Una lettera a Mark Zuckerberg da una lettrice di Money.it, che mette a nudo la democrazia zoppicante di Facebook.
Gentile Signor Zuckerberg, vorrei innanzitutto ringraziarLa per avere creato Facebook, un nuovo mondo virtuale dagli inaspettati risvolti democratici ed emancipatori per tutti gli esseri umani che possono accedervi.
Nel mondo che lei ha creato o scoperto, come un novello Cristoforo Colombo 2.0, ogni essere umano, bianco, nero, giallo o sfumato, di qualsiasi religione, etnia, genere o orientamento sessuale e di qualsiasi età anagrafica dai 16 anni in su, può, virtualmente, partecipare alla più grande agorà che sia mai esistita sulla faccia della Terra, e quindi, potenzialmente, alla più grande democrazia: è sufficiente avere una connessione ad Internet e un dispositivo, anche misero e non all’ultima moda, per poter navigare sul web.
Trovo curioso che non le abbiano ancora assegnato il Nobel della pace per le profonde trasformazioni antropologiche e sociali positive che Lei ha consentito con la sua invenzione e per avere dato una voce importante anche ai più ultimi della società, quelli che le decisioni di un qualsiasi tipo di potere in carica le hanno da sempre e solo subite, anche in Occidente, non potendo neanche sfogarsi se non con pochi amici incontrati in presenza fisica.
Per merito suo molti ultimi hanno avuto finalmente una voce che è stata ascoltata, accolta o talvolta sottovalutata e ignorata, ma comunque percepita da qualche potente.
Non per nulla nei paesi dove ci sono le dittature, come la Cina, Facebook è platealmente vietato perché ne comprendono appieno il potere (e per loro il pericolo) democratico.
Su di lei giustamente scriveranno e già sicuramente scrivono, non solo storici, sociologi, antropologi o filosofi per l’analisi delle profonde trasformazioni umane in conseguenza della nascita di Facebook, ma matematici, informatici e statistici per l’efficace gestione dei suoi innumerevoli utenti e per la costruzione di algoritmi di diversa natura per rendere, come dicono i suoi collaboratori, Facebook un posto più sicuro.
Su di lei scriveranno sicuramente anche psicologi e altri scienziati che studiano il funzionamento del cervello e delle reti neurali perché lei, forse involontariamente, è stato il promotore e diffusore di un certo tipo di nuova intelligenza collettiva e di inconsuete modalità di costruzione della conoscenza e della percezione della realtà, dove persone diversissime tra di loro per estrazione sociale e curriculum si sono incontrate e confrontate ed hanno scoperto che, pur nella diversità (magari di orientamento politico o
religioso), hanno valori in comune ed il desiderio di una società realmente giusta ed equa, una società che funzioni veramente con regole nette e precise che valgono per tutti.
Non quella descritta in maniera edulcorata e parziale dalla maggior parte dei mass media in un rapporto top-down, ma una società vera e vissuta e percepita da gente vera con problemi autentici che possono condividere per merito del suo Social Network, consentendo una informazione anche di tipo bottom-up.
Queste persone che si sono incontrate e contaminate in maniera costruttiva per merito di Facebook hanno ampliato i loro stessi orizzonti della mente e si sono trasformate nel pensiero e nei ragionamenti raggiungendo vette più elevate nel proprio intelletto rispetto alla loro conoscenza del mondo di partenza.
Le loro weltanschauung sono divenute ampie e porose – disponibili a rimesse in discussione di convinzioni e convenzioni precedenti - e anche per questo più oggettive in quanto capaci di comprendere ed accogliere
diversi punti di vista sulla medesima realtà.
Lei è veramente una persona in gamba, signor Zuckerberg, e non smetterò mai di esserLe grata anche per le possibilità gratuita che mi ha donato con l’invenzione del suo social network, di rientrare in contatto con gli amici della mia infanzia e fanciullezza, essendomi io per lavoro e famiglia traferita lontana dalla mia regione di origine.
Ma delle volte le persone in gamba possono ricevere non buoni consigli dai loro più stretti collaboratori e magari in buona fede possono non comprendere che sono non buoni consigli.
In primo luogo Facebook è molto diversa da come era all’inizio, e non sto parlando di grafica o di organizzazione dei contenuti che sono fattori in questo contesto ininfluenti. Era una piattaforma, infatti, molto più libera una decina di anni fa. C’era la reale possibilità di chiedere l’amicizia a chiunque, a
prescindere da dove si abitasse. Si poteva chiedere l’amicizia persino a un giapponese mai visto prima senza avere degli ostacoli informatici.
Ora il sistema mette il vincolo di chiedere amicizia solo a persone che
presumibilmente si conoscono anche fuori da Facebook.
Solo questo tipo di vincolo, mi creda, taglia le gambe non solo alle persone che si sono iscritte al suo Social Network ma al suo Social Network stesso perché perde una delle sue più grandi meraviglie e rivoluzioni copernicane, ovvero la possibilità per qualunque abitante della terra di incontrare e parlare con chiunque altro, superando ogni ostacolo geografico, temporale, culturale e anagrafico.
È per questo che a inizio articolo io ho parlato di ambiente virtuale potenzialmente democratico perché, man mano che gli anni sono passati, la libertà di azione, movimento e parola su Facebook è andata sempre più scemando come sta andando scemando il fatto che sia un Social Network realmente globalizzato e libero che dà la possibilità a tutti/e di incontrare tutti/e, previa decisione dei singoli di accettare o meno la nuova proposta di contatto.
Forse in queste vostre decisioni ci sono delle scelte statistico-economiche, di marketing e di business per poter meglio individuare gli interessi dei vostri utenti finali, e ottenere la vendita sicura dei prodotti che pubblicizzate valutando ed assimilando culture simili a spot simili, fatto sta che, senza rendervene conto forse fino in fondo, avete tagliato almeno una gamba al vostro progetto.
Adesso Facebook, con tutti questi vincoli, è zoppo anche se a voi probabilmente, che siete una testa molto lontana dalla gamba, non ne avete una piena consapevolezza.
In secondo luogo il sistema delle segnalazioni anonime di Facebook, che consente a chiunque di far cancellare un post o bannare per tot giorni chiunque altro che ha scritto qualcosa che loro non condividono, credo che non sia un sistema propriamente democratico ed equo. Perché basta che qualcuno abbia qualcun altro “sulle cosiddette” o che sia un non dichiarato nemico politico dell’altro per cui un semplice utente Facebook, viene segnalato e subisce conseguenze con dei veri e propri pretesti, delle volte
al limite del comico o tragicomico.
Il sistema delle segnalazioni anonime consente anche di bannare profili o
pagine chiamando a raccolta altri utenti che la pensano in maniera simile e mettendosi d’accordo per bombardare il sistema di segnalazioni, a prescindere dalla ragionevolezza o meno dei contenuti (questo avviene molto spesso con affiliati a partiti politici). Questo sistema lo trovo assimilabile a quello fascista o nazista, dove succedeva che i vicini di casa segnalassero la presenza degli ebrei o di altri indesiderabili sociali che andavano poi a finire nei campi di concentramento, o comunista sovietico, dove i diversamente pensanti e ragionanti finivano nei Gulag.
Le segnalazioni non dovrebbero essere più anonime per responsabilizzare chi le compie, per evitare prevaricazioni e soprusi parossistici e per evitare un regime del terrore che fa tacere il libero pensiero, anche quando espresso in maniera civile e corretta.
In terzo luogo il sistema delle segnalazioni di Facebook di per sé non è equo e dai risvolti certi (un po’ come il nostro sistema giudiziario che, a seconda del giudice, consente sentenze profondamente differenti fra loro su medesime questioni partendo da medesime leggi): personalmente in passato mi è capitato di segnalare pagine di persone che platealmente si prostituivano, facendo vedere parti del loro corpo che violavano spudoratamente gli standard della comunità, ma che non sono state accolte.
Mi è capitato di segnalare usurai che proponevano prestiti su Facebook senza conseguenze. Mi è anche capitato di segnalare pagine di persone che inneggiavano alla violenza o alla intolleranza intellettualmente disonesta
contro alcuni esponenti politici, ma sono state letteralmente ignorate.
L’impressione è che non ci sia una vera democrazia equidistante che guida il suo Social Network ma una ideologia di parte, per lo meno in chi gestisce queste segnalazioni; a prima vista, a seconda del versante politico apparente del segnalato e a parità di errore, le conseguenze variano da un ban ad un ignora completamente.
In quarto luogo, per come è costituito, il sistema di gestione delle segnalazioni di Facebook non è un sistema responsabilizzante neanche per chi vigila, perché le persone che sorvegliano la sua comunità sono anonime (non ci mettono la faccia o il nome e non subiscono le conseguenze errate delle loro azioni), non esiste un contatto mail o telefonico o fisico per contestare eventi non gestiti con trasparenza o addirittura con plateale ingiustizia.
In quinto luogo il sistema degli algoritmi di controllo di Facebook è un sistema monco di partenza che si basa su falsi presupposti per la cultura italiana. Per esempio in Italia negro non è un termine dispregiativo
come negli Stati Uniti. Conosco diverse persone segnalate per queste simil sciocchezze o semplicemente perché hanno espresso pareri non condivisi da un certo mainstream.
Stamattina ho avuto accesso al mio Social Network per scoprire che sono stata bannata per trenta giorni per “incitamento all’odio”, semplicemente per avere parlato di una problematica concreta e reale che affligge una parte della costa toscana, ovvero i rastrellamenti randomici nelle case che compiono alcune comunità ROM della zona (non si sa se solo stanziali o anche camminanti), con le istituzioni che fanno finta di niente.
Non c’era nessuna angheria nelle mie parole, non c’era nessuna richiesta di ghettizzazione o malignità di sorta, non c’era istigazione alla violenza e non c’era razzismo. C’era solo la richiesta – mi sembra equa – che le regole valgano per tutti e che, se loro rubano, subiscano in maniera coordinata e continuativa le conseguenze delle proprie azioni e che le istituzioni pretendano da loro quegli stessi comportamenti che giustamente esigono da tutti gli altri cittadini italiani.
Come può notare il mio è un blocco pretestuoso probabilmente sollecitato da persone che desiderano il perdurare di un certo status quo e che la gente non prenda coscienza dei propri diritti civili. Perché vivere in sicurezza nella propria casa senza che qualcuno venga a rubare quello che onestamente si è guadagnato è un diritto civile di ogni cittadino. Vivere invece nell’angoscia che qualcuno in continuazione ti possa entrare in casa non è un bel
vivere.
So che la sua è una azienda privata, che in linea teorica Facebook si può dare leggi di funzionamento a suo piacimento, ma so anche che la sua società agisce nel nostro paese ed è quindi soggetta rispettare le sue
leggi.
So inoltre che la sua società in Italia conta 31 milioni di utenti attivi, circa la metà della popolazione italiana, e quindi non può permettersi di ignorare le regole di una democrazia autentica e rigorosamente applicata.
Le chiedo quindi e con tutta la correttezza possibile di migliorare il controllo dei contenuti pubblicati sul Social Network perché ciascuno possa esprimere liberamente il proprio pensiero, con il dovuto rispetto degli altri esseri umani, senza offese di sorta. Le domando perciò di farsi garante di un’autentica democrazia equidistante su Facebook, nel pieno ed autentico rispetto dell’articolo articolo 21 della nostra Costituzione Italiana, facendo in modo non sia più una ideologia dominante o la prepotenza antidemocratica e imparziale di qualcuno (che si è arrogato diritti non propri) a stabilire il funzionamento di quello che Lei ha genialmente creato; la sollecito infine a vigilare e assicurarsi che la gente che accede alla sua piattaforma possa esprimere il proprio pensiero liberamente, con i dovuti vincoli della civiltà e del rispetto, anche se è un pensiero magari differente da quello delle persone che lavorano per lei su Facebook.
© RIPRODUZIONE RISERVATA