Il Governo Draghi riduce le spese per la scuola: la conferma nel Def

Marta Zanierato

10/04/2022

Nonostante le promesse di Draghi riguardo gli investimenti, la spesa per la scuola scende di mezzo punto nel Pil. Vediamo perché.

Il Governo Draghi riduce le spese per la scuola: la conferma nel Def

 Il testo del Documento di economia e finanza 2022 è pubblico sul sito del Tesoro e una nota significativa ha creato molto disappunto nel mondo della scuola. Gli interessati, infatti, hanno subito notato che gli investimenti promessi dal governo Draghi non sono stati rispettati e che la spesa per la scuola, nell’arco temporale 2022-2025 è stata ridotta di mezzo punto di Pil.
 
È ciò che emerge nel Def presentato il 6 aprile: dopo le spese d’emergenza per il Covid del biennio 2020-2022 si tornerà rapidamente al business as usual.
 
La motivazione data da Draghi è da ricercare nel calo demografico, ma sono molti i sindacati che si sono dichiarati contrari a tale misura del governo: la riduzione della popolazione scolastica avrebbe dovuto suggerire altre misure, come ad esempio la riduzione delle classi pollaio o un aumento stipendiale a fronte di un fabbisogno di un numero inferiore d’insegnanti.

Perché il governo Draghi riduce le spese per la scuola?

La spesa per la scuola è destinata inevitabilmente a diminuire: è scritto a chiare lettere nel Documento di Economia e Finanza predisposto nel pomeriggio del 6 aprile dal Consiglio dei Ministri.

Secondo il Ministero dell’Economia, tale scelta è obbligata. Nella bozza del documento si legge:

“Da tempo le proiezioni ufficiali evidenziano una tendenza generalmente comune, anche se con intensità diverse nei paesi dell’Unione Europea, a un rapido invecchiamento della popolazione. Ciò comporta, in primo luogo, una riduzione significativa della popolazione attiva e un maggiore carico su di essa delle spese di natura sociale.”

La motivazione secondo Draghi, quindi, è da ricercare nel calo demografico: nel futuro aumenteranno i costi dei sistemi pensionistici e dell’assistenza sanitaria, ed è su questi che - per ora - si sta concentrando il sistema d’investimenti.

La tabella relativa alle previsioni di spesa per i prossimi decenni è però molto scoraggiante: nel 2020 la spesa per l’istruzione è stata pari al 4% del totale, ma scenderà al 3,5% nel 2025 per mantenersi intorno al 3,4-3,5% negli anni successivi.

Quel che è peggio è che questo scenario potrebbe peggiorare se il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione dovessero aumentare ulteriormente.

Che cosa succederà da qui al 2025?

Nonostante le previsioni di Draghi, si fa fatica a pensare che nel 2025, data di entrata in vigore della misura riduttiva, ci sarà un calo del 25% degli studenti. E se la spesa per la scuola, nell’arco temporale del Def 2022-2025, si vede ridotta di mezzo punto di Pil, come potranno attivarsi le transizioni ecologiche, tecnologiche e digitali con risorse che cambiano importi e destinazione? È stato il commento a caldo del segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, che continua:

“La musica è sempre la stessa, scritta sullo spartito del neoliberismo che pensavamo, a torto, avesse mostrato tutti i suoi limiti dopo la pandemia e la guerra.”

Il dato più preoccupante, inoltre, è che non è previsto che la spesa salga nemmeno nei prossimi decenni (anche se rispetto a settembre tra 2030 e 2040 ci sono un paio di decimali in più, sempre in rapporto al Pil, rispetto all’analoga tabella del settembre 2021). 
 

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