Kamala, da presidente designata a vice “sott’acqua” nei sondaggi

Glauco Maggi

3 Agosto 2021 - 07:32

I Democratici pensavano a lei come alla più naturale, quasi garantita, successione presidenziale di Biden. Cosa è cambiato in questi sei mesi?

Kamala, da presidente designata a vice “sott’acqua” nei sondaggi

Kamala Harris è già un rimarchevole caso politico a soli sei mesi da quando ha giurato da vicepresidente di Joe Biden. Il problema, per lei e per il partito Democratico, è che nessuno si aspettava una tale performance. Negativa, non positiva.

Ricordiamoci quale fosse il sentiment popolare dopo che Biden-Harris avevano ottenuto 80 milioni di voti, e battuto Donald Trump. D’accordo, il sentiment popolare tende sempre ad essere modellato, massaggiato, orientato dai media e dalle televisioni del mainstream che sono a favore dei Democratici e a danno dei Repubblicani. Ma, nel caso del duo Biden-Kamala, in verità va detto che c’erano molti più fattori oggettivi a favore del futuro della donna che non dell’uomo.

Da presidente designata a vice “sott’acqua” nei sondaggi

Anzitutto, proprio perché era stata la prima donna ad entrare alla Casa Bianca dalla porta principale: cioè da candidata eletta, non da “moglie di”, come era stata la norma per tutti i presidenti (sposati) precedenti. Poi, nell’America politicamente correttissima degli ultimi anni, essere anche la prima vicepresidente mezza nera (papà giamaicano) e mezza asiatica (mamma indiana), suonava come un passaporto identitario ideale. Un plus, non certo un minus, soprattutto dopo che la formula mista (mamma bianca e babbo africano) aveva partorito un presidente, eletto due volte e indubbiamente popolare, in Barack Obama.

A parte il colore della pelle, che essendo ‘non bianco’ faceva metaforicamente camminare Kamala a una spanna da terra agli occhi dell’opinione pubblica woke, il tasto vero, non equivoco, che veniva indistintamente suonato da tutti era l’età. Anzi, le due età: Joe, nato nel 1942 (79 anni il prossimo novembre) e Kamala, nata nel 1964 (57 anni il prossimo ottobre). I Democratici pensavano a lei come alla più naturale, quasi garantita, successione presidenziale di Biden.

Per alcuni mesi, da novembre 2020 a marzo 2021, dalla stessa Casa Bianca uscivano messaggi del tipo “l’amministrazione Biden-Harris” fa questo e fa quello, perché cominciasse a farsi strada l’idea subliminale della eredità ineluttabile, e pure auspicabile.

Del resto, in un comizio del 15 settembre 2020, era stata la stessa Kamala a lasciarsi sfuggire ciò che era nella mente sua (e di tanti), quando si riferì, a proposito dei programmi futuri se Biden avesse vinto, alla “amministrazione Harris insieme a Joe Biden”. “Harris administration togheter with Joe Biden”, disse proprio cosi’. Da parte sua, il 29 dicembre, ossia dopo che aveva vinto, lo stesso Biden definì Harris “president-elect”.

Una gaffe? Certo. Ma mai gaffe fu più rivelatrice di ciò che pensava l’America intera. Kamala era la predestinata, e su Joe l’unica incertezza era sui tempi e sul modo della sua uscita.

Di sicuro non si sarebbe ricandidato a 82 anni, e magari poteva mollare anche prima per far subentrare la vice dal forte potenziale. Questa certezza girava tra i Democratici e i simpatizzanti (che ci speravano), ma pure tra i Repubblicani (che la temevano). Che cosa avrebbe potuto far deragliare questo piano di transizione inevitabile del potere tutto interno al partito al potere, che controlla Casa Bianca, Camera e Senato?

Il calo della popolarità di Kamala Harris

Sei mesi dopo lo sappiamo. Il comportamento della stessa Harris. Invece che una passeggiata, per Kamala la strada alla presidenza è diventata un calvario. I dati sulla popolarità la stanno punendo persino oltre ciò che era imprevedibile, per i suoi avversari del GOP, nella notte della vittoria. La Harris è “sott’acqua”. Lo dice il gergo dei sondaggisti per descrivere un personaggio politico che ha più gente che giudica male il lavoro che sta facendo, di gente che lo apprezza. Bisogna andare indietro agli anni ’70, mezzo secolo fa, per trovare un vicepresidente più impopolare di Kamala allo scadere del primo semestre in carica.

Il confronto con Biden, che di suo non sta peraltro andando bene, è quello che fa emergere la sua situazione gravemente critica. Il presidente, secondo una media di sondaggi recenti, ha il 51,3% di valutazioni favorevoli e il 44,9% di contrari. La Harris, in due diversi sondaggi, raccoglie meno voti positivi e più bocciature.

Per Politico/Morning Consult il 45% vede la sua performance bene e il 47% male (il 5% non ha una opinione). Il sondaggio The Economist/YouGov conferma: il 44% giudica la Harris più o meno favorevolmente, contro il 48% che la vede più o meno sfavorevolmente.

Tra i giovani è dove il suo fallimento è più netto, e preoccupante per la Casa Bianca: il sondaggio Economist/YouGov tra gli elettori da 18 a 29 anni ha registrato il 41% di giudizi “sfavorevoli”, ma con soltanto il 36%, poco più di uno su tre, che apprezza la sua performance. Kamala fatica anche molto a farsi apprezzare dagli ispanici, e questo è il risultato diretto della sua gestione.

Biden, arrivato alla Casa Bianca nel mezzo della crisi ai confini meridionali provocata dalla sconfessione concreta delle politiche di “muro”, fisico e legale, contro l’immigrazione clandestina, assegnò alla Harris la delega sul problema. Era una patata bollente, e i maligni possono pensare che Joe gliela avesse servita per alleggerire la pressione negativa dell’opinione pubblica su se stesso. Ma le crisi sono opportunità, e bisogna saperle cogliere. Kamala non si recò a far visita al confine per due mesi, e fu sommersa dalle critiche dell’opposizione repubblicana: il suo nome fu associato al calcolo politico di non voler essere identificata come l’immagine di una amministrazione che, di fatto, stava aprendo le frontiere agli illegali.

Ora i Democratici, che credevano di avere un asset in Kamala per la campagna delle elezioni congressuali di medio termine del novembre 2022, si ritrovano con il problema opposto. Di non farla apparire al fianco dei candidati Democratici nei comizi per i distretti in bilico: per esempio, nello Stato dell’Arizona, dove l’immigrazione è tema caldo, gli strateghi democratici hanno già fatto sapere che la sua presenza sarebbe più di danno che di aiuto.

I suoi numeri di popolarità sono attualmente una zavorra, e per alzarli la Casa Bianca ha annunciato in settimana che Kamala visiterà Singapore e Vietnam. La speranza è che una missione internazionale faccia bene al suo profilo. Ma anche qui ci sono i maligni. Nel 2017 Trump andò in Vietnam ed ebbe un enorme successo personale ad Hanoi. Mandandoci ora la sua vice, Biden punta a due piccioni con una fava: evita il confronto diretto con il bagno di folla goduto dal suo predecessore, e spera che il viaggio sia comunque di aiuto agli anemici sondaggi della Harris. Si vedrà.

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