La moneta fiscale potrebbe davvero essere una soluzione capace di far uscire l’economia italiana dalla crisi?
Tra tutte le proposte che la task force di Colao ha preparato ed inviato al premier Conte - nell’ormai noto Piano Colao - c’è ne è una che dovrebbe forse far riflettere più di altre: la creazione di una nuova piattaforma per la gestione della moneta fiscale.
È da tempo, infatti, che ciclicamente si parla di moneta fiscale per rilanciare l’economia italiana, senza fare ricorso a un eccesso di debito.
Cos’è la «moneta fiscale»
In poche parole si tratterebbe di emettere dei certificati di compensazione fiscale (CCF) che sono “titoli che danno diritto, a partire da due anni dopo la loro assegnazione, a ridurre pagamenti verso l’erario di importo pari al valore facciale dei CCF stessi”. Sono in pratica dei “BTP fiscali” a due anni. Tuttavia – e questo è di fondamentale importanza – essi non rientrano nella classificazione degli strumenti di debito pubblico, in quanto non comportano per lo Stato che li emette alcun obbligo di rimborso a scadenza, né impattano sul saldo di bilancio al momento della loro emissione.
Sei anni fa un gruppo di noti economisti guidati da Paolo Sylos Labini e che comprendeva Biagio Bossone, Marco Cattaneo e Massimo Costa, con un articolo sulla rivista Micromega aveva proposto questa forma di sostegno alternativo, in un momento di grande difficoltà (certo non paragonabile a quello attuale) al ricorso al debito da parte dello Stato per immettere liquidità al sistema.
Nel articolo, che è poi diventato una sorta di manifesto, gli economisti affermavano che “la manovra con la Moneta Fiscale è in grado di autofinanziarsi e può aver luogo senza gravare sull’equilibrio dei conti esteri del Paese poiché migliora la competitività delle imprese. In sintesi, gli euro li dobbiamo chiedere in prestito mentre la Moneta Fiscale ce la possiamo creare da soli”.
E tutto ciò senza che l’Europa possa eccepire nulla, come invece, per esempio, è accaduto nel caso dei minibot proposti di recente dal leghista Claudio Borghi.
Anche i tedeschi vogliono per l’Italia una moneta fiscale
In Germania, a Düsseldorf, due anni fa alcuni economisti tedeschi – tra cui l’ex chief economist di Deutsche Bank, Thomas Mayer – hanno discusso di una «Parallelwährung für Italien», una moneta parallela per l’Italia per evitare che il Paese rischiasse di affondare il sistema dell’euro. Ma attenzione, non si faceva riferimento alla lira o ad una altra moneta come invece preconizzano ed immaginano alcuni esponenti leghisti.
Gli economisti riuniti a Düsseldorf avevano sottolineato come lo Stato italiano, da 25 anni, spenda meno di quello che incassa, non si indebita per pagare pensioni o stipendi, ma per pagare interessi su interessi; è costantemente in “avanzo primario”, cioè tassa più di quanto spende.
Oltre a essere l’unico Paese al mondo ad aver perso il 20% di produzione negli ultimi venti anni, è anche l’unico a essere in austerità da 25 anni.
Anche gli economisti tedeschi perciò si riferivano, appunto, ad una sorta di “moneta fiscale”, cioè una moneta a fianco dell’euro che non lo sostituisce e che lo Stato emette e poi accetta per pagare le tasse. D’altra parte questo sistema è stato utilizzato nella Germania del 1933 a causa di una grave crisi di liquidità ed è stato ripetutamente utilizzato più di recente dallo Stato della California (ultima volta nel 2009). Ma anche in occasione della crisi del debito greco, l’allora ministro delle finanze tedesco Schauble spinse affinché il governo greco adottasse questo strumento per far fronte alla sua difficoltà a rivolgersi al mercato del debito. Insomma, non si parla, come sostiene il professore della Bocconi Roberto Perotti, di pura teoria che non ha riscontro nella realtà, ma di una concreta possibilità per rilanciare un’economia in grave crisi di liquidità senza doversi indebitarsi ulteriormente o aspettare i tempi lunghi degli aiuti europei.
La situazione ad oggi
Questa ipotesi è stata di recente ventilata anche dal noto economista americano James Kenneth Galbraith, quando ha affermato che «l’Italia lo può fare sia se gli altri Paesi lo approvano o sia se non lo approvano». Nella pratica si tratterebbe di «note fiscali utilizzabili per pagare le tasse» che di fatto fornirebbero una massa di "liquidità”. Ma già nel precedente governo gialloverde esisteva un disegno di legge a proposito, presentato dal M5S, che adesso sarebbe stato messo all’ordine del giorno per inserirlo nel decreto Rilancio, grazie al senatore di Fdi Andrea de Bertoldi, membro della commissione banche e finanze del Senato.
"Ricorrere alla moneta fiscale è l’unico strumento che potrebbe davvero consentire alle nostre imprese di ripartire senza renderci totalmente dipendenti da Bruxelles. La cartolarizzazione dei crediti di imposta potrebbe permettere all’Italia una maggiore capacità propulsiva nella propria politica economica”,
ha detto il senatore durante un incontro con Azienda Italia, un’associazione trasversale nata proprio per far fronte all’emergenza che unisce imprese, artigiani e lavoratori autonomi, e che in pochissimo tempo ha visto l’adesione di 240 realtà fra imprese, artigiani e liberi professionisti. Al primo punto della agenda per il rilancio dell’associazione, che si è riunita nei giorni scorsi sulla terrazza Borromini a Roma, ci sarebbe proprio l’introduzione della moneta fiscale, per dare immediata liquidità al mondo delle imprese.
Anche nel recente decreto Rilancio, in discussione alle Camere, agli articoli 121 e 122 si parla proprio della possibilità di adottare lo strumento della moneta fiscale come possibile mezzo per iniettare liquidità. Quello che è certo è che il fattore tempo sta diventando sempre più determinante per intervenire su un economia, che pare indirizzata verso una recessione senza precedenti. Escludere a priori qualsiasi strumento che possa iniettare liquidità al sistema potrebbe essere esiziale per le tante imprese, che sono ancora in attesa di quegli aiuti promessi, ma che ancora tardano ad arrivare. Alla vigilia degli Stati generali promossi dal premier Conte, anche questo potrebbe sicuramente essere un argomento su cui discutere.
© RIPRODUZIONE RISERVATA