Il Patto di Stabilità ritorna dal 2023: le conseguenze per l’Italia

E. C.

22/05/2021

L’UE conferma il ritorno del Patto di Stabilità a partire dal 2023. La clausola di salvaguardia che era stata inserita per il Covid-19 sarà, dunque, eliminata e con non poche conseguenze per l’Italia.

Il Patto di Stabilità ritorna dal 2023: le conseguenze per l’Italia

Dal 2023 torna il Patto di Stabilità: questo è l’annuncio che arriva dall’Unione Europea.

La clausola di salvaguardia che dall’anno scorso sospendeva il Patto di Stabilità e che era stata inserita come garanzia di tutela per l’Italia, è non solo, a causa della situazione Covid-19 non esisterà più.

Dal 2023 il Patto sarà ripristinato e questo implicherà conseguenze per l’Italia e la sua economia di fianco a tutti gli Stati membri dell’Unione.

Perché il Patto di Stabilità ritorna dal 2023

Le previsioni dell’economia europea sembrano essere positive, almeno in linea generale: ecco il perché ritornerà il Patto di Stabilità dal 2023.

Dopo un aumento del PIL previsto per metà 2021, infatti, l’economia degli Stati membri sembrerebbe tornare a godere di nuovo dei livelli pre-Covid e questo già a partire dal 2022. Tale previsione è la base sulla quale la Commissione europea ha deciso che il Patto di Stabilità tornerà in vigore a partire dal 2023.

L’approccio europeo è quello di mantenere la clausola di salvaguardia ancora attiva per tutto il corso del 2022 per dare più tempo alla situazione pandemica di risolversi ulteriormente, sostenendo le aziende con finanziamenti e la popolazione anche attraverso la campagna vaccinale in corso.

La cessazione della clausola di sospensione del Patto di Stabilità porterà comunque delle conseguenze per l’Italia e la sua economia che coinvolgeranno, direttamente o indirettamente, anche i cittadini.

Patto di Stabilità: l’eredità della pandemia e la risposta dell’Europa

Sembrerebbero esserci timori riguardo il ritorno del Patto di Stabilità già dal 2023. La pandemia - come tutte le crisi - ha lasciato dal punto di vista economico un’eredità che non può essere ignorata.

Il timore prevalente, che viene espresso anche dal vice presidente della Banca centrale europea, Luis de Guindos, è sul rischio di ritirare gli aiuti dell’UE troppo presto. Secondo il vice presidente è importante che il ritiro delle misure di sostegno avvenga in modo graduale e che si creino misure specifiche ad hoc.

Bruxelles, nell’annuncio del ritorno del Patto di Stabilità dal 2023, guarda però prevalentemente al futuro con occhi puntati sul Recovery Plan.

La situazione italiana oggi, prima del ritorno del Patto di Stabilità

È proprio il Recovery Plan uno degli aspetti del presente su cui verte il dibattito economico italiano. Infatti, il PNRR che venne approvato dal Governo Conte il 12 gennaio 2021 non venne accettato da Bruxelles. La motivazione da parte dell’Unione Europea riguardava il fatto che i piani nazionali per la ripresa e la resilienza devono contenere al loro interno una spiegazione del modo stesso in cui quello specifico piano contribuisce alle sfide pertinenti per il Paese.

I piani nazionali devono comunque essere utili alla Nazione che li riguarda oltre che risultare in linea con le direttive UE: in merito, le discussioni tra convergenza dell’interesse nazionale e quello europeo sono ancora aperte.

Ad oggi, Bankitalia ha stimato che per l’Italia la crescita tramite i fondi UE sarebbe circa pari al 2% del PIL, il che significa lo 0,5% all’anno per i prossimi 4 anni. Tuttavia, l’Italia ha visto una caduta del PIL del 9% solo quest’anno. Accettando i fondi UE la crescita sembrerebbe essere comunque modesta, in cambio di riforme che sembra ipotecheranno il futuro dell’Italia.

Il Patto di Stabilità ritorna dal 2023: quali sono le conseguenze per l’Italia

Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) è stato più volte considerato un ciclo economico rigido che vede l’Unione Europea al centro di accordi con gli Stati membri, tra cui l’Italia.

La prima conseguenza del ritorno del Patto di Stabilità sarebbe quella di sottostare ai vincoli di bilancio dal 2023, probabilmente, però, con modalità diverse da quelle che sono state in vigore fino all’epoca pre-Covid.

L’aspettativa europea è infatti quella di non ripetere “errori” che sono stati commessi in passato. In merito, viene preso atto da parte dell’UE della pandemia in corso. Il debito dovrebbe crescere dopo il Covid-19 di 17-20 punti sul PIL; questo è il motivo per cui le regole fiscali europee saranno diverse nel post pandemia.

Ciò si riverserà comunque anche sull’Italia, la quale dovrà sottostare alle disposizioni UE. Avere un debito più elevato significa, infatti, riforme.

L’Italia, come ciascuno Stato membro, è chiamata a ridurre la parte di debito eccedente il 60% di 1/20 l’anno nella media di riferimento di un triennio. Viene confermato dunque il rientro del debito/PIL ai livelli pre Covid (135%) entro il 2030.

Più si parte con un debito alto, più risorse l’Italia dovrà «togliere» all’economia per diminuirlo nei tempi previsti dall’Unione.Se le regole dell’Unione Europea restassero invariate, l’impegno italiano a ridurre il debito sarebbe così grande da comprometterne ogni aspettativa di ripresa interna.

Italia e Patto di Stabilità: le previsioni per il futuro

L’Europa e l’European Fiscal Board pensano all’Italia con una riforma “country specific” che considererebbe il debito inerente al Paese, senza generalizzazioni fiscali.

All’atto dello scostamento di bilancio autorizzato dal Parlamento il 14 gennaio 2021, l’indebitamento aggiuntivo italiano è arrivato a 32 miliardi netti e porterà il deficit del PIL previsto per il 2021 intorno al 9%. Con l’ultimo scostamento di bilancio - servito per finanziare il Decreto Sostegni bis - il debito pubblico in Italia segna il record (159,8%) superando anche quello del primo dopoguerra che si attesto al 159,5%.

Il rapporto debito/PIL, come si legge nel DEF, dovrebbe cominciare a scendere a partire dal 2022 e arrivare a livelli pre-Covid (ovvero al 135%) entro il 2030. Il rapporto deficit/PIL scenderà al 5,9% nel 2022, al 4,3% nel 2023 e al 3,4% nel 2024. Dal 2025 si tornerà sotto la soglia del 3%. Il rapporto debito/PIL raggiungerà il 159,8% nel 2021 per arrivare al 152,7 nel 2024.

La risposta di Draghi al ritorno del Patto di Stabilità nel 2023

Draghi, tra le necessità dell’anno 2021 rimarca l’importanza di accompagnare le imprese nel percorso di uscita dalla recessione e dichiara: “è un anno in cui non si chiedono soldi all’Italia, ma si danno”.

Non è al debito né al Patto di Stabilità che bisogna guardare adesso, dice Draghi, rimandando le preoccupazioni al prossimo futuro imminente, poiché tutte le economie europee sono in recessione e si trovano sulla stessa barca dell’Italia.

Che la barca sia la stessa per tutti, è da vedere: tuttavia, che la totalità dei Paesi membri stia aumentando il debito sembra un dato certo. Proprio per questo, Draghi sembra essere positivo riguardo al possibile cambio delle modalità europee per il Patto di Stabilità che ritornerà dal 2023.

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