Niente accordi con la Libia: il motivo della nuova campagna social

Giorgia Bonamoneta

5 Luglio 2021 - 18:22

«La Libia è un mercato di essere umani». questa è la denuncia di associazioni e attivisti che in queste ore chiedono di mettere fine agli accordi con la Libia tramite una campagna social.

Niente accordi con la Libia: il motivo della nuova campagna social

#NienteAccordiConlaLibia, con questo hashtag si stanno facendo sentire gli attivisti e le associazioni contro i nuovi rifinanziamenti della cosiddetta “guardia costiera” libica. In questi giorni si è tornato a discutere del comportamento degli agenti libici, addestrati nell’ambito dell’operazione Sophia, che hanno sparato e cercato di speronare una piccola imbarcazione con a bordo dei migranti.

Quello che denunciano le associazioni, facendo richiesta direttamente al segretario del Partito Democratico Enrico Letta, è un concreto “no” al rifinanziamento della guardia costiera libica, che non salva, ma deporta gli esseri umani.

Gli esiti di quasi un miliardo di finanziamento nei confronti di questa realtà sono fallimentari. Nel rapporto “Tra la vita e la morte” (datato 2020) di Amnesty International si leggono di torture, abusi sessuali, scambio di esseri umani e lavori forzati. Tutto questo accade con la complicità italiana ed europea, scrivono.

Perché si chiede la fine degli accordi tra Italia e Libia?

Il motivo che ha portato alla nascita dell’ennesima campagna social contro gli accordi con la Libia è sempre lo stesso: “Siamo complici di crimini contro degli esseri umani”. Con queste dure parole gli attivisti e le associazioni come Josi & Loni Project chiedono di porre fine agli accordi che legano economicamente l’Italia alla Libia.

Se ne parla da oltre un decennio, almeno dalla morte del rais Mu ’ammar Gheddafi (2011), ma lo Stato - come scrive Pierfrancesco De Robertis nel suo Migranti spa. Il business dell’immigrazione: cifre, vittime e carnefici - “osserva ma non controlla, anche perché è una situazione che fa comodo a molti”. La Libia appare e viene descritta come il luogo perfetto per contrabbandare essere umani.

A questa serie di dati, numeri, ma soprattutto testimonianze, si aggrappano gli attivisti nella richiesta della fine degli accordi tra i due Stati. Si domandano se ci sia davvero bisogno di spendere milioni per finanziare un sistema corrotto e poco trasparente, soprattutto in un momento di crisi economica come quello pandemico.

Uno sguardo alla Libia: dai rapporti dell’ONU ai ringraziamenti di Draghi

Appare evidente la contraddizione della narrazione che viene fatta della Libia, da una parte ci sono gli enti di salvaguardia dei diritti umani e dall’altra interessi economici e politici nella regione. I rapporti economici sono più importanti dei diritti umani? Mentre Mario Draghi annunciava il suo primo viaggio in Libia, dove avrebbe ringraziato la guardia costiera per i salvataggi in mare, l’ONU denunciava uccisioni, violenze, stupri, arresti e lavori forzati per i migranti finiti nelle mani libiche.

Non possiamo evitare di citare i fatti di pochi giorni fa che vedono protagonista la Ras Jadir 648, una motovedetta regalata dall’Italia alla guardia costiera libica. Questa avrebbe ha inseguito, sparato e cercato di speronare una piccola imbarcazione con circa 50 migranti a bordo. Un’azione che non è passata inosservata e che è stata registrata e denunciata da Sea-Watch. Davanti a queste scene ci si sofferma a pensare di chi sia la responsabilità di tanta violenza e tanti morti.

Davvero non c’è un’altra soluzione ai lager libici, davvero non esiste un modo più etico di spendere i soldi con i quali oggi si finanzia la guardia costiera libica? “I migranti sono e continueranno a essere un pilastro dell’economia sommersa della Libia. Le indifferenze dell’Europa e la compiacenza di certe organizzazioni occidentali non hanno fatto altro che rafforzare questo fenomeno”, conclude il suo intervento sul “contrabbando dei migranti” Simone Guida, divulgatore storico.

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# Libia

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