Green pass al lavoro: quali sono state le conseguenze

Chiara Esposito

17 Ottobre 2021 - 16:26

Gli effetti del Green pass sul mondo del lavoro e non solo: il quadro complessivo non è incoraggiante. Benefici e contraddizioni del sistema vigente.

Green pass al lavoro: quali sono state le conseguenze

Sono passati due giorni dall’ulteriore estensione del Green pass e le conseguenze che il decreto del governo ha avuto sulla società italiana sono molteplici.

Alcune di queste non passano inosservate, ma altri fenomeni possono essere compresi solo attraverso un’analisi approfondita dei dati e uno sguardo trasversale agli episodi di cronaca che affollano le pagine dei quotidiani nazionali.

Ci sono infatti anche risvolti meno evidenti che non vanno sottovalutati se si intende evitare lo sviluppo di una reazione a catena capace di impattare negativamente sull’andamento complessivo della ripresa economica.

Accanto all’incremento delle prime dosi troviamo di fatto anche farmacie sotto stress, tensioni sociali e assenteismo con conseguenti rallentamenti nei settori produttivi.

Diversi sono perciò gli aspetti da considerare e solo approfondendo ciascuno di questi aspetti potremo giungere a formulare delle valutazioni complessive realmente attendibili.

Boom prime dosi: il Green pass richiama i cittadini agli hub

In trenta giorni oltre 500 mila prime dosi in più: lo dicono i dati.

Nell’arco dell’ultimo mese 1.744.297 di italiani hanno ricevuto la prima dose di vaccino. Complice l’entrata in vigore dell’obbligo di esibire il certificato verde, sembra che la percentuale di immunizzazione si sposti verso una copertura ottimale della popolazione.

L’altissima percentuale di immunizzati presenti adesso in Italia la colloca al «sesto posto tra i Paesi che hanno più di 20 milioni di abitanti» come rivendica il commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Si parla di un 81% degli over 12 completamente vaccinato e un 85,5% che ha ricevuto almeno una dose.

I picchi di richieste sono stati registrati in due momenti significativi che tracciano un diretto collegamento tra la corsa agli hub e il provvedimento del governo: subito dopo l’emanazione del decreto legge, cioè dopo il 16 settembre, e a ridosso dell’entrata in vigore del 15 ottobre.

Il beneficio concreto di questo ricorso ai vaccini si osserva nei numeri decrescenti di ospedalizzazioni e ricoveri: i casi restano sotto quota tremila con decessi sotto la soglia dei 14 al giorno.

Caos nelle farmacie: difficoltà a gestire i tamponi

Il fronte delle vaccinazione però non è l’unico da tenere sotto controllo per capire se la strategia del governo si sta rivelando più o meno efficace.

Nelle intenzioni dichiarate del governo c’era proprio quella di spingere sulle vaccinazioni, ma salgono di pari passo anche le richieste di tamponi. Questo dato però non è altrettanto incoraggiante, anzi, pone in una condizione di difficoltà le farmacie e gli enti che effettuano il servizio.

In questi primissimi giorni in cui è in vigore l’obbligo, l’attività dei laboratori è raddoppiata. Una maggioranza dei non vaccinati quindi sceglie ancora il tampone per recarsi sul posto di lavoro causando un sovraffollamento di richieste che le strutture (private o pubbliche che siano) non sono in grado di soddisfare integralmente. Giovedì 14 ad esempio 632.802 su 860.094 Green pass totali sono stati ottenuti tramite tampone.

Secondo alcune stime del governo ben 3 milioni di lavoratori sono a rischio; il 13% circa degli occupati presenti nel nostro Paese potrebbe avere difficoltà a recarsi sul posto di lavoro proprio per questo «ingorgo».

Lavoratori in malattia: il cortocircuito del sistema

Se il numero di test giornalmente disponibili è insufficiente per coprire la domanda, le liste di attesa si allungano. Si presenta allora una sola alternativa possibile: ricorrere al certificato di malattia. A lanciare l’allarme sul recente boom di domande è l’Inps.

Nel giorno dell’entrata in vigore dell’obbligo si registra un balzo di oltre il 22% in tutta Italia. In termini specifici parliamo di 94.191 casi contro i 76.851 registrati nella settimana precedente.

Valori simili hanno quindi portato l’Ordine dei medici a richiamare i propri iscritti e ad avvertirli sulle conseguenze, anche penali, del rilascio di certificati al di fuori delle regole. L’avvertimento è stato avanzato da Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie, ed è il seguente:

“Il rilascio di certificati non in presenza del paziente ma a distanza è vietato dalla legge, è dunque un reato”.

Tutto fa presagire un crescente disincentivo alle certificazioni di malattia, ultimo appiglio per chi è in attesa del suo turno presso gli hub o non ancora intenzionato a recarvisi e vorrebbe usufruire dei tamponi ogni 48h.

Scontri e tensioni: la faccenda trova spazio nelle piazze

La crisi del mondo del lavoro, qualora non venissero arginate queste barriere, preoccuperà presto gli italiani ben più della pandemia.

Il cortocircuito del sistema così descritto infatti poteva essere previsto con largo anticipo, valutando l’insensatezza di mirare soltanto al totale convincimento dei cittadini a vaccinarsi.

I soggetti non ancora immunizzati devono essere messi nella condizioni materiali di poter cambiare idea, ma anche di far ricorso alle risorse del sistema sanitario nazionale. Questo intoppo ora andrà in qualche modo risanato, ma le tempistiche dovranno essere tempestive.

Ci sono in gioco salari e redditi familiari visto lo stop alla retribuzione imposto dopo un numero specifico di giorni di assenza ingiustificata.

In caso contrario possiamo dire che le manifestazioni che abbiamo visto in questi giorni non resteranno un caso isolato, avranno una forma differente poiché mosse da spiriti diversi, ma non per questo la loro risonanza sarà minore. Sottostimare anche questo fenomeno sarebbe un vero passo falso.

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