Mythbuster: atto quarto. Le aziende richiedono anni di esperienza per la maggior parte delle posizioni lavorative, come mai?
Una degli aspetti più tragicomici che ci cerca lavoro deve affrontare è la persistente richiesta di esperienza pluriennale nella mansione, quale che sia l’attività lavorativa richiesta. E, alla fine, non manca la beffa: il datore lavoro passa da comparsata televisiva a comparsata televisiva sostenendo di non riuscire a trovare nessuno disposto a lavorare per la propria azienda. Al che il povero disoccupato comincerà a nutrire il sospetto dell’esistenza di uno scherzo ai suoi danni, ma la risposta è molto più semplice. La colpa ricade sulla mitica salvatrice di questo inizio secolo: la flessibilità lavorativa.
Partiamo dal principio. In un mondo logico non si può chiedere l’esperienza o determinate skills all’ultimo arrivato. Questi elementi si possono acquisire in parte tramite il percorso scolastico, ma per lo più grazie all’esperienza lavorativa sul campo. Si lavora, s’impara. Ovvio, no? Con l’ideologia della flessibilità questo percorso s’incrina e poi si spezza. Una serie intermittente di lavoretti, la maggior parte dei quali poco o per nulla qualificati, non permette di acquisire e/o approfondire gli elementi professionali richiesti. Si badi bene che la flessibilità non è una mera successione di lavoretti a tempo determinato nello stesso settore, ma la possibilità di ricoprire più mansioni in campi differenti. In ambito pratico la cosa non è fattibile proprio per via della mancata disponibilità di skills richieste, ma facciamo che sia così: il nostro disoccupato è stato per tre messi parrucchiere, per tre mesi pasticciere, per tre mesi avvocato.
Adesso mettiamoci nelle mani del datore di lavoro: il nostro ricerca per qualche mese una persona autonoma in grado di ricoprire la mansione. Come mai? Essendo il contratto a tempo non può investire tempo e denaro nella formazione di una risorsa che poi andrà via. Siccome, però, il datore non assume per carità bensì per necessità s’impone la necessità di avere un lavoratore già formato. Da qui la richiesta di esperienze pregresse come garanzia della cosa. Il fenomeno presenta due ovvie difficoltà:
- perché una persona dal profilo senior, chi rientra nel profilo della job description, dovrebbe accettare un inquadramento junior?
- viene prima il lavoro o l’esperienza? Se non si lavora per mancanza d’esperienza, come si può conseguire la suddetta esperienza?
Queste considerazioni ci permettono anche di capire per quale motivo le aziende scoccino in continuazione con la leggenda metropolitana del mismatch fra la scuola e le imprese invece di pescare a piene mani nelle decine e decine di migliaia di posti lavoro persi, tanto per dire un settore, nell’edilizia. Chi esce da una scuola professionale possiede un minimo di skills e può essere inquadrato come stagista o tirocinante aggratis, chi viene dall’edilizia difetta in entrambi gli aspetti.
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