Intelligenza artificiale, l’amica geniale delle imprese

Dario Colombo

24/03/2022

Una piattaforma omnicanale digitale unificata ci può far capire il senso delle conversazioni con i clienti. Intervista a Chiara Arlati CMO di LiveHelp.

Intelligenza artificiale, l’amica geniale delle imprese

L’intelligenza artificiale applicata alla customer experience ha un potere enorme, trasformativo. Lo sta attuando giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi, talvolta ignari, per fretta o naturale tendenza alla inconsapevolezza, di quello che accade.

Interessante allora è capire in che modo l’intelligenza artificiale sta compiendo questa trasformazione e cogliere l’opportunità di farselo spiegare dai diretti fautori del cambiamento.

Ecco perché abbiamo voluto parlarne con Chiara Arlati, Chief Marketing Officer di LiveHelp, realtà italiana che ha realizzato una piattaforma digitale che aiuta le aziende a creare la migliore esperienza omnicanale di customer care e lo fa proprio grazie all’uso intelligente della tecnologia.

L’omnicanalità praticata negli anni ha fatto crescere a dismisura le fonti di dati. Senza arrivare a parlare di data lake, qual è il vantaggio di una piattaforma unificata per la cura del cliente?


LiveSuite è una piattaforma unificata da cui gestire in forma intelligente i flussi conversazionali provenienti da diversi canali. Il suo ingrediente magico è l’ACD (Automatic Contact Distribution), un insieme di algoritmi di intelligenza artificiale che semplifica la vita degli operatori e aiuta l’azienda a prendersi cura dei propri clienti in modo performante. L’utente manda il proprio messaggio attraverso il canale che preferisce mentre l’ACD accoglie tutte le richieste mostrandole in un’unica piattaforma agli operatori del customer care e assegnando a ciascun canale un peso diverso che corrisponde a una priorità decisa dalle policy aziendali. Gli operatori prenderanno in carico le richieste fornendo una risposta che l’ACD “recapita” all’utente, mostrandola nella piattaforma di provenienza.

Questo sistema riprende il concetto di nudge, ovvero la semplificazione dell’esperienza per operatori e della strada per gli utenti: il nostro cervello è attratto dalla più lineare perché essenzialmente pigro. Non vogliamo fare fatica, sia se siamo utenti sia se siamo operatori.

L’ACD garantisce a tutti gli attori in gioco un’alta facilità di gestione. 
L’elaborazione delle informazioni e delle procedure delle aziende odierne richiede un impiego notevole di energia cognitiva perché i dati sono moltissimi e altamente strutturati. 


Scegliere un automatismo che libera l’operatore degli aspetti più dispendiosi della sua attività, significa supportare il lavoro umano, minimizzare la capacità di errore e cambiare l’attitudine con cui ci si approccia alla professione. 


Pensiamo a un unico spazio digitale dove le richieste vengono proposte in modo automatizzato, tenendo conto della priorità, dell’impegno della risorsa e della sua area di competenza. L’unica azione richiesta all’operatore è accettare e prendere in carico la conversazione. 

Davanti a questo nuovo paradigma, cambia anche l’attitudine del team di customer care, rendendolo meglio disposto verso l’assistenza perché guidato ed accompagnato nei passaggi più complicati dall’intelligenza artificiale.


Allo stesso modo, anche l’utente non compie il minimo sforzo: trova tutti gli scambi all’interno della piattaforma preferita, che conosce e in cui si sente a proprio agio. 
Presidiare molti canali spesso significa dispersività e fatica: ricevere grandi carichi di richieste in modo frammentario e difficile da controllare. La diretta conseguenza è che alcune domande dei clienti non ricevono riscontro.

Trovare tutte le richieste in un unico luogo garantisce che ogni cliente riceva sempre la risposta all’interno della piattaforma di provenienza. E tutto questo in forma automatizzata, grazie all’ACD che distribuisce ogni singola richiesta agli operatori, senza tralasciare un contatto.

LiveHelp evoca il concetto di conversazione dal vivo: quali sono gli strumenti che mantengono tale conversazione attenta e di valore?

Nel mondo ipertecnologico in cui lavoriamo qualità e velocità sono ormai imprescindibili: chi cerca supporto tramite canali sincroni come la chat o il chatbot si aspetta di trovare una risoluzione immediata alla propria casistica. Si aspetta una risposta in tempo reale.
Gli elementi che rendono speciale un customer care sono l’umanità degli operatori e l’approccio customer centric, ovvero la scelta di mettere il cliente al centro dell’azienda. 
In questo scenario, l’intelligenza artificiale diventa un alleato prezioso: i ritmi richiesti dall’iperconnessione sono sostenibili solo per un’AI che gestisce in modo sincrono le richieste a basso valore e consente agli operatori di dedicarsi all’assistenza più specializzata e che richiede quelle capacità che nessun automatismo può sostituire. 

Un chatbot spinge a riflettere sulla bontà delle procedure aziendali sia in fase di costruzione di una knowledge base (il repertorio di contenuti che fornisce al cliente) sia in ottica di efficientamento dell’automatismo. 
Inoltre, raccoglie i feedback più sinceri e schietti. Quando un cliente è insoddisfatto a seguito dell’interazione con il bot, non ha filtri ed esprime chiaramente ciò che non gli è piaciuto. 


Un giudizio negativo viene relazionato a un fallimento dell’AI quando in realtà spesso nasconde qualcosa di più profondo: il cliente è scontento della risposta fornita dal chatbot non perché incoerente o scritta male, ma perché non è ciò che desiderava o si aspettava. 

E questa è un’opportunità per l’azienda per ripensarsi grazie alle qualità umane, dall’empatia alla creatività, e creare nuove prassi e procedure a misura del cliente.


L’approccio customer centric e l’umanità andrebbero estese ad ogni aspetto della strategia aziendale, non solo alla comunicazione. 
Il customer care è la cartina tornasole che aiuta le imprese a comprendere quanto rendono l’utente protagonista dell’intera esperienza, plus che va oltre la conversione per instaurare una relazione duratura con il cliente.

Perché l’email non serve più per avere una buona assistenza da un brand? E quali sono i punti forti di strumenti come le chat, i social, i bot?

Personalmente ho oltre 5.000 email da leggere nella mia casella di posta, non so lei. 
Molte di queste sono newsletter con comunicazioni pubblicitarie che, spesso, mi fanno perdere email, invece, importanti. 
Tuttavia, dire che l’era dell’email è ormai tramontata sembra eccessivo. 
Ci sono tanti canali utilizzati dagli utenti per interagire con i brand e l’email rimane uno di questi. Siamo persone uniche ed è giusto valorizzare questa diversità: chi predilige trovare soluzioni self service adorerà interagire con un chatbot; chi si sente più a suo agio con un registro informale sceglierà il tono amichevole della chat; viceversa, coloro che preferiscono adottare un tono formale, interagiranno tramite email. E non dimentichiamo i social che, se gestiti bene, offrono un ottimo ritorno d’immagine e un boost di reputazione.


Il proliferare delle piattaforme e dei punti di contatto ha dato vita all’omnicanalità, la cui bellezza è proprio questa: permettere ad ognuno di scegliere il canale che preferisce per disegnare esperienze piacevoli sotto tutti i punti di vista. 


Il segreto è proprio questo: essere multicanale per incontrare i clienti nei luoghi che preferiscono, mostrando ancora una volta un approccio customer centric che ascolta, conosce ed è capace di soddisfare qualsiasi esigenza.

Che ruolo ha in questo sistema di experience del servizio l’intelligenza artificiale, e come porta valore all’azienda?

L’intelligenza artificiale automatizza le attività più standard e routinarie, dalle classiche FAQ ai processi di vendita strutturati in forma razionale. 
Il chatbot gestisce in forma autonoma di queste casistiche mentre trasferisce le tematiche ad alto valore agli operatori. 
Le risorse umane ricevono meno richieste, in modo da potere dedicare tutta la loro attenzione e cura alle comunicazioni che richiedono risposte personalizzate e consulenze ad hoc.

Altro elemento di valore che un’AI introduce in un’azienda è la knowledge base. 
Durante la sua costruzione, perché richiede l’esplicitazione del know how e una profonda riflessione sul patrimonio dell’azienda: l’esplicitazione porta a vedere attriti, punti forti e aspetti migliorabili. 


Al termine della sua costruzione, quando diventa un vero e proprio asset aziendale condivisibile per la formazione e il coinvolgimento delle risorse aziendali. 
Infine, nelle fasi di aggiornamento ed affinamento. 
Per esempio, la conoscenza condivisa crea una maggiore circolazione di idee, preziose per la crescita dell’azienda. 
Il bot diventa performante nel tempo grazie alla cura umana, un’occasione per la riqualificazione del personale in una nuova attività stimolante.

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