La nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza è stata approvata dal Governo. È il primo passo verso il Recovery Fund. Tutti i numeri sulle previsioni di crescita.
Il Governo ha approvato l’accordo sui contenuti della Nadef, la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza.
Sarà il primo passo per attivare le procedure necessarie all’accesso alla liquidità contenuta nel Recovery Fund.
Il ministro Gualtieri ha annunciato il via libera dell’esecutivo al testo programmatico con positività, scrivendo sui social che la strategia economica definita punta a un Paese con “più crescita, investimenti, lavoro. Grazie anche ai fondi europei, disegniamo l’Italia del futuro da lasciare ai nostri figli: più verde, più digitale, più giusta e inclusiva”.
Nella Nadef sono contenuti tutti gli scenari di crescita dell’Italia per i prossimi anni: i numeri e le prospettive del documento, la cui bozza è stata resa nota da Il Corriere della Sera.
Nadef approvata: -9% del PIL 2020, +6% nel 2021
La maggioranza ha approvato le linee programmatiche della Nadef, valide fino al 2023. All’interno della nota di aggiornamento del DEF, il Governo ha innanzitutto peggiorato la previsione sul calo del PIL per il 2020, stimato a -9% rispetto alla valutazione precedente di -8%.
Anche l’incremento del Prodotto Interno Lordo nel quarto trimestre dell’anno è visto con cautela: + 0,4% rispetto al 3,8% stimato nel DEF. Questo dato si inserisce nell’attuale quadro epidemiologico, così sintetizzato nella nota:
“La cautela circa l’aumento del PIL nel quarto trimestre riflette, da un lato, il forte rimbalzo stimato per il trimestre estivo e, dall’altro, la recente ripresa dei contagi, sia in termini assoluti sia in rapporto ai tamponi effettuati giornalmente. Rispetto ai minimi raggiunti nella seconda metà di luglio, sono anche risaliti il numero di pazienti COVID-19 ricoverati negli ospedali italiani e quello dei decessi.”
Non solo, a pesare sono anche le notizie che provengono dal resto dell’Europa, con la pandemia molto più allarmante: “Tutto ciò potrebbe frenare la ripresa delle esportazioni italiane osservata negli ultimi mesi”.
Confermata la previsione di un rimbalzo del 6% del PIL per il 2021, con la possibilità calcolata di uno scenario peggiore di quello attuale dominato da una recrudescenza dell’epidemia nel quale il prodotto interno lordo subirebbe una frenata, con un debole +1,8% nel prossimo anno e un calo del 10,5% nel 2020.
Per quanto riguarda il rapporto debito/PIL, la Nadef stabilisce che nel 2020 si raggiungerà la soglia del 158%, a causa “di forte espansione
di bilancio, inedita caduta del PIL nominale e impatto di alcune operazioni finanziarie”.
I prossimi anni, però, vedranno entrambi una discesa di almeno 2 punti percentuali del rapporto debito/PIL, con il 2023 che segnerà un ribasso più moderato, a circa il 153,5%.
Previsioni sul Recovery Fund: impatto solo dal 2022
Per la spinta decisiva verso la crescita l’Italia punta sui fondi del Recovery Fund, che attualmente sembra impantanato nei veti incrociati dei Paesi membri e potrebbe slittare nei tempi di attuazione.
Nella Nadef si legge che: “il contributo alla crescita rappresentato dagli interventi che verranno realizzati attraverso l’utilizzo delle risorse del Next Generation EU è relativamente più moderato nel primo anno, per poi aumentare fino a produrre un impatto dello 0,8 per cento sul PIL nell’ultimo anno di previsione”
Questo significa che, probabilmente, nel 2021 l’impatto sul PIL delle risorse UE sarà solo dello 0,3%, con un più ampio margine di intervento della manovra (+0,6% sul PIL).
Il prossimo anno, ancora incerto per quanto riguarda l’arrivo effettivo dei miliardi da Bruxelles, l’Italia potrebbe utilizzare solo i soldi a fondo perduto per non gravare ancora di più il debito.
Successivamente, nel 2022 l’impatto Recovery Fund dovrebbe aumentare a 0,4% sul PIL.
Da sottolineare che alcuni giorni fa Enzo Amendola, ministro degli Affari Europei, ha lanciato l’allarme sull’’intesa per il Recovery Fund e sul accordo sul bilancio UE. Qualora non venisse trovato un accordo le tempistiche di accesso si 209 miliardi di euro potrebbero slittare ben oltre il 1° gennaio 2020.
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