Hong Kong rischia un collasso degli ospedali dopo un’impennata dei nuovi casi di coronavirus. Ecco da dove provengono.
Hong Kong rischia il collasso degli ospedali dopo un drastico incremento dei nuovi casi di coronavirus. A lanciare l’allarme è proprio la governatrice Carrie Lam, che ha invitato tutta la popolazione a rimanere nelle proprie abitazioni. Se inizialmente Hong Kong è stata un modello da seguire nella gestione dell’emergenza sanitaria, adesso con quella che già è stata rinominata la terza ondata asiatica, inizia a risentire degli effetti del coronavirus.
Lam ha aggiunto che la città sta rischiando un nuovo “focolaio di comunità su larga scala” dopo che ieri sono stati registrati altri 145 nuovi casi di infezione. Negli ultimi giorni si sono riscontrati sempre oltre 100 nuove infezioni quando prima erano intorno alla decina. Questo ha costretto le autorità a introdurre nuovamente delle misure restrittive tra cui l’obbligo di indossare la mascherina in pubblico e il divieto di assembramenti con più di due persone.
Hong Kong, ospedali a rischio collasso
A preoccupare maggiormente in queste ore è la situazione degli ospedali che rischiano un collasso di fronte al sempre più crescente numero di infetti, per i quali potrebbe rendersi necessario il ricorso alla terapia intensiva qualora dovesse aggravarsi la sintomatologia.
Le autorità per scongiurare un ulteriore possibile lockdown e fronteggiare la situazione, considerata “molto preoccupante” dal Governo locale, hanno deciso di inasprire le misure di contenimento chiudendo nuovamente i locali ritenuti più a rischio come i ristoranti, le palestre, le piscine, le spiagge e i cinema chiusi. Anche la riapertura di asili e scuole internazionali è stata rinviata, mentre per il 40 per cento dei dipendenti pubblici è stato imposto nuovamente lo smart working, mentre per i tassisti sono stati disposti dei tamponi a tappeto.
Boom di contagi d’importazione
Secondo gli esperti la nuova ondata di contagi sarebbe da attribuire ad alcune criticità rintracciate nelle normative che regolano gli ingressi nel Paese, che permettono di evitare i test o la quarantena per alcuni viaggiatori provenienti dalla Cina, anch’essa in piena emergenza con i contagi ai massimi dallo scorso marzo.
In particolare i principali “untori” sembrerebbero essere gli equipaggi di aerei e navi. Dallo scorso 8 luglio su 111 casi d’importazione registrati 34 sono piloti di aereo, steward e marinai, ossia circa il 30% del totale. Altri 28 nuovi pazienti invece fanno parte della categoria di lavoratori domestici stranieri che prestano servizio nelle case dei residenti abbienti, il 25% dei casi importati, secondo quanto riportato da un’inchiesta del South China Morning Post.
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