Risorse rilevanti su opere la cui utilità sociale non è stata dimostrata. Slogan mediatici per assorbire ulteriori risorse pubbliche a favore di lobby trasversali. Scarse risorse sui 27 mila km di rete stradale dove negli ultimi tre anni sono crollati 8 ponti con sei morti.
Il “nuovo corso” al Ministero delle Infrastrutture sa di vecchio, rancido, rievocativo. La bravura nel coniare slogan che riesumano obiettivi antichi e sistematicamente falliti è davvero notevole. Anche le risorse sventolate sono l’equivalente delle nozze con fichi secchi.
Basta leggere l’ultimo Rapporto ANAC sugli investimenti pubblici per comprendere come il Ministro delle infrastrutture continui a sparare fandonie. Ricordiamo che in termini reali gli investimenti pubblici tra 2011 e 2016 sono crollati del 27% a un ritmo annuo del 4%. Nel Rapporto ANAC di maggio scorso si certificano un meno 13 mld in meno di gare. Slogan come integrazione, sostenibilità, valichi alpini, trasporto intermodale, per terminare con “alta velocità di rete” e corridoi merci da almeno tre decenni segnano periodicamente i finti successi dei vari ministri pro tempore dei trasporti.
Un armamentario che ha comportato trasferimenti pubblici a Fs quantificati da una ricerca dell’Università Bicocca in 434 mila euro per ogni km di rete ferroviaria, dato ripreso anche nelle slide della spending review del Commissario di Governo Cottarelli.
Il tutto integrato pericolosamente con la creazione di un “mostro poliforme”, la Fs Holding che incorpora Anas, alcune aziende locali di trasporto pubblico e nel contempo distrugge regole, mercato e risorse con benefici sconosciuti per il contribuente e per il cittadino italiano, oltre che assistere alla vendita di patrimonio pubblico.
Alta velocità di rete vuol dire intervenire sulla rete storica per rimuovere colli di bottiglia, scambi a 60 Km/h, raddrizzare curve e tutto quello che ordinariamente dovrebbe realizzare una società di trasporto per elevare la qualità del prodotto venduto. Il problema vero è che mai sono state fatte analisi ex ante ed ex post sugli investimenti delle ferrovie. Nemmeno ora, considerato che la tanto sventolata project review sembra produrre marginali modificazioni al costo dei progetti senza un’applicazione dell’analisi economica.
Un esempio per tutti è la Bs/Vr/Vi, dove si afferma che si risparmieranno alcuni miliardi sui 9 di costo, un valore partorito non si sa dove, considerato che il terzo lotto della Vr/Pd ha un costo non quantificato. Eppure importantissimi interventi di emergenza ce ne sarebbero da fare, a cominciare dai 27 mila km di strade e autostrade su cui transitano 37 milioni di veicoli l’anno, e dove 8 ponti sono caduti e 6 persone sono morte. 6.000 i punti considerati a rischio e oltre gli slogan sarebbe opportuno che il Ministero creasse un catasto delle strade che consenta una mappatura delle strutture. Controlli, investimenti, risorse ci sono solo per grandi opere, per le scorribande di Fs all’estero, per i business urbanistici e ora con la vicenda davvero inquietante della M5 di Milano.
Gli interventi per la messa in sicurezza della rete stradale languono. Riprenderemo compiutamente l’affaire Fs sulla linea metropolitana di Milano conosciuta come M5 o metrò Lilla e sulla originale e strumentale project review alle 25 opere prioritarie. Anticipiamo solo che la M5 è stata acquisita senza gara, il costo dell’investimento infrastrutturale di 1,6 mld sarà tutto a carico di Fs che diventa soggetto pianificatore senza che nessuno gli abbia concesso tale ruolo, che è del Parlamento; è stata disattesa la sentenza della Consulta sulle gare nei servizi pubblici e sarà ridato l’appalto di prolungamento della M5 alla società che ha commesso un gravissimo e costoso errore nella progettazione e ha subappaltato lavori della M5 a società che la DNA di Milano sospetta essere legate alla ‘ndrangheta.
Concludiamo affermando che il ministero non sembra aver mai sentito parlare delle importanti autostrade del Mare. Parlano della penisola come di piattaforma logistica sulla quale si disperdono ingenti risorse finanziarie in nuove grandi opere, ma si tace sulla esistenza di due veri e propri canali navigabili rappresentati dal “Tirreno” e “l’Adriatico” e forse ignorati perché si spenderebbe poco per realizzarli.
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