Pensione in anticipo nel 2022: anche senza Quota 100 si può. Tutte le misure a disposizione di chi vuole smettere di lavorare prima.
Dal prossimo anno non si potrà più contare su Quota 100 per andare in pensione in anticipo. Questo, però, non significa che si dovrà necessariamente attendere il compimento dei 67 anni per andare in pensione, visto che anche nel 2022 continueranno a esistere degli strumenti che consentiranno di anticipare questo momento, potendo così smettere di lavorare quando si desidera. A patto, ovviamente, che sussistano le condizioni per farlo.
Proprio per capire quali sono queste “condizioni” vediamo quali sono le misure che nel 2022 permetteranno di anticipare l’accesso alla pensione indipendentemente da quelle che saranno le decisioni che il Governo prenderà in vista del prossimo anno.
PENSIONE IN ANTICIPO NEL 2022
Pensione anticipata nel 2022: quali soluzioni?
Partiamo da quella che effettivamente si definisce pensione anticipata e per la quale i requisiti resteranno invariati il prossimo anno. Non possiamo sapere di quanto permette di anticipare la data del pensionamento rispetto al compimento dei 67 anni, in quanto questa misura non guarda all’età anagrafica, ma solamente ai contributi maturati. Nel dettaglio, è possibile accedere alla pensione quando i contributi sono pari a:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Una volta raggiunto questo “traguardo”, quindi, si può andare in pensione: non ci sono limiti di età, quindi è possibile farlo anche molto prima rispetto al compimento dei 67 anni di età.
La pensione anticipata ha un’opzione riservata a coloro che rientrano interamente nel calcolo contributivo dell’assegno. Questa permette di anticipare l’accesso alla pensione di 3 anni, quindi al compimento dei 64 anni, a patto che:
- i contributi maturati siano pari almeno a 20 anni;
- l’assegno maturato alla data della domanda di pensionamento è pari o superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.
Vi è infine una terza opzione, riservata ai lavoratori precoci, ossia a coloro che hanno iniziato a lavorare da molto giovani arrivando a maturare 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età. Per questi vi è la possibilità di Quota 41, misura alla quale si accede soddisfando i seguenti requisiti:
- 41 anni di contributi;
- far parte di una delle categorie che necessitano di una maggior tutela. Il legislatore le ha individuate in: disoccupati, invalidi con percentuale di almeno il 74%, caregiver, lavoratori addetti a mansioni usuranti e gravose.
Per quanto riguarda Quota 41 i sindacati hanno chiesto al Governo di estendere a tutti questa misura, dunque non solo ai precoci che rientrano nelle categorie indicate nel secondo punto. Una proposta che tuttavia non sembra essere attuabile, se non altro per gli elevati costi previsti.
Pensione in anticipo nel 2022 con il supporto delle aziende
Ci sono poi una serie di misure che consentono al lavoratore di accedere alla pensione in anticipo grazie al supporto dell’azienda.
Gli strumenti che rispondono a questo principio sono due: il primo è l’isopensione, che la Legge di Bilancio 2021 ha prorogato fino a tutto il 2023, e il secondo è il contratto di espansione.
L’isopensione è un incentivo all’esodo di cui si fa carico l’azienda: sarà questa a pagare stipendio e contributi - fino alla maturazione della pensione - al lavoratore. Con l’isopensione il lavoratore può anticipare l’uscita dal lavoro fino a 7 anni prima rispetto alla data di maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età e 20 anni di contributi) o per la pensione anticipata. Per l’azienda c’’è il vantaggio di poter accelerare il ricambio generazionale.
C’è poi il contratto di espansione, scivolo pensionistico riservato alle medie e grandi imprese. Per accedervi, infatti, bisogna avere almeno 250 dipendenti. A differenza dell’isopensione, il contratto di espansione (in scadenza il 31 dicembre 2021, ma molto probabilmente verrà rinnovato) consente di anticipare l’accesso alla pensione di massimo 60 mesi (quindi 5 anni).
Pensione in anticipo per disabili
Ci sono poi le agevolazioni per i lavoratori con disabilità. Come spiegato dalla circolare Inps 50/1993, per i soli lavoratori del settore privato spetta una riduzione dell’età pensionabile per coloro che hanno una percentuale d’invalidità almeno dell’80%: questi possono accedere alla pensione in anticipo già al compimento dei 61 anni per gli uomini, 56 anni per le donne.
Inoltre, per i lavoratori non vedenti che vantano almeno 10 anni di assicurazione e contribuzione dopo l’insorgenza della cecità l’accesso alla pensione si può ulteriormente anticipare. Basta, infatti, aver compiuto 56 anni per gli uomini, 51 anni per le donne.
In tutti i casi suddetti sono però richiesti 20 anni di contributi per l’accesso alla pensione.
Pensione in anticipo per chi ha aderito a un fondo pensione
Abbiamo poi la RITA, pensione anticipata per coloro che hanno maturato almeno 5 anni di adesione a una forma pensionistica complementare. Questi possono smettere di lavorare in anticipo avendo diritto all’erogazione frazionata, di tutto o di una parte, del montante accumulato come previdenza complementare.
Possono accedere alla RITA coloro che sono disoccupati e distanti 5 anni dalla maturazione del requisito anagrafico richiesto per la pensione di vecchiaia. Quindi a 62 anni, a patto però di aver già maturato i 20 anni di contributi.
Chi invece è disoccupato da almeno 24 mesi può accedere alla RITA anche con 10 anni di anticipo, quindi a 57 anni. In tal caso non va necessariamente soddisfatto il requisito dei 20 anni di contributi.
Pensione in anticipo nel 2022: le misure in bilico
Ci sono poi due misure che oggi consentono di andare in pensione in anticipo ma che per il momento sono in bilico in quanto sono in scadenza il 31 dicembre di quest’anno. Le probabilità di una proroga sono alte, ma per adesso non possiamo darle per certe.
Si tratta dell’Ape Sociale e di Opzione Donna, misure che hanno come riferimento una differente platea di beneficiari. L’Ape Sociale, infatti, riguarda le seguenti categorie:
- disoccupati;
- invalidi civili con percentuale pari o superiore al 74%;
- caregiver;
- addetti a mansioni usuranti o gravose.
Questi possono smettere di lavorare in anticipo all’età di 63 anni, a patto di aver maturato almeno 30 anni di contributi (36 nel caso degli addetti alle mansioni usuranti e gravose). Nel periodo che manca al raggiungimento della pensione viene riconosciuta un’indennità sostitutiva erogata tramite un prestito di cui si farà carico lo Stato.
Con l’Opzione Donna, invece, alle lavoratrici viene data la possibilità di andare in pensione con largo anticipo: 58 anni per le subordinate, 59 anni per le autonome. Le condizioni per accedervi sono diverse:
- intanto bisogna aver maturato 35 anni di contributi;
- poi sia il requisito anagrafico che quello contributivo devono essere maturati entro la data del 31 dicembre 2020 (si sta lavorando in vista di un’estensione di questo termine);
- infine, bisogna accettare che la pensione venga ricalcolata interamente secondo le regole del regime contributivo.
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