Nel dibattito tra body cam sì e indentificazione no chi ci rimette? Tutti: forze dell’ordine, cittadini, fiducia nelle istituzioni e nel sistema giuridico. Cosa può cambiare ce lo dice l’Europa.
I video dei pestaggi di un gruppo di ragazzi e ragazze, avvenuti in una zona centrale di Milano, da parte di un gruppo di carabinieri sono diventati virali e hanno riacceso il dibattito sulle body cam e gli identificativi per le forze armate italiane. Difficile trovare un accordo tra i racconti dei due gruppi, quello dei giovani e quello dei carabinieri e l’uso quantomeno delle body cam avrebbe reso molto più semplice ricostruire gli eventi.
L’uso di sistemi di sicurezza per il cittadino e le forze dell’ordine, come un numero identificativo o le tanto discusse body cam, dividono. In generale l’opinione pubblica, la politica e le forze dell’ordine sembrano essere favorevoli all’uso delle body cam; mentre è frenato da più parti l’uso di un numero identificativo per segnalare abusi. Secondo alcuni, come Stefano Paoloni, Segretario Generale del SAP (Sindacato Autonomo Polizia), sarebbe umiliante utilizzare i “numeretti”.
Quella di body cam e numeri o codici identificativi non è certo una novità del 2021, già nel 2011 Amnesty International aveva promosso la campagna “Operazione trasparenza. Diritti umani e polizia in Italia”, nel quale si chiedevano misure di identificazione per gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. Una richiesta che proviene anche dalla stessa Europa, dove 21 stati su 28 già identificano gli agenti di polizia.
Rimangono fuori: Austria, Cipro, Italia, Lussemburgo e Olanda.
Sì alle body cam e no ai numeri identificativi, perché questa differenza?
Pensare che tra le forze dell’ordine ci siano poche mele marce è confortante, ma se così non fosse? Si sente dire spesso che non si deve fare di tutta l’erba un fascio, ma non accettare di migliorare il sistema mette in cattiva luce prima di tutto le “mele buone”, volendo continuare questa metafora.
“Metteteci la faccia!” è la richiesta che viene fatta oggi e viene spontaneo pensare che se non si ha nulla da nascondere sul proprio operato questo non dovrebbe essere un problema. Dall’altra parte c’è chi fa notare che in questo modo si espongono poliziotti e carabinieri a possibili ripercussioni da parte dei criminali. Nel 2018 Loredana De Petris, del gruppo LeU, tentò di rispondere a questa ipotesi, spiegando che il numero o il codice identificativo sarebbe stato utilizzato solamente dall’amministrazione per risalire all’identità dell’agente.
Il punto di incontro sembra quindi essere l’utilizzo delle sole body cam, un mezzo semplice di controllo delle attività che piace a forze dell’ordine, sindacati e politici, un po’ meno ai cittadini o agli attivisti. Rimane però solo una proposta, anche se in alcuni comuni si sta sperimentando l’uso delle videocamere già da diversi anni.
La proposta di legge in Italia è ferma e nel frattempo a rimetterci sono tutti
La situazione di stallo nella quale si trovano a operare gli agenti e a vivere i cittadini non favorisce nessuno. Casi di abuso di potere sono frequenti, quanto gli attacchi alle forze dell’ordine in servizio.
Una proposta di legge esiste ed è stata presentata il 23 gennaio 2019 dalla deputata Giuditta Pini. Nella proposta viene richiesto l’uso di body cam e di codici identificativi come già avviene in molti altri paesi europei (21 su 28). A nessun agente è richiesto di esporre il proprio nome o l’indirizzo di casa, ma di avere un numero corrispondente alla sua identità conosciuto solo dall’amministrazione della caserma.
In questi giorni la deputata è tornata sull’argomento e ha voluto ricordare i casi di abuso per i quali ancora oggi è difficile trovare tutti i colpevoli: dal G8 di Genova, ai casi di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. L’uso delle body cam e dei codici identificatici all’estero ci danno un’idea del risultato che potremmo ottenere: giustizia, tanto per le forze dell’ordine quanto per i cittadini.
Cambiare il sistema, migliorarlo, aumenterebbe la fiducia dei cittadini nelle forze dell’ordine, ora fermo intorno al 60-65% (dati Ministero dell’Interno) e garantirebbe agli agenti una più semplice gestione delle accuse di violenza e abuso di potere, provabili o meno grazie all’uso di dispositivi di controllo come le body cam e i codici identificativi.
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