L’Inps ha presentato in Parlamento il suo rapporto annuale: una panoramica degli interventi effettuati durante la pandemia e dei risultati conseguiti.
Nella giornata di oggi, in Parlamento, l’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) ha presentato il suo rapporto annuale. Un’occasione per stilare un primo bilancio sulla stagione pandemica, tra maxi-interventi in sostegno al reddito e altre misure straordinarie.
Uno dei dati più interessanti che emerge dalla lettura del documento è indubbiamente quello relativo al blocco dei licenziamenti voluto dal Governo Conte II, che secondo i calcoli dell’Inps ha contribuito a salvare circa 330.000 posti di lavoro, di cui due terzi riconducibili alle piccole imprese.
Inps, nel rapporto annuale il bilancio della stagione pandemica
Per quanto riguarda invece gli interventi diretti dell’istituto, secondo il rapporto i miliardi di euro spesi in misure per sostenere il reddito dei cittadini italiani sono stati 44,5, e hanno interessato complessivamente 15,1 milioni di beneficiari. Una delle voci più pesanti è stata quella relativa alla cassa integrazione, le cui spese sono passate dagli 1,4 miliardi del 2019 ai 18,7 miliardi del 2020, per un aumento di oltre il 1.000%. In tutto, 6,7 milioni i lavoratori che sono ricorsi alla cassa.
L’impatto della pandemia sul mercato del lavoro, in parte mitigato dagli interventi dell’Inps, si è fatto inevitabilmente sentire, ma dall’analisi dell’istituto emerge come la flessione maggiore si sia registrata in realtà sulle ore lavorate piuttosto che sul numero di persone effettivamente occupate. Nel periodo compreso tra il quarto trimestre 2019 e il primo trimestre 2021 gli occupati sono calati del 2,8%, mentre le unità di lavoro e le ore lavorate rispettivamente del 7,1% e del 7,7%.
Il nodo del reddito di cittadinanza
La presentazione del rapporto è stata anche l’occasione, per il numero uno dell’Inps Pasquale Tridico, di esprimere la posizione dell’istituto su un tema che sta andando incontro ad una forte politicizzazione, ovvero quello dei percettori del reddito di cittadinanza, accusati da più parti di schivare le offerte di lavoro per conservare l’assegno statale. Queste le parole di Tridico:
“L’analisi mostra che i due terzi dei 3,7 milioni di beneficiari nel 2020, di cui un quarto minori, non risultano presenti negli archivi Inps degli estratti conto contributivi negli anni 2018 e 2019, e sono quindi distanti dal mercato del lavoro e forse non immediatamente rioccupabili; il restante terzo che invece risulta presente, rivela in media un reddito pari al 12% delle retribuzioni annue prevalenti tra i lavoratori del settore privato in Italia, e solo il 20% ha lavorato per più di 3 mesi nel corso del periodo precedente all’introduzione del sussidio. Ne emerge quindi un quadro di effettiva esclusione sociale per gli individui coinvolti dalle misure’’
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