Gli asiatici-americani sono finiti nel mirino dei liberal e dei Democratici, eppure l’America ha sempre avuto il culto delle diversità, di razza e di genere. Ma qualcosa è cambiato.
Nell’America che ha il culto delle diversità di razza e di genere, il fatto che un’etnia marginalizzata riesca a migliorarsi progressivamente, fino a eccellere nei due campi socialmente cruciali dello studio e del lavoro, dovrebbe essere non solo rispettato, ma celebrato e additato come un modello di successo da imitare. Da tutti, ma soprattutto dalla sinistra politica e intellettuale -bianca - che si era appuntata sul petto, spesso a ragione nella sua lunga storia passata, la medaglia da paladino degli immigrati e delle minoranze.
Invece, da anni sta succedendo l’esatto opposto. La vittima di questa aberrazione razziale, reale e scandalosa, sono gli asiatici-americani, finiti nel mirino dei liberal e dei Democratici, che non lo nascondono nemmeno. “Sogno che i miei quattro figli non siano giudicati per il colore della loro pelle ma per le qualità del loro carattere” era il messaggio di uguaglianza del reverendo afro-americano Martin Luther King. Ma ora è passato di moda. Così, richiamando la terminologia cromatica di King, i gialli (asiatici) vanno puniti, con una discriminazione legalizzata, per lasciare il posto ai neri (afro-americani) e ai marroni (ispanici) nei concorsi di ammissione nelle scuole più ambite.
Un caso nazionale d’attualità sul tema ha visto addirittura la Casa Bianca scendere in campo, in appoggio alla università di Harvard, nella vertenza che l’associazione senza scopo di lucro SFFA (Students for Fair Admission, Studenti a favore delle Corrette Ammissioni) aveva avviato nel 2014 per combattere il metodo usato dall’ateneo di Boston per determinare gli aventi diritto agli ingressi.
La base della causa è l’accusa della SFFA ad Harvard di aver violato il Titolo VI della Legge dei Diritti Civili che proibisce le discriminazioni basate sulla razza commesse da entità che ricevono fondi federali. Anche se privata, Harvard gode di sovvenzioni pubbliche e quindi deve rispettare quella Legge, secondo la SFFA.
Gli amministratori non si erano infatti basati solo sui test (i cosiddetti SAT), condotti nell’ultimo anno del liceo da una organizzazione nazionale indipendente dal governo, e che da sempre sono considerati lo standard oggettivo che permette ai college di valutare la qualità accademica dei ragazzi. Invece, per inserire più studenti neri e ispanici che avevano voti SAT più bassi, Harvard aveva introdotto giudizi soggettivi che “correggevano” le graduatorie a loro favore, necessariamente escludendo altri aspiranti più meritevoli sul piano accademico: ossia gli asiatici che, dicono le statistiche, fanno meglio di tutti, anche dei bianchi. E continuano a usare questo metodo oggi.
Sia la Corte di Distretto nel 2019, sia il Primo Circuito della Corte d’Appello nel 2020, però, hanno respinto le ragioni della associazione pro-asiatici, che ha portato la causa alla Corte Suprema decisa ad andare fino in fondo. È a questo punto che è sceso in campo Biden, a favore dell’uso della razza come criterio per formare le graduatorie di accesso. L’Avvocato Generale del governo, Elizabeth Prelogar, ha infatti chiesto alla Corte Suprema di non trattare la vertenza: lo ha fatto presentando un rapporto che, nella sostanza, sostiene che il metodo di basarsi sulla razza dei candidati è perfettamente legittimo, e costituzionale. Fanatico nella ossessione del razzismo sistemico dei bianchi contro gli afro-americani in America, che è la tesi infondata dei marxisti di Black Lives Matter e del Progetto 1619 del New York Times, il presidente bianco non ritiene che i gialli abbiano gli stessi diritti dei neri.
La Corte Suprema dovrà ora decidere se affrontare l’argomento delle discriminazioni razziali nelle selezioni scolastiche di merito. L’effetto politico del rigetto della discussione sulla vertenza SFFA, o del suo accoglimento, sarà politicamente rilevante. E foriero del definitivo verdetto sulla affirmative action, il principio del trattamento di favore dei candidati di colore per i posti nelle università, se i giudici dovessero accettare di mettere la vertenza in calendario e dare torto ad Harvard nella sentenza. Peraltro, due referendum proposti recentemente negli Stati liberal della California e di Washington hanno bocciato il tentativo di ripristinare il regime delle preferenze razziali, quindi l’opinione pubblica pare favorevole alla SFFA. Un sondaggio del Pew Research Center del 2019, a conferma, ha rilevato che per il 73% degli americani, compresi il 62% dei neri e il 65% degli ispanici, “i college e le università non dovrebbero considerare la razza o la etnia quando devono decidere le ammissioni degli studenti”.
L’importanza del caso, per la Corte Suprema, è evidente. La popolazione asiatico-americana è cresciuta del 67% negli ultimi venti anni, e ora pesa per oltre il 7% della popolazione USA con circa 24 milioni di cittadini.
Gli asiatici-americani abbandonano Joe Biden
Gli asiatici-americani sono sempre stati tendenzialmente più inclini a votare per i Democratici, ma i riallineamenti sono sempre possibili. Tra gli ispanici, per citare un’altra etnia emergente, un recente sondaggio del Wall Street Journal ha rivelato che, dopo aver votato per Biden in una percentuale maggioritaria del 60% un anno fa, per le imminenti elezioni congressuali del 2022 si starebbero spostando verso i candidati Repubblicani fino a una sostanziale parità.
Il motivo dell’abbandono di Biden da parte di molti ispanici è che il grosso di questa etnia è composto da moderati, religiosi, pro famiglia, che apprezzano la sicurezza nella legalità, e che puntano ad avere un buon lavoro e a guadagnare. Insomma, gente normale, i cui tratti fondamentali personali si ritrovano, anzi con toni ancora piuù forti, tra moltissimi asiatici-americani.
Se gli studenti di questa etnia sono brillanti a scuola è perché, come ha rivelato un altro studio della Pew Research, le comunità asiatiche danno enorme importanza alla responsabilità individuale e perseguono il successo personale molto più delle altre razze.
Pensano, in percentuali di gran lunga superiori, “che la maggior parte di quelli che vogliono andare avanti nella vita ce la possono fare se lavorano duro”. Gli asiatici-americani sono il gruppo razziale con il maggior numero di laureati, il 49,8%. Dagli Anni 90 sono sempre stati in testa nella classifica dei migliori in matematica nei test standardizzati, e davanti anche ai bianchi nel risultato combinato di tutte le materie d’esame. Non a caso hanno una presenza che varia dal 10% al 20% tra gli studenti delle università d’élite.
E le donne asiatiche smentiscono con i numeri l’idea sostenuta nei media mainstream che l’America sia un paese dominato dai bianchi suprematisti e dalla misoginia.
Le statistiche del Ministero del Lavoro raccontano la storia vera, quella dei traguardi raggiunti. Per i primi tre trimestri del 2021, i guadagni settimanali delle donne asiatiche (in testa taiwanesi, indiane e cinesi) hanno superato quelli dei maschi bianchi, con un distacco di quasi il 10% nel trimestre luglio-agosto-settembre. Il successo delle donne asiatiche è spiegato così dal presidente della Alleanza dei cittadini cinesi della Grande Area di New York, Wai Wah Chin, intervistato da Rav Arora sul New York Post il 12 dicembre. “La maggioranza degli asiatici americani sono nati all’estero e mantengono i valori classici degli immigranti. Lavoro duro ed extra lavoro sono un puro fatto della vita. È parte della lotta per la sopravvivenza, della capacità di affrontare ostacoli sempre più alti. Specialmente nel mondo della scuola, dove agli asiatici che hanno performance brillanti viene detto che non possono entrare nelle scuole al top”, dice Wai Wah Chin. “Gli immigranti dall’Asia, sia i maschi sia le femmine, apprezzano l’educazione. Hanno il massimo rispetto e impegno per l’eccellenza nelle materie scientifiche, che sono molto ricercate sul piano mondiale. La struttura tradizionale della famiglia degli immigranti consente di avere un focus particolare sul lavoro. Se si escludono le distorsioni dei pregiudizi e delle quote, i lavoratori di ogni razza, genere ed etnia dotati di qualità professionali che sono molto ricercate e che fanno un duro e buon lavoro vengono naturalmente compensati di più”.
È una chiara, inoppugnabile analisi sulla realtà americana. Viene dall’esperienza concreta di una minoranza etnica, che dovrebbe ricevere solo applausi di ammirazione. Ma invece di aprire gli occhi e di essere uno stimolo e una ispirazione per gli altri, il successo degli asiatici-americani è bistrattato e represso.
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