L’inflazione turca supera ancora i livelli massimi decennali e tocca il 73% a maggio. I prezzi alimentari corrono, mentre Erdogan sostiene le sue teorie economiche poco ortodosse.
Il tasso di inflazione ufficiale della Turchia ha toccato il massimo da 23 anni il mese scorso.
La strategia non ortodossa del presidente Recep Tayyip Erdoğan per la gestione dell’economia del Paese da 790 miliardi di dollari non sta dando i frutti sperati. Anzi, sta incrementando il malcontento per il caro vita.
L’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 73,5% anno su anno a maggio, secondo i dati dell’agenzia statistica nazionale, il livello più alto dall’ottobre 1998, quando la Turchia stava vacillando a causa di un periodo segnato dall’instabilità dei Governi di coalizione e dalle turbolenze economiche.
Inflazione sempre più fuori controllo in Turchia
Nel dettaglio dell’inflazione al top ventennale in Turchia, spiccano i prezzi dei generi alimentari, che sono diventati una crescente fonte di malcontento tra il pubblico turco, aumentati del 91,6% su base annua.
Gli analisti economici prevedono che la traiettoria dell’inflazione turca non potrà che peggiorare.
“L’attenzione sulle misure eterodosse rispetto alla politica monetaria convenzionale difficilmente risolverà la sfida dell’inflazione e prevediamo che i livelli supereranno l′80% a/a nel terzo trimestre del 2022”, secondo Ehsan Khoman, direttore della ricerca sui mercati emergenti per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa presso MUFG Bank.
Parlando alla CNBC, Khoman ha aggiunto che si aspetta che “l’inflazione turca rimarrà al di sopra del 70% a/a fino a novembre a causa della confluenza di prezzi elevati delle materie prime, aumento dei costi di produzione interna e una lira in precipitoso deprezzamento”.
Nel mirino c’è la politica di Erdogan, che si sta anche preparando alle elezioni nel 2023.
Convinto oppositore degli alti tassi di interesse, ha ordinato alla banca centrale di tagliare ripetutamente i costi dei prestiti negli ultimi mesi dello scorso anno nonostante l’aumento dell’inflazione.
Il presidente ha affermato che stava costruendo un nuovo modello economico, basato su una lira a buon mercato e su un boom delle esportazioni per ridurre l’inflazione, eliminando il disavanzo commerciale di lunga data del Paese.
Già prima della guerra in Ucraina, i critici avevano descritto il piano come un «esperimento» economico ad alto rischio che minacciava di far crollare il valore della lira turca e di innescare un’inflazione galoppante.
Il conflitto in corso ha aumentato le sfide, poiché l’aumento dei prezzi globali dell’energia ha spinto verso l’alto il costo della già ingente quota di importazione di energia della Turchia e ha ulteriormente alimentato l’inflazione.
Come salvare la lira turca?
La Turchia ha in programma di limitare gli acquisti da parte degli investitori nazionali di nuove obbligazioni in lire vendute da istituti di credito multinazionali, in un ultimo sforzo per frenare le vendite allo scoperto della valuta locale limitando l’offerta di liquidità nel mercato offshore.
Negli ultimi mesi, la banca centrale ha avvertito verbalmente i prestatori locali di astenersi dal commercializzare tali titoli, noti come obbligazioni sovranazionali, ai propri clienti, secondo indiscrezioni. Le autorità starebbero pianificando di rafforzare ulteriormente il controllo sugli acquisti, per aumentare il costo della speculazione contro la lira rendendo meno disponibile la valuta locale al di fuori della Turchia.
A marzo, l’autorità di regolamentazione bancaria turca ha avvertito i prestatori locali di non fornire liquidità in lire alle aziende che cercano di speculare contro nel mercato offshore.
Tali restrizioni provocano dislocazioni nel mercato e possono fornire un sollievo temporaneo per la lira, ma senza affrontare le ragioni della sua debolezza cronica.
Sotto la pressione di una politica monetaria estremamente accomodante e dell’inflazione più rapida degli ultimi due decenni, la valuta turca ha perso quasi il 20% rispetto al dollaro quest’anno, il calo maggiore tra le sue controparti nei mercati emergenti.
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