L’attacco sferrato dagli Usa contro l’Iran ha gettato nel panico il mondo. Ma quali sono i rischi concreti per l’Italia e, in particolare, per i soldati in missione in Medioriente?
L’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani sferrato da Trump sta provocando accesissime polemiche in tutto il mondo. Rivendicato da Donald Trump in persona, il raid sferrato a Baghdad nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 2020 con l’obiettivo di neutralizzare il comandante delle forze rivoluzionarie iraniane, considerato dagli Stati Uniti un vero e proprio nemico pubblico, rischia di scatenare durissime conseguenze a livello economico e geopolitico. Se da un lato a essere più esposti sono, ovviamente, gli Stati Uniti d’America e in particolare i contingenti a stelle e strisce presenti in tutto il Medioriente, non si possono escludere dure rappresaglie nei confronti dei Paesi della Nato e da sempre considerati alleati di ferro degli Usa come l’Italia.
La Difesa alza le misure di sicurezza per i contingenti italiani
Nelle ore immediatamente successive all’attacco, infatti, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha provveduto a valutare la situazione con il Comando Operativo di Vertice Interforze e predisposto un innalzamento delle misure di sicurezza per tutti i contingenti italiani presenti in territori del Medioriente limitando al massimo gli spostamenti dei militari al di fuori delle basi. La situazione è incandescente e la notizia dell’azione statunitense sferrata senza avvertire il Congresso ha letteralmente gettato nel panico l’opinione pubblica mondiale. Su Twitter l’hashtag #WWIII (Terza guerra mondiale, ndr) è stato tra i più twittati a livello planetario e sono numerosissimi gli analisti e i politici che hanno pubblicamente scritto di considerare l’atto di Donald Trump come la potenziale miccia di un conflitto mondiale.
Afghanistan, Iraq e Libano: cosa rischiano i militari italiani in missione
Mettendo per un attimo da parte l’ottica geopolitica, quali possono essere i rischi per l’Italia e, in particolare, per i militari italiani presenti in Medioriente? Per quanto riguarda il territorio nazionale non ci sono pericoli concreti, diversa invece è la situazione dei contingenti italiani sparsi nel Mondo. L’Afghanistan è considerato un Paese a basso rischio per i militari italiani presenti nei territori al confine con l’Iran, nella zona di Herat. Il contingente, infatti, non ha mai preso parte a interventi militari diretti e ha sempre mantenuto buoni rapporti con le comunità locali, per la maggior parte sciite. Stesso livello di rischio, molto basso, per il centinaio di militari italiani che operano a Dubai dalla base di Al Minhad.
Situazione molto diversa, invece, per l’Iraq, il Paese dove è materialmente avvenuta l’uccisione del generale iraniano. Sebbene per il contingente italiano presente nella zona di Baghdad, che opera in ambienti protetti e principalmente si occupa dell’addestramento della polizia irachena, non si registrino grandi profili di rischio, lo stesso discorso può non essere valido per le truppe speciali con base a Kirkuk e che potrebbero subire azioni di rappresaglia a causa dell’attacco statunitense. Rischio medio-basso per i militari presenti a Erbil e in Kuwait.Infine, il Libano: da tempo l’Italia è presente sul territorio con circa 1200 militari e un ruolo di comando nell’ambito della missione Onu Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon, ndr) che prevede interventi solo se richiesti dalle Forze armate libanesi. Forte del proprio ruolo e del carattere più di «peacekeeping» della missione, i contingenti italiani sembrano essere al riparo da rappresaglie anche in questo territorio. Unica incognita può essere la ripresa degli scontri tra Hezbollah e Israele, che potrebbe surriscaldare gli animi e scatenare rappresaglie.
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