Da inizio anno Wall Street e le obbligazioni Usa hanno perso parte della loro storica correlazione diretta. E’ colpa dell’atteggiamento più morbido della Fed di Jerome Powell?
Questa sera l’attenzione degli investitori sarà focalizzata Oltreoceano per la seconda riunione dell’anno della Federal Reserve (che cosa aspettarsi? Clicca qui per approfondimento).
Anche se non sono attese variazioni circa il costo del denaro, analisti ed investitori seguiranno con attenzione la conferenza stampa di Powell (clicca qui per diretta streaming), al fine di carpire eventuali dettagli che potrebbero emergere relativamente all’interruzione del Quantitative Tightening.
Attesa per le proiezioni macroeconomiche
In un momento piuttosto delicato per gli Stati Uniti, particolare attenzione verrà prestata alle nuove proiezioni macroeconomiche dopo la frenata registrata dal Pil nel quarto trimestre in parte legata allo shutdown e alle previsioni per i primi tre mesi dell’anno. Il nowcasting della Fed di Atlanta, infatti, ora punta ad un modestissimo 0,4% annualizzato.
Forecast macroeconomici elaborati da Bloomberg
A preoccupare non è solo la frenata del Prodotto interno lordo, ma anche dell’occupazione che dopo anni di espansione ha toccato un minimo al 3,7%. Più che un rallentamento ha più colpito la flessione delle nuove assunzioni, che il mese scorso hanno toccato un minimo a 20mila unità, contro una media post-crisi di 202.000 posti di lavoro. Da fine crisi 2008 è uno dei dati peggiori.
Andamento Non- Farm Payrolls. Fonte: Bloomberg
Tuttavia Powell, nel corso delle sue audizioni, ha detto che se ci sarà una buona ragione per alzare i tassi sarà legata principalmente all’inflazione. Attualmente l’indice più seguito dalla Fed, l’inflazione Core, appare stabile e molto vicino all’obiettivo: la media degli ultimi due anni è dell’1,77% e non sembra dare grandi preoccupazioni, in alcun senso.
Analisti non si aspettano un rialzo dei tassi di interesse
Del resto anche il consensus elaborato da Bloomberg evidenzia il fatto che la quasi unanimità degli analisti (99,3%) non si aspetta alcun rialzo del costo del denaro.
Probabilità di manovre sui tassi di interesse per il 20 marzo 2019. Fonte: Bloomberg
Dai tre rialzi previsti fino a qualche mese fa ad oggi non vi è attesa alcuna variazione dei tassi di interesse che rimangono fermi nella forchetta tra il 2,25% e il 2,5%. L’inversione a U della Banca centrale che è passata dall’aggressività alla pazienza e infine alla prudenza in materia di costo del denaro. La prossima mossa potrebbe essere addirittura quella di tocco al ribasso dei tassi di interesse per alcuni investitori.
Obbligazionario e azionario perdono correlazione storica
Questo cambio di view da parte della Fed si è riflessa molto chiaramente sulle dinamiche che correlano l’andamento dell’obbligazionario e dell’azionario a stelle strisce.
Andamento indice S&P 500 e rendimento T-bond. Fonte: Bloomberg
Da inizio anno con la nuova prudenza di Powell i soldi tornano sull’azionario. I timori che la Fed potesse giustiziare la ripresa economica esagerando con gli aumenti dei tassi scompaiono. E con un tasso di interesse reale allo 0,5%, posizionarsi sull’azionario è più conveniente.
E quindi parte il rally di Wall Street che conduce al primo trimestre migliore da decenni. Tuttavia chi aveva precedentemente cercato rifugio nei T-Bond continua a tenere le posizioni aperte.
Se la Banca centrale non toccherà al rialzo il costo del denaro per tutto il 2019, con qualche al momento remota possibilità di abbassarlo, i prezzi non scenderanno, probabilmente saliranno.
Quindi i detentori di T-bond farebbero bene a non uscire, non tanto per il rendimento, più che altro per un incremento dei corsi.
Eppure vi è una contraddizione: il rialzo simultaneo dei prezzi dei T-bond e delle azioni che non è una regola, ma l’eccezione.
Da qualche parte qualcuno si sta sbagliando sulla direzione di medio periodo del mercato: o i prezzi del T-bond tornano a scendere e i rendimenti a salire, o si ridimensionano quelli delle azioni.
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