Obbligo vaccinale: quali Paesi ci stanno pensando

Chiara Esposito

04/02/2022

Austria apripista: ci si affaccia all’obbligo vaccinale totale. Ecco chi, tra gli Stati UE, seguirà il suo esempio e quando.

Obbligo vaccinale: quali Paesi ci stanno pensando

L’obbligo vaccinale potrebbe estendersi, nel giro di alcuni mesi, in una parte dell’Europa seppur sotto diverse forme, più o meno rigide.

A dare il via a tutto questo dibattito, ancora in corso in molti Stati, sono state in parte le misure italiane con il Green Pass per i lavoratori prima e l’obbligo per gli over 50 poi, ma anche e soprattutto la mossa netta dell’Austria, primo paese a disporre una legge rivolta a tutti i cittadini maggiorenni, senza fasi graduali e scaglioni di alcuni tipo.

Fronti di apertura ideologica da parte dei leader UE ce ne sono da tempo ma, un po’ per il timore di perdere consenso tra i propri elettori e un po’ per la mancanza di assunzione del rischio a fronte di «poca responsività» dei cittadini, si è atteso e si sta attendendo l’andamento degli apripista.

Il terreno però diventa man mano più fertile per una questione in particolare: raggiungere un orizzonte di normalità ed eliminare le restrizioni. Sotto queste spinte ricostruiamo così il quadro europeo e soprattutto cosa condiziona i vari sentimenti nazionali.

Perché l’obbligo vaccinale conviene agli stati

Guardando alla spinta austriaca sono diversi gli Stati interessati ad allargare la platea dei vaccinati per raggiungere nuove frontiere di ripresa economica e sociale.

Giungere alla fase in cui la Sars-Cov2 è una malattia endemica è una priorità per le agende politiche della Comunità, forse anche più forte e pressante della pura conservazione dell’immagine di «apertura ideologica» che alcuni Stati hanno voluto mostrare pur di non perdere il supporto dell’elettorato di estrema destra che spesso scende in piazza portando con sé la frangia negazionista o quella ancora scettica.

La Danimarca è un ottimo esempio di come, con il più alto tasso di vaccinazioni dell’area europea, si possa arrivare con serenità ad abbassare tutte le difese senza per questo gravare sulle terapie intensive. Salgono i casi sì, ma il sistema regge e la vita riparte. I vaccini per i danesi sono stati la chiave di volta.

Fronte del «nì» e l’irriducibile Regno Unito

Partiamo subito da chi, forte della sua rotta indipendente, mette paletti e viaggia in contro tendenza. Per il Regno Unito si sa solo che, a partire dal 1° aprile, è richiesta la vaccinazione contro il coronavirus agli operatori sanitari. Il ministro della Salute Sajid Javid un mese fa disse che il governo «non intende imporre nessun obbligo per la popolazione».

Spostiamoci quindi sul fronte degli incerti e dei dubbiosi che però, non per questo, sono meno soggetti a possibili convincimenti in caso di esiti positivi dalla «sperimentazione» austriaca. Parliamo di Germania e Francia.

In particolare la Francia vuole inasprire le restrizioni per chi non è vaccinato, aggirando l’ostacolo. La facciata della «libertà» è garantita, ma solo parzialmente.

La Germania invece finora è stata divisa. La maggioranza (SpD + Verdi + FdP) voleva lasciare libertà di coscienza senza dettare una linea condivisa su questo tema ma il picco recente dei casi potrebbe smuovere le acque; l’ala dei favorevoli è in attesa anche perché si intravedono i primi sviluppi.

Prospettive future: chi seguirà l’Austria?

L’Austria è il primo paese occidentale a imporre un obbligo tanto massiccio, prima di lei solo Ecuador, Tagikistan, Turkmenistan, Indonesia e Micronesia si erano espressi in tal senso. Per tale motivo sarà quindi osservata con attenzione dagli altri governi interessati a incentivare le persone che non si sono ancora vaccinate a farlo.

Disposti ad aderire a forme (seppur ridimensionate) di obbligo vaccinale oggi sono Grecia, Repubblica Ceca e Polonia. Analizziamo caso per caso.

  • Grecia
    Lo scorso dicembre, con entrata in vigore della norma fissata al 16 gennaio, il governo aveva già disposto l’obbligo per gli over 60. All’epoca si parlava di multa di 100 euro che si reitera ogni mese. Oggi invece si va ad intervenire sui certificati di vaccinazione che scadranno dopo sette mesi dalla somministrazione dell’ultima dose. L’unico modo per evitarlo è ricevere un’iniezione di richiamo.
  • Repubblica Ceca
    Si punta a disporre l’obbligo di vaccinazione per le persone che hanno almeno 60 anni. Il tutto dovrebbe partire a marzo visto che originariamente la misura era stata introdotta e poi ritirata. Ad inizio dicembre l’esecutivo del primo ministro uscente Andrej Babis non aveva neppur avuto il tempo di vederla entrare in vigore. Il motivo risiede nella contrarietà del nuovo primo ministro Petr Fiala, insediatosi ufficialmente il 17 dicembre. Per venire a patti si cerca quindi una mediazione con maggiori risposte in arrivo entro metà febbraio.
  • Polonia
    Passo di cambio dal 1º marzo, data in cui verrà introdotto l’obbligo vaccinale per tre settori: scuola, ospedali e ordine pubblico. Insegnanti, operatori sanitari e forze dell’ordine saranno quindi, anche in questo contesto, chiamati a «dare il buon esempio». In questo quadro infatti possiamo rivedere l’approccio italiano di partire dalle categorie professionali più esposte e civilmente più rappresentative dell’impronta statale. Altra analogia? Chi non sarà vaccinato non potrà lavorare.

La realtà dei fatti mostra parte dell’Unione aperta al dibattito ma stagnante in mancanza di un buon numero di «precedenti» capaci di giustificare mosse tanto azzardate. L’occasione però ora si è creata, restiamo a guardare.

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