Quota 100. Nel prossimo triennio si stima un incremento di quasi 63 miliardi di euro. L’allarme di Unimpresa
La spesa pubblica per le pensioni in Italia è destinata ad aumentare: raggiungerà 62,9 miliardi di euro nel prossimo triennio 2019-2021 e sarà la seconda più alta d’Europa dopo la Grecia.
Ad affermarlo è un’analisi del Centro studi di Unimpresa.
Rapporto spesa previdenziale e PIL in crescita fino al 15,4%
Le uscite destinate agli assegni pensionistici hanno pesato sui conti pubblici italiani 263 miliardi di euro nel 2017 e 269 miliardi nel 2018, ma sono destinate a salire ancora; nei prossimi tre anni tale voce raggiungerà i 281 miliardi, per poi arrivare a 290 miliardi e 298 miliardi.
È la fotografia che emerge da un’analisi condotta dal Centro studi di Unimpresa. Secondo lo studio il totale della spesa previdenziale (pensioni e prestazioni sociali) salirà di oltre 92 miliardi di euro nel corso dei prossimi tre anni.
Un aumento che porterà l’Italia in cima alla classifica dei paesi con il maggior rapporto tra spesa previdenziale e prodotto interno lordo, in aumento fino al 15,4% e secondo solo a quello della Grecia che si assesta a 16,9% e ben al di sopra della media Ocse (7,5%).
“Abbiamo da anni un sostanziale squilibrio nei nostri conti pubblici per quanto riguarda la spesa previdenziale”,
il commento del presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, che esprime perplessità in merito alla recente riforma Quota 100.
A pesare non solo le scelte scellerate degli scorsi decenni si pensi ad esempio alle cosiddette baby pensioni, ma anche le mancate riforme per la crescita economica, che hanno fermato la dinamica positiva del PIL.
Ferrara dubita che Quota 100 sia capace di incrementare l’occupazione con una sorta di ricambio generazionale. “Per ora l’unica certezza è il maggior costo a carico della collettività”, afferma.
Nel rapporto col PIL, la spesa per le pensioni ha registrato, in Italia, il 15,3% nel 2017 ed è leggermente calata al 15,2% nel 2018. A partire dal 2019 e fino al 2021, il rapporto salirà stabilmente al 15,4%.
Fonte dati Unimpresa
A spendere più dell’Italia, in percentuale del PIL, è solo la Grecia (16,9%). Più virtuosi gli altri paesi Ocse: Francia 13,9%, Portogallo 13,3%, Austria 13,3%, Finlandia 11,4%, Slovenia 11,1%, Polonia 11,1%, Spagna 11,0%, Belgio 10,7%, Germania 10,1%, Giappone 9,4%, Danimarca 8,1%, Turchia 7,7%, Svezia 7,2%, Stati Uniti d’America 7,1%, Norvegia 6,6%, Svizzera 6,5%, Regno Unito 6,2%, Olanda 5,4%, Canada 4,7%, Messico 2,3%. La media è del 7,5%.
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Intanto, sollecitato dai sindacati, al Ministero del Lavoro, è partito un tavolo di confronto tra il sottosegretario Claudio Durigon e la triade sindacale Cgil, Cisl e Uil. Al centro dell’incontro la questione previdenziale e i nuovi emendamenti da apportare alla misura Quota 100 del decretone.
Le sigle sindacali spingono soprattutto su due correzioni: uno sconto di un anno per ogni figlio per la contribuzione a carico delle donne e l’azzeramento delle finestre di pensionamento previste per i lavori usuranti.
“L’ipotesi ha un suo costo, 500 milioni all’anno per ogni figlio mentre per i lavori gravosi il costo sarebbe pari a 30 milioni all’anno per le finestre”,
ha calcolato Durigon.
I sindacati hanno chiesto diversi aggiustamenti a Quota 100: dalla necessità di una pensione di garanzia per i giovani allo sconto per ciascun figlio per le madri lavoratrici; da una nuova perequazione degli assegni all’estensione dell’ape sociale ai lavori gravosi, fino alla separazione dell’assistenza dalla previdenza. L’esecutivo tuttavia, almeno al momento, non dispone delle risorse sufficienti per garantire l’esecuzione di tutti gli interventi richiesti.
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