IPO WeWork: ecco perché lo sbarco a Wall Street è stato rinviato

Luca Fiore

17 Settembre 2019 - 16:18

Una delle offerte pubbliche più attese del 2019 è stata rinviata. Anche se l’operazione dovrebbe slittare solo di qualche settimana, c’è già chi scommette su uno stop più lungo.

IPO WeWork: ecco perché lo sbarco a Wall Street è stato rinviato

L’offerta pubblica iniziale di WeWork è stata rinviata. Quella che doveva essere l’ennesima matricola da record, rischia di finire nel dimenticatoio.

The We Company, proprietaria del colosso statunitense che fornisce spazi di lavoro condivisi per startup e freelance, ha annunciato che l’offerta sul Nasdaq è stata rinviata.

Inizialmente previsto per il 23 settembre, il debutto di WeWork è stato rinviato alle prossime settimane.

IPO WeWork: ecco perché debutto è stato rinviato

La causa che ha spinto la società newyorkese a rinviare lo sbarco sul Nasdaq è presto detta: la valutazione che il mercato ha assegnato alla società.

Stando alle indiscrezioni riportate dai ben informati, la valutazione della società che offre spazi di lavoro condivisi negli ultimi tempi è scesa a 15 miliardi di dollari, decisamente al di sotto dei 47 miliardi di dollari emersi dal round di finanziamento realizzato ad inizio anno.

Secondo le indicazioni raccolte la scorsa settimana dall’agenzia Reuters, lo sconto sarebbe potuto essere maggiore e portare la valutazione della società a 10-12 miliardi di dollari.

IPO WeWork: SoftBank al 29% del capitale

Nel caso in cui questa valutazione venisse confermata, la società finirebbe per essere valutata meno dei 12,8 miliardi di dollari sborsati dagli investitori dal 2010, anno di fondazione, ad oggi.

Una valutazione che avrebbe rappresentato un duro colpo per il primo finanziatore, la giapponese SoftBank, azionista di WeWork tramite il suo maxi fondo Vision. Al momento la partecipazione di SoftBank si attesta al 29%, al di sopra della quota del co-fondatore e Chief executive Adam Neumann (che mantiene il controllo grazie a una struttura societaria che prevede tre diverse classi di azioni).

Ma emerge un retroscena che consiglia di non allungare troppo i tempi: nel caso in cui l’IPO non venisse realizzata nel 2019, We Co. perderebbe la possibilità di utilizzare crediti bancari, concessi, tra gli altri, da JPMorgan Chase e Goldman Sachs, per 6 miliardi di dollari.

IPO WeWork: i dubbi degli analisti

Nel dettaglio, gli operatori coinvolti nel roadshow avrebbero sollevato dubbi sulle pratiche in tema di corporate governance e sulla sostenibilità del modello di business.

Dal fronte governance, il gruppo ha recentemente annunciato di aver incrementato l’indipendenza del board e di aver ridotto il potere di voto di Neumann. Ma le mosse, valutate tardive, non sono bastate a rassicurare gli investitori.

Per quanto riguarda il modello di business, in presenza di passività a lungo termine e di flussi a breve, gli analisti hanno sollevato dubbi sulla capacità della società di affrontare una recessione dell’economia.

Anche perché, il 2018 della società si è chiuso con perdite per 1,6 miliardi di dollari, di poco sotto le entrate, a 1,82 miliardi. Finora, nel 2019, la perdita si attesta a 690 milioni di dollari (WeWork: ecco l’IPO più controversa del 2019).

IPO WeWork: questa la possibile soluzione

“The We Company attende con impazienza la prossima IPO, che ci attendiamo possa essere completata entro la fine dell’anno. Vogliamo ringraziare tutti i nostri dipendenti, i membri e i partner per il costante impegno”, riporta una nota della società.

Secondo Chris Lane, analista di Sanford C. Bernstein, che valuta la società 23 miliardi di dollari, SoftBank a questo punto potrebbe proporre un piano di finanziamento alternativo.

“Alla luce della loro (di SoftBank, ndr) view rialzista sul lungo termine, potrebbero valutare l’idea di raddoppiare l’investimento”.

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