Il peggioramento del tenore di vita del genitore non giustifica l’interruzione del mantenimento ai figli dopo il divorzio o la separazione, a meno che non vi è l’impossibilità totale di provvedere all’assegno. L’ultima sentenza della Cassazione.
Non basta il peggioramento del tenore di vita del padre a giustificare il mancato mantenimento dei figli dopo la separazione o il divorzio. Entrambi i genitori, infatti, in base alle loro possibilità economiche, devono prendersi cura della prole, anche se le condizioni di vita peggiorano, sempre che non diventino nullatenenti.
Questo principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza (la numero 48567/2019, in allegato) che vede come protagonista un padre che si era rifiutato per anni di elargire l’assegno di mantenimento alla figlia a causa di problemi lavorativi. I giudici supremi hanno confermato la condanna nei suoi confronti per violazione degli obblighi di assistenza materiale della famiglia, e dovrà versare la somma omessa. Difatti l’obbligo al mantenimento della prole cessa solamente quando il genitore versa in condizioni economiche tali da poter provvedere unicamente alla propria sopravvivenza.
Mantenimento figli, per interromperlo non basta il peggioramento del tenore di vita
Quando il matrimonio o l’unione finisce e ci sono dei figli, entrambi i genitori continuano ad avere l’obbligo di provvedere moralmente ed economicamente alla prole. Inoltre, il genitore non affidatario è tenuto a corrispondere l’assegno di mantenimento ai figli in misura proporzionata alle disponibilità economiche. L’obbligo al mantenimento non si estingue se il tenore di vita del genitore cambia, viene licenziato o perde ingenti somme di denaro, a meno che non risulti assolutamente impossibile provvedere economicamente alla prole.
Sulla questione si è espressa recentemente la Corte di Cassazione, sentenza numero 48567/2019, che ha condannato un padre che aveva interrotto il mantenimento della figlia a causa della riduzione di stipendio. In realtà, gli ermellini hanno ribadito che il padre resta obbligato ad elargire la somma, a meno che non provi in giudizio il consistente peggioramento delle condizioni economiche. Serve una prova obiettiva, non bastando il solo fatto di essere stato licenziato o la riduzione di stipendio. Anzi, nel caso di specie, il padre aveva smesso di contribuire al mantenimento della figlia pur continuando a lavorare.
Il fatto è stato qualificato dalla Corte come violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex articolo 570 del Codice penale:
“Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.”
Qui la sentenza in commento:
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Assegno di mantenimento, quando cessa l’obbligo?
Esistono delle condizioni che fanno cadere l’obbligo di mantenere i figli dopo il divorzio o la separazione, ma questo accade solo in seguito ad un grave peggioramento delle condizioni economiche; in altre parole non basta la generica riduzione del reddito o lo stato di disoccupazione, ma occorre provare in giudizio la concreta impossibilità economica di provvedere ai figli.
Inoltre, se le condizioni economiche cambiano sensibilmente, il giudice può sempre modificare su richiesta l’ammontare dell’assegno stabilito in sede di separazione/divorzio. Anche in questo caso, comunque, dovranno esserci tutti gli elementi idonei a dimostrare che c’è stato un tangibile peggioramento delle condizioni economiche del soggetto obbligato.
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