Licenziamenti: sono quasi 600mila i lavoratori che dal 1° luglio 2021 rischiano il posto di lavoro. Si arriverebbe a 2 milioni secondo i sindacati. Vediamo quali sono i settori colpiti dalla fine del blocco imminente.
Licenziamenti, con lo sblocco previsto dal 1° luglio sono almeno 600mila i posti di lavoro a rischio stimati con dei settori molto più colpiti di altri. Ma quali sono i settori che rischiano di più, o meglio i lavoratori di quali settori rischiano il licenziamento con lo sblocco?
Quello dei licenziamenti, e della fine del blocco a oggi fissato per alcune aziende al 30 giugno, è l’argomento caldo dell’ultima settimana.
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando nella conferenza stampa del 20 maggio sul decreto Sostegni bis aveva infatti annunciato la mini proroga al 28 agosto del blocco dei licenziamenti per alcune aziende, una norma che era stata aggiunta in Consiglio dei Ministri e non presente nella bozza.
Così è arrivato lo scontro con Confindustria, non informata in anticipo della decisione, e con le altre parti sociali, laddove i sindacati premono per avere la proroga generalizzata fino a ottobre.
La norma così alla fine è sparita dal decreto ora in vigore, ma viene introdotta la cassa integrazione scontata fino al 31 dicembre con divieto di licenziamento.
Dal 1° luglio i licenziamenti di fatto si sbloccano per le aziende che non accedono alla CIGO. Vediamo in quali settori quasi 600mila lavoratori sono a rischio. Per i sindacati si arriva anche a 2 milioni di licenziamenti.
Licenziamenti: dal 1° luglio 577mila posti di lavoro a rischio
I licenziamenti, o meglio lo sblocco, sono dietro l’angolo con oltre 577mila posti di lavoro a rischio dal 1° luglio. La stima arriva dai sindacati, quasi 600mila lavoratori in bilico dopo la fine del blocco il 30 giugno per le aziende che accedono alla cassa integrazione guadagni ordinaria.
“Ci sono fonti del governo e Bankitalia che indicano in quasi 577 mila i posti di lavoro a rischio dal primo luglio.”
Queste le parole del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che ha aggiunto:
“La soluzione adottata è assolutamente debole e non riuscirà ad arginare lo tsunami sociale e occupazionale. Bisogna trovare soluzioni per allungare il blocco e rimettere in moto gli investimenti. Il governo pensi a sbloccare gli investimenti e non i licenziamenti.”
Alle sue parole si aggiungono anche quelle a Radio Anch’io del segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri:
“Ci aspettiamo una situazione molto complicata, Bankitalia dice che le persone sicuramente a rischio sono oltre 500mila. I nostri dati parlano di una platea 2 milioni. Il range è tra i 500mila e i 2 milioni. Bisogna dare una risposta ai lavoratori per non far scoppiare una bomba sociale.”
Sbarra e Bombardieri, insieme al segretario generale della Cgil Maurizio Landini, parteciperanno alla manifestazione del 28 maggio indetta dai sindacati per le morti sul lavoro cui si aggiunge anche la motivazione dei licenziamenti. Chiedono la proroga del blocco dei licenziamenti i sindacati, per evitare che quasi 600mila posti di lavoro vadano in fumo dal 1° luglio.
Licenziamenti: i settori più a rischio con lo sblocco
Per i licenziamenti e la fine del blocco, con oltre mezzo milione di lavoratori in bilico, vi sono dei settori più a rischio di altri e vediamo perché. Andiamo per gradi. Il decreto n.41 di marzo, decreto Sostegni, ha previsto la proroga del blocco dei licenziamenti:
- al 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di CIG ordinaria e CIG straordinaria;
- al 31 ottobre 2021 per i lavoratori delle aziende coperte da strumenti in deroga.
Dal 1° luglio con la fine del blocco il 30 giugno possono ripartire i licenziamenti quindi e i settori interessati maggiormente sono quelli che accedono a CIG ordinaria e straordinaria e che non richiederanno da quella data l’ammortizzatore sociale (non con causale Covid) con l’agevolazione prevista dal decreto Sostegni bis senza pagare quindi il contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021.
Si tratta delle industrie come anche delle aziende dell’edilizia. Quelle che usufruiranno della cassa integrazione scontata del decreto Sostegni bis non potranno procedere ai licenziamenti.
E i licenziamenti ripartiranno poi dal 1° novembre, con i posti di lavoro a rischio, quindi per le imprese del terziario e dei servizi, le aziende non industriali, che possono richiedere per periodi di sospensione e riduzione dell’attività fino al 31 dicembre 2021 la cassa integrazione in deroga o assegno ordinario con causale Covid.
Per evitare lo tsunami dei licenziamenti, da 600mila fino a 2 milioni stimati, i sindacati chiedono ulteriori interventi con l’opposizione di Confindustria. Non sono esclusi quindi sviluppi prima del 30 giugno.
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