Si sta risvegliando il mercato dei non performing loans. Nei primi mesi dell’anno le banche hanno raggiunto cessioni di portafoglio pari a circa 5 miliardi di euro. E la cifra è destinata a crescere mentre si aspetta dall’UE il via libera alla bad bank italiana.
Negli ultimi mesi il mercato dei non performing loans è in fermento. Lo scorso giovedì il Banco Popolare, sotto la guida della presidenza di Pier Francesco Saviotti, ha annunciato la vendita pro-soluto di un portafoglio di crediti “per un valore nominale di 950 milioni, senza alcun impatto negativo sul conto economico” come riportato in una nota del Gruppo.
A comprare il portafoglio è la Hoist Finance, istituto finanziario svedese tra i più importanti in Europa nel mercato dei non performing loans, quotato al Nasdaq di Stoccolma e che già nello scorso giungo aveva siglato, sempre con l’Istituto Veronese, l’acquisto di un portafoglio di 210 milioni di euro di crediti in sofferenza.
La stessa Unicredit ha recentemente annunciato di aver raggiunto un accordo con AnaCap, per la cessione, con la formula pro soluto, di un portafoglio di crediti in sofferenza del valore nominale di 1,2 miliardi di euro. Tale operazione si confermerebbe la quarta vendita di asset no core portata a termine dal Gruppo nel corso del 2015.
Sempre in queste ultime settimane con il progetto Eva, MPS sta portando avanti la trattativa per una possibile dismissione di un altro pacchetto di prestiti non-performing per un valore nominale di circa 1,8 miliardi.Tale operazione sarebbe la terza dopo la vendita di un portafoglio dal valore nominale di 1,3 miliardi a Banca Ifis, e di un portafoglio da 380 milioni realizzata con Fortress a fine 2014.
Le operazioni registrate negli ultimi mesi testimoniano la vitalità del mercato dei npl e il crescente interesse degli investitori internazionali nel mercato dei crediti deteriorati in Italia. Secondo le stime formalizzate dalla PwC nei prossimi 12-18 mesi le banche italiane potrebbero deconsolidare un ulteriore stock di crediti deteriorati dal valore nominale di circa 20 miliardi.
Sono infatti di oltre 200 miliardi le sofferenze di crediti deteriorati nelle pance delle banche italiane, un grosso limite che sta rallentando i servizi di erogazione credito alle PMI e la ripresa dell’economia nel paese.
Mentre il mercato delle banche si sta muovendo in autonomia, è in questi mesi al vaglio delle regole di Bruxelles presso la Commissione UE, la legge sui non performing loans e l’istituzione di una bad bank o di un asset management company: un veicolo societario che si assume il rischio di acquistare i crediti deteriorati dalla banche italiane consentendo loro di recuperare patrimonio e poter tornare a garantire finanziamenti alle famiglie e alle imprese.La commissione Europea, in condivisione con le autorità italiane, starebbe valutando aspetti tecnici molto importanti e connessi tra di loro:
- la definizione del prezzo: attualmente il gap esistente tra domanda e offerta è molto ampio. Gli istituti di credito si trovano a dover svalutare mediamente del 40-50% i prezzi delle loro sofferenze, e poi ad accettare il prezzo di acquisto offerto dagli acquirenti che si aggira attorno al 20% del prezzo originario. Andrebbe quindi studiato un sistema di calcolo dei prezzi mediante un algoritmo con vari parametri e tale da non determinare comunque il ricorso agli aiuti di Stato;
- l’istituzione di una bad bank con o senza aiuti di Stato: la soluzione preferita da Bruxelles sarebbe la seconda.
“Noi facciamo del nostro meglio per dare input, - ha reso noto Margrethe Vestager, la commissaria UE alla concorrenza recentemente in visita ufficiale in Italia - nel momento in cui viene istituita una bad bank che darà vantaggi a determinate banche occorre imporre la condizione della ristrutturazione perché si stanno utilizzando i soldi dei contribuenti. Dunque la decisione spetta all’Italia che sta cercando una “soluzione di mercato” per la bad bank che eviti gli aiuti di Stato facendo scattare la nuova regola del bail in”.
Più volte anche Ignazio Visco, Presidente di Bankitalia, è tornato sul tema della bad bank e della necessità di creare un mercato secondario dei crediti in sofferenza: “ Il lancio di un asset management company contribuirebbe a dare il calcio d’inizio al mercato degli npl”. Visco ha anche precisato le due caratteristiche che differenzierebbero l’amc da quelli utilizzati dagli altri paesi:
- l‘amc si rivolgerà solo alle banche solventi e pertanto sarà su base volontaria
- il trasferimento delle sofferenze sarebbe a prezzi di mercato e questo escluderebbe il trasferimento delle perdite dalla banche allo Stato.
In attesa del disco verde da parte di Bruxelles sulla costituzione della nuova società veicolo per i crediti in sofferenza, le recenti misure approvate, lo scorso giugno, dal governo con il decreto banche, potrebbero contribuire nel lungo termine a ridurre lo stock dei crediti sofferenza e a determinare il prezzo di mercato dei npl: la norma che accelera i tempi del contenzioso bancario riducendo ad uno anno (contro gli attuali 5) il termine entro cui dedurre fiscalmente le perdite sui crediti, e la riforma del diritto fallimentare che riduce anche i tempi di recupero dei crediti.
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