.
Si tratta sicuramente di una prassi dovuta considerati gli ultimi sviluppi della guerra e la necessità di farsi trovare preparati nel caso ci sia bisogno di intervenire. Allerta però che non combacia con efficienza, o almeno lo fa solo sulla carta.
Andando infatti ad analizzare i numeri e lo stato in cui versano i mezzi delle forze armate italiane ci si rende conto che nella realtà dei fatti siamo ben lontani dall’essere all’altezza di una potenza militare. C’è uno stato di carenza di risorse, uomini e mezzi che va avanti da anni. Ecco i numeri nel dettaglio.
Cosa contiene la circolare dell’Esercito italiano
Lo Stato maggiore dell’Esercito italiano ha emanato lo scorso 9 marzo una circolare che impartisce nuove disposizioni operative a tutti i comandi. La diffusione della circolare su alcune chat ha innescato numerose polemiche su una sorta di preparazione alle armi all’insaputa degli italiani.
Nel dettaglio per quanto riguarda il personale lo Stato maggiore ha chiesto che siano valutate bene e ridotte al minimo le domande di congedo affinché il personale sia disponibile. Questo dovrà essere alimentato al 100% con personale ready to muove, senza vincoli di impiego operativo.
Sul fronte dell’addestramento si specifica che tutte le attività dovranno essere improntate sul warfighting.
Particolare attenzione viene posta anche al livello di efficienza di armi e mezzi. “Siano raggiunti e mantenuti i massimi livelli di efficienza di tutti i mezzi cingolati, gli elicotteri e i sistemi d’arma dell’artiglieria” - si legge nella circolare.
Lo stato di efficienza in cui versa la Forza armata italiana
Lo Stato maggiore ha chiesto che uomini e mezzi siano messi in stato di massima allerta ed efficienza. Ma analizzando i numeri ci si rende conto che la forza armata italiana non se la passa benissimo.
Basta leggere le audizioni in commissione difesa delle camere degli ultimi anni per rendersene conto.
Il nostro Esercito vanta 125 carri armati ma meno della metà è operativo. I cingolati “dardo” in servizio presso la fanteria pesante dell’Esercito dovevano entrare in servizio negli anni 80, sono arrivati nel 2004 quando erano già vecchi di 20 anni.
In 20 anni la riduzione di velivoli è stata drastica: da 842 si è passati a 500 e meno di 300 hanno funzioni di combattimento. Ragionando in chiave moderna poi l’Italia non è dotata di droni da poter dotare di armi.
Anche analizzando i numeri del personale delle forze armate si nota come è difficile raggiungere una massima efficienza. Ad oggi il nostro comparto difesa annovera 95.511 militari, ma nel 2020 solo il 20% ha preso parte ad esercitazioni belliche.
Un altro 20% circa, pari a 19.389 militari, è stato impiegato in compiti per missioni all’estero o per operazioni come “strade sicure”. Operazione nata nel 2008 per contrastare la criminalità nei centri urbani: doveva durare 6 mesi, viene rinnovata ininterrottamente da 14 anni limitando così tempo all’addestramento in contesti bellici.
Chi è messa peggio è sicuramente la Marina militare. Al momento in Italia sono operative solo 2 portaerei, la Garibaldi e la Cavour mentre la Trieste deve essere ancora varata.
Due portaerei con un numero così limitato di uomini da garantirne a stento l’operatività. Anche i famosi caccia F-35 sono in numero limitato. Ne arriveranno 30 nei prossimi anni ma prima di parlare di piena operatività dovranno passare almeno 6-7 anni.
L’errore è stato pensare che un maggior livello tecnologico potesse compensare una sempre minore quantità di uomini e mezzi. I vertici militari chiedono da anni maggiori investimenti nella Difesa e presto verranno accontentati.
Il 1° marzo è passato col decreto Ucraina un ordine del giorno che impegna il governo ad alzare la spesa militare fino a raggiungere il 2% del Pil. Si tratta di una scelta presa di comune accordo con gli altri paesi della Nato già anni fa.
In questo modo la spesa militare annuale passerà nei prossimi anni dagli attuali 25 miliardi a 38. Ben 104 milioni di euro al giorno.
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