Il crescendo di violenze ha spinto YouTube a rimuovere i canali gestiti dalle forze militari, protagoniste del colpo di stato che sta sconvolgendo il Paese
YouTube ha appena rimosso tutti i canali gestiti sulla piattaforma dalle forze armate del Myanmar, protagoniste del colpo di Stato che sta sconvolgendo il Paese asiatico. Lo ha fatto a seguito del crescendo di violenze che sembra aver causato già più di 30 morti.
Le proteste della popolazione - che chiede la scarcerazione e il ritorno della leader democraticamente eletta, Aung San Suu Ky - hanno trovato la feroce risposta della dittatura militare al potere.
I canali rimossi facevano capo a emittenti tra cui MRTV e Myawaddy Media, e davano voce agli sforzi di violenta repressione delle forze militari ai danni del popolo del Myanmar:
“Abbiamo chiuso una serie di canali e rimosso diversi video da YouTube in conformità con le nostre linee guida della community e le leggi applicabili”,
ha affermato un portavoce di YouTube a commento della decisione.
Myanmar: YouTube rimuove canali gestiti da forze armate
Nelle ultime ore anche TikTok ha annunciato l’impegno nella rimozione di molti contenuti provenienti dal Myanmar.
Nello specifico, la piattaforma ha parlato di “promozione di odio e violenza”, spiegando come contenuti simili non possono avere spazio:
“Stiamo oscurando velocemente i contenuti in arrivo dal Myanmar che violano i nostri principi e continuiamo a tenere la situazione monitorata”,
ha dichiarato un portavoce di TikTok.
In generale, tutti i social media sono stati costretti a intensificare la loro attività di censura e monitoraggio in risposta alla situazione politica in Myanmar, dopo che i militari hanno preso il potere.
Già alcune settimane fa Facebook ha temporaneamente bloccato diversi account ricollegabili ai militari per aver diffuso “disinformazione”. Il social di Zuckerberg ha in quell’occasione riferito l’intenzione di trattare la situazione in Myanmar “come una grave emergenza”.
Intanto nel Paese internet e news in generale sono praticamente inaccessibili, cosa che rende per la popolazione difficilissimo ottenere informazioni affidabili, mentre sempre più fonti internazionali confermano uno sforzo di repressione violentissimo da parte dell’esercito.
Prove crescenti mostrano che forze militari del Myanmar “sparano per uccidere” e si contano ormai quasi 60 vittime tra i civili e oltre 1.700 arresti.
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